Sul “brutto Verga” e Susanna Tamaro
Pubblichiamo il comunicato del Consiglio Scientifico della Fondazione Verga, relativo alle parole pronunciate dalla scrittrice Susanna Tamaro al Salone del libro di Torino. Il comunicato è già uscito ieri sul sito della Fondazione.
Le recenti affermazioni di Susanna Tamaro al Salone del libro di Torino, rilanciate dagli organi di stampa («ci sono testi davvero difficili e anche brutti. Basta con Verga»), sarebbero di per sé risibili per l’indecoroso suggerimento («si potrebbe sostituire Verga con Va’ dove ti porta il cuore»). Poiché sono state presentate come indicazioni per l’insegnamento della letteratura a scuola, richiedono però qualche breve considerazione: 1) la logica del mercato del libro, e dei suoi interessi economici, non può pensare di imporre senza alcun ritegno le sue scelte al canone letterario del nostro Paese; 2) l’insegnamento della letteratura a scuola va certamente adeguato ai tempi, dedicando maggiore spazio alla letteratura contemporanea, senza però rinunciare ai grandi classici e alle domande di senso che da essi possono scaturire; 3) il piacere che deriva dalla lettura dei grandi libri ha un’intensità, un valore più duraturo, più profondo della superficiale contingente “piacevolezza” che si sottrae alle domande di senso, anche se queste possono apparire “difficili”; 4) i giovani hanno tendenzialmente bisogno di “comprendere”. A tale bisogno può rispondere soprattutto la grande letteratura, mediata dall’insegnamento all’interno di quella comunità interpretante che è ogni classe scolastica; 5) le letture “amene”, come il libro più famoso della signora Tamaro, possono far evadere dalla cruda realtà, ma non forniscono ai ragazzi quella sensazione di rispecchiamento che gli psicologi additano come passaggio fondamentale per la crescita dell’io. Allora vorremmo chiedere alla scrittrice: è più formativo per mettere in guardia dal bullismo il “brutto e cattivo” Rosso Malpelo o la letteratura alla melassa? 6) la letteratura sa rappresentare anche le brutture degli uomini, anche l’inferno, come hanno fatto Dante, Shakespeare, Verga: rendendo però, nelle forme immortali delle loro opere, “bella” anche la cattiveria del mondo.
La Presidente e il Vicepresidente del Consiglio Scientifico della Fondazione Verga
Gabriella Alfieri e Andrea Manganaro
Catania, 20/05/23
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Editore
G.B. Palumbo Editore
Buongiorno,
Concordo pienamente con il vs. comunicato.
Da ex docente di Letteratura Italiana e Latina al Liceo scientifico, non ho mai trascurato lo studio di Verga, trovandolo fondamentale per comprendere il profondo cambiamento che stava avvenendo nella società e di conseguenza nella letteratura europea e quindi anche italiana, alla fine dell’Ottocento. Purtroppo, ormai anche la scuola, si è adeguata alle mode fuggevoli e ai diktat dei social. Eh, no, cari colleghi docenti, non fatevi influenzare dai “cattivi maestri” quelli veramente nefasti che vorrebbero gettare alle ortiche i grandi della nostra letteratura.
La scuola deve aiutare a comprendere il mondo storico e naturale, deve formare l’uomo e il cittadino, deve formare al lavoro e alla professionalità. Bene, ma ha anche un’altra funzione
molto importante, che è quella di formare il senso e il gusto estetico, insegnando a conoscere la vita in tutta la sua (spesso drammatica) polifonia, e quindi senza nascondere la durezza del reale. Ciò significa, per esempio, insegnare a comprendere la differenza tra la musica delle
discoteche e quella di Beethoven o fra Dante e Verga e la Tamaro e Moccia. Certo, questa è
una funzione che è destinata a venire meno se la scuola si riduce a una specie
di doppione o di appendice dei ‘mass media’, dei giornali e della televisione.
..in base a quanto esplicitato dalla Tamaro, mettiamo allora nel suo elenco Dostoevskij subito dopo Verga o prima?
Grazie
L’improntitudine di questa donna è senza confine. Non solo ha scritto un libro melenso come “Va dove ti porta il cuore”, in cui viene liquidata come dedita alla droga e al suicidio la “generazione di mezzo”, quella del ’68, ma pretende un paragone “scherzoso” tra il suo romanzetto e l’opera di Verga. Un paragone ridicolo. Verga tracciava un quadro realistico e critico del mondo e della società in cui viveva. Il suo romanzetto è reazionario e basta, privo di ogni valore letterario.
Cara Susanna Tamaro, la difficoltà di comprendere ed eventualmente apprezzare le opere di Giovanni Verga da parte dei ragazzi di oggi dipendono ,secondo me, anche dalle limitate capacità e conoscenze dei nostri insegnanti. La grande letteratura e i grandi classici , se adeguatamente spiegati e approfonditi, rivelano ai giovani valori universali di gran lunga superiori ai contenuti di certe opere cosiddette moderne.
Invito la scrittrice Susanna Tamaro a studiare meglio la corrente letteraria del Verismo in modo tale che possa comprendere quanto di importante ci sia in quel movimento anche per le generazioni attuali. La semplice logica del profitto che regola i mercati editoriali di oggi non può essere rappresentativa delle fondamenta letterarie del nostro paese.
Sono sbalordita dalle asserzioni della scrittrice Tamaro, non voglio giudicare ma da docente di lettere, in pensione, reputo che la letteratura, tutta, va studiata ed approfondita come mezzo di elevazione umana nonché etica… Inoltre, i giovani amano ed apprezzano anche Verga, nella sua originalità e vicinanza nelle tematiche, inattuali… In senso, niciano, grazie e buona serata!
Verga autore eterno, enorme! Quanta presunzione da parte di una scrittrice che molto difficilmente lascerà segno nella Storia della Letteratura…
La Tamaro molto probabilmente dovrebbe tornare a scuola per recuperare molti vuoti….ridimensionare il suo “io” attraverso il confronto e poi riflettere tanto, ma tanto prima di lasciarsi trascinare dal suo cuore in dichiarazioni becere e prive di senso.
Condivido pienamente quanto pubblicato dal Consiglio Scientifico della Fondazione Verga in merito alle esternazioni della signora Tamaro sui classici “brutti” della letteratura italiana che si studiano a scuola. Sono fatti suoi se lei li ha considerati sempre così, ma suggerire di soppiantare Verga e, forse anche Dante e Manzoni, con i suoi scritti mostra tutta la sua presunzione e pochezza.
ASSISTIAMO AD UNA VERA DITTATURA della pseudo- letteratura ” trendy” che consiste, detto in breve, in una esaltazione dell’ ego narcisista dell’ autore e dei suoi personaggi, ai limiti dell’ ONANISMO. Il critico Giulio Ferroni ( SCRITTURE a perdere, vedi saggio del 2010) si era provato a stroncare questo andazzo, che pone la merce- libro in concorrenza di ogni altra paccottiglia audiovisiva e telematica da internet e social vari… Ma I grossi MERCANTI DELLA CARTA STAMPATA, PADRONI DEL GIOCO COME SONO, plagiano il mercato editoriale ed allontanano i lettori residui dalla LETTERATURA COME OPERA D’ ARTE, veicolo di sentimenti alti, espressi con stile corrispondente.
LA SCUOLA PARE UNA CITTADELLA ORMAI QUASI ESPUGNATA. Chiunque si oppone alla mediocrita’ , alla sciatteria, al ” pour parlaire” vacuo, sciocco, narcisista ed isterico viene relegato nel DIMENTICATOIO O CESTINO VIRTUALE dei mondatori, rizzoli, garzanti, feltrinelli e compagnia…
A FURIA DI INSEGUIRE LE MODE ” TRENDY” politicamente ispirate, la ormai ” squola ” di massa si conferma ogni giorno di piu’ come batteria per l’ allevamento coatto di DEPENSANTI DECEREBRATI. E’ QUESTO CHE VOGLIAMO ?
Quando si dice “affermazione incommentabile”…Davvero non trovo le parole! Stavo proprio rileggendomi alcune novelle di Verga con grande soddisfazione…Avete detto gia’ tutto…aggiungerei soltanto: vediamo se tra cent’anni si leggeranno ancora questi grandi scrittori oppure certe figurette penose…
Il cuore mi porta a sentire una ribellione irrefrenabile nel leggere l’opinione della Tamaro sul Verga. I classici della letteratura italiana (non certo i suoi romanzetti) parlano un linguaggio universale e lo stesso Verga, in particolare col Ciclo dei Vinti, sembra volere rispondere a coloro che, come la signora Tamaro, lottano per la sopravvivenza (letteraria) e per l’affermazione dei propri interessi personali e del proprio “ego”, non comprendendo di essere destinati a rimanere dei “vinti”.
“Ma la ragazza cantava come uno stornello, perché aveva diciotto anni, e a quell’età se il cielo è azzurro vi ride negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore.”
I Malavoglia
Verga brutto? Si provi a rileggerlo prima di sentenziare.
Ho capito il potere dei grandi racconti fin dalle prime letture, quando imparai che una principessa si era salvata da morte sicura raccontando storie pe una intera notte. Forse non sempre la letteratura ha il potere di rendere “bella” la cattiveria del mondo, soprattutto quando quella cattiveria ti vive vicina, ma la sintesi di Mastro don Gesualdo e di don Mazzarò l’ho trovata pienamente realizzata nella figura di mio nonno, paterno e friulano.
Ecco, alla fine, “dove ti porta”… se scrivi di ciò che non sai. Alla fine trovi solo il tuo enorme “EGO” e il suo misero (cor)aggio spudorato.
“Rosso Malpelo” piace anche ai ragazzi di scuola media. È poetico e struggente, Ci sono dei passi ne “ I Malavoglia “ inarrivabili in tutta la loro valenza identitaria, estetica e conoscitiva. Mi dispiace davvero che la Tamaro, che giudicavo sensibile ed elevata, possa essere giunta a simili affermazioni.
Sono un docente di scuola superiore e resto sempre spiacevolmente colpito dalla superficialità con cui chiunque esprime giudizi molto discutibili su temi educativi. Sarebbe fin troppo facile chiudere il discorso affermando che la Tamaro sta a Verga come Alvaro Vitali sta a Orson Welles. Il tema, però, è serio e merita di essere circoscritto in modo più pertinente. Sicuramente il programma di letteratura nel triennio è debordante ma, se alcuni ridimensionamenti si impongono per necessità di sopravvivenza di alunni e docenti, sarebbe bene orientarsi su autori più lontani, come Poliziano, Guicciardini, Tasso, Alfieri…arriverei anche fino a mettere in discussione Carducci, ma Verga proprio no!! Poi lascerei più spazio al Novecento cercando di condurre in parallelo il programma di storia e letteratura, in modo da inquadrare gli autori nella complessità degli eventi ad essi contemporanei. Tra l’altro, quando si parla di queste vicende i ragazzi mostrano, giustamente, un grande interesse perché colgono il rapporto tra fenomeni artistici, ideologici e geopolitici del passato con la cronaca del presente. Un solo dato per chiudere ed evitare un’inutile saccenza: negli anni settanta De Mauro fece una ricerca che dimostrò la padronanza lessicale di circa 1500 parole per gli studenti del biennio superiore…negli anni 2000 la stessa ricerca ha rivelato una vertiginosa caduta a 400 termini. Penso che le cause siano molteplici: non vorrei formulare ipotesi azzardate, ma non credo che siano da ascriversi a Verga.
Mio figlio ha studiato Verga quest’anno….era entusiasta delle letture fatte, Rosso malpelo la sua novella favorita…tutto i giorni torna a casa contento di poter studiare non solo Verga ma Anche Dante Pascoli Montale…e fa un istituto tecnico non un liceo…forse la Tamaro non ha avuto bravi insegnanti che le hanno trasmesso l’ amore per i classici…
State massacrando Susanna e ora lincerete anche me. Ma non posso stare zitta. Sono d’accordo con la Tamaro. Capisco che possa avere dei cultori, ma nell’ambito generale Verga è pesante e inutile, in quanto il romanzo aveva già dato il meglio con Manzoni (sia glorificato il suo nome) . La Sicilia poi avrebbe dato il meglio con i Viceré di de Roberto e con il sommo Tomasi oltre a una quantità di altri scrittori smaglianti. Per favore…è un mattone. E adesso avanti con le pietre della lapidazione! Brava Tamaro. Michela
Devo essere un masochista irrimediabile perchè ho letto due volte “I Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo” e una volta sola le novelle. mentre trovo insopportabile il romanzetto melenso della Tamaro
Cari amici
a guisa di commento vi mando la lettera da me recentemente inviata alla Tamaro tramite il quotidiano “La Stampa” .
Un caro saluto.
Lia Fava Guzzetta.
Gentile direttore,
A seguito della querelle nata sui giornali intorno alle dichiarazioni della scrittrice Susanna Tamaro, le chiedo se il suo giornale può ospitare questa mia lettera.
Gentile signora Tamaro,
arrivo con ritardo a conoscenza delle parole da lei pronunciate a proposito della lettura a scuola dell’Opera di Giovanni Verga e confesso di esserne stata molto colpita. Riporto le sue parole: “basta con Verga in classe, non ne possiamo più”, e ancora: “come si può fare appassionare a Verga?”. A questa parole lei, inoltre, aggiunge un consiglio, suggerendo di sostituire a Verga opere contemporanee che comunicano ai giovani “cose che fanno eco dentro di loro”. continuando su questa linea lei dichiara addirittura di essere stata annoiata dalla lettura a scuola di autori classici, primo fra tutti Dante: ”cose difficilissime”.
Capisco, cara signora, che lei abbia avuto la sfortuna gravissima e irrisolvibile di non avere incontrato un vero maestro che le abbia trasmesso l’amore per i classici e che anzi, come si evince dalle sue parole, glieli abbia fatti odiare “ferocemente”, ma la soluzione da lei proposta, di cancellazione e sostituzione con i contemporanei, non mi pare assolutamente adeguata, in quanto nasce essenzialmente dal suo personalissimo problema. Io potrei dirle ad es. esattamente l’opposto: avendo avuto la fortuna di avere meravigliosi insegnanti, a partire dalla mia maestra delle elementari, e fino all’università, dove le lezioni del mio maestro, grande dantista , Giorgio Petrocchi, ancora oggi, dopo tanti anni, risuonano alle mie orecchie, insieme alla costante ed inevitabile richiesta di impegno forte di studio e approfondimento serio e importante di lettura, penetrazione e interpretazione dei testi che, certo, richiedevano anche pazienza e fatica.
Mi spiace proprio che lei non abbia avuto simili esperienze!
Ma lei pensa veramente che ci si debba sedere al pianoforte per eseguire una sonata di Beethoven senza una preliminare fatica e studio profondissimo tanto per la lettura quanto per l’esecuzione? E pensa veramente che sia utile e appropriato eliminare Beethoven sostituendolo con Venditti per penetrare tout-court nel mondo espresso dall’uno e dall’altro e quindi per godere delle loro opere? Mi spiace, gentile signora, ma non funziona così: sostituire non serve a nulla.E mi spiace anche che lei non abbia avuto la giusta guida per penetrare, immergersi, nel mondo della scrittura, dell’innovazione, della modernità del grande Verga, nè nell’immensità dantesca.
E le dico francamente che mi piacerebbe sentire che cosa veramente pensa e che cosa veramente lei ha capito di questi due grandi protagonisti della letteratura italiana, al di là della sua ”noia” (che stento a credere) nel leggerli.
E per quanto riguarda la letteratura contemporanea, anche se non abbiamo ancora la giusta distanza critica per valutare pienamente gli scrittori, è certo che anch’essa richiede la pazienza di uno studio serio e profondo, non certo guidato dal rumore del successo o peggio da suggestioni editoriali o commerciali.
La parola “studio” (dal latino “Studium” come lei sa) è certo contraria alla parola “noia” e sono sicura che nella scuola italiana, sia pure con tutti i problemi che prima o poi dovranno essere affrontati e risolti, esistono ancora dei maestri appassionati in grado di fare amare i classici.
La sua proposta, a ben pensarci, formulata così, forse troppo superficialmente, mi appare anche, se permette, un po’ ridicola. Mi fa pensare a qualcuno che, non essendo in grado di scalare una montagna, invece di attrezzarsi opportunamente per la scalata, pretende che la montagna venga sostituita da una dolce collinetta.
Cordialmente,
Lia Fava Guzzetta
(Professoressa Ordinaria di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea, e precedentemente Professoressa di Lettere in ruolo nella scuola secondaria)
P.S.Infine, mi permetta di segnalarle che il suo approccio rischia di risultare un po’ provinciale: sia perché i nostri classici sono studiati in tutto il mondo come un monumento della storia dell’umanità, sia perché nelle scuole di ogni paese si studiano i propri classici.