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diretto da Romano Luperini

Per superare l’ossessione. Su Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti

Scoprire la vita attraverso la letteratura

Finalista del Premio Strega 2022, Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti, è una bella storia. Una storia che, senza fare troppo clamore e senza contenere grandi colpi di scena, racconta la vita, e lo fa con struggimento e tenerezza, ma senza sentimentalismi esasperati.

Ambientato nella Milano di inizio millennio (siamo intorno all’anno 2000), il romanzo racconta la vicenda di Giovanni, un tipografo di mezza età sposato con Giulia, una donna intelligente, colta e ancora molto bella, nei confronti della quale il protagonista avverte un amore profondo, quasi una sorta di venerazione. Agli occhi di Giovanni, Giulia è un dono, tanto che continua a chiedersi come lei abbia potuto scegliere di amare proprio lui. Lui che, invece, non sembra avere nessuna qualità se non la gentilezza, che  lo avvolge «come una camicia di forza» («Magari di buon tessuto morbido ed elastico, poco appariscente. E dello stesso tessuto doveva essere il bavaglio invisibile che lo costringeva al suo detestato sorriso»). Eppure proprio la gentilezza è avvertita da Giovanni come una debolezza, come una caratteristica che lo fa sentire estraneo al mondo: «Era davvero una “persona tanto gentile” come veniva dipinto? O la sua era una maschera? Anche il capo del personale che lo aveva licenziato si era rammaricato dicendo “Una persona così gentile…”. Una persona gentile e un po’ pirla, si disse con sincerità».

Giovanni, infatti, è stato licenziato dalla grande azienda dove lavorava ed ha aperto una piccola attività in proprio per potere continuare il lavoro che costituisce la passione della sua vita. La sua esistenza sembra scorrere serena, scandita dalle stampe che realizza per i clienti e la quotidianità in una villetta suburbana dove abita con Giulia. Il loro è un matrimonio tranquillo, fatto di consuetudini e abitudini inserite in una vita borghese come tante, fino a che un giorno la donna si ammala gravemente. Nonostante la malattia sembri ormai superata e Giulia sia tornata al suo lavoro di segretaria, continuando anche a prendersi amorevolmente cura del piccolo giardino che circonda l’abitazione in cui vive con il marito, in realtà questa esperienza lascia qualche segno nell’esistenza dei due coniugi. Un giorno, infatti, Giulia sparirà senza dare una spiegazione e pregando Giovanni di non cercarla: «Perdonami, sono tanto stanca. Non mi cercare».

Malgrado il dolore e il disorientamento provati, Giovanni non si lascia annientare dalla perdita dell’amata, e si impone di controllare la sofferenza e la disperazione perseverando nella sua routine. Un giorno, spinto dall’esigenza di tenere acceso il ricordo di Giulia, ma anche dal desiderio di comprendere qualcosa in più della donna, sceglie dalla libreria di lei un libro a caso («Forse leggere i libri che lei aveva amato poteva spiegargli qualcosa»). È un volume enorme, anzi scoprirà che in realtà si tratta di due tomi, ed è la storia di Anna Karenina. Comincia a leggere: «se lo aspettava noioso e difficile un libro così famoso ma in fondo si leggeva come I promessi sposi o il Don Chisciotte, gli unici romanzi che aveva letto per intero». Poi «si trovò a intraprendere una delle imprese più incomprensibili della sua vita»: copiare Anna Karenina e fare un’opera unica, curata in ogni dettaglio, per Giulia, per quando sarebbe tornata. 

Piano piano, però, lui che non è un gran lettore e che ha letto per intero soltanto quei due romanzi, attraverso la pagine di Tolstoj scopre il fascino di questo romanzo, anche se comincia a temere sempre di più che a portargli via la sua Giulia sia stato un Vronskij qualsiasi. Quasi senza accorgersene comincia a sovrapporre la sua situazione a ciò che trascrive, diventando ossessionato da quel “maledetto Vronskij”, il principe misterioso ed affascinante di cui si innamora perdutamente Anna. Del resto, se la protagonista del romanzo di Tolstoj, donna sposata con un uomo noioso e rigido, ha cercato la passione tra le braccia dell’impetuoso conte, anche Giulia potrebbe avere trovato un suo Vronskij. Ecco allora che questo pensiero si insinua nella mente di Giovanni, e il personaggio tolstoiano, bello e brillante, diventa l’incarnazione di tutto ciò che lui, semplice e insignificante tipografo, non è. Forse è per questo che la moglie si è allontanata da lui.  

Anche quando Giulia tornerà a casa l’ossessione continuerà a perseguitare Giovanni, e scoprirà che un Vronskij in realtà c’è stato, e c’è ancora, ma molto diverso da quello che aveva immaginato. Il principe russo continuerà a tormentarlo facendosi metafora del male che minaccia la sua vita,  metafora della morte addirittura. Un fantasma, un’ossessione che lo accompagnerà sempre, perché il male è il nemico per eccellenza dell’uomo e perché ogni felicità ha sempre un’ombra in agguato che la segue. Vronskij non è un amante, è il male, la paura del vuoto. Giovanni avverte infatti nella moglie qualcosa di profondo che non riesce a comprendere, qualcosa che gli sfugge; in lei avverte l’ombra dell’altro, che per lui resta un mistero.

Il decadimento di un’epoca

Il libro di Piersanti è un viaggio proprio in questa dimensione sconosciuta dell’altro, ed è il viaggio che compie il protagonista. Senza possedere strumenti psicoanalitici Giovanni fa un percorso che potrebbe fare da un analista. E come ogni cammino verso la consapevolezza è dolente e doloroso, e lo porta a sbattere contro i suoi fantasmi, ma lo rende anche un uomo più forte.

Quel maledetto Vronskij è dunque la storia di una ossessione che riesce, però, a diventare scopo e motivo di vita quando Giovanni decide di chiudersi nella tipografia per stampare una copia unica, elegante e raffinata, «un’edizione di lusso», del libro amato da Giulia. Chiuso nella sua sofferenza, Giovanni continua infatti a fare il suo lavoro per lei, perché è quanto di meglio sa fare e può donarle. Perseverando nelle sue abitudini e nel suo progetto riesce a sopravvivere alla scomparsa di Giulia e ad accettare il dolore della perdita senza trasformarla in malattia.

La sua forza è dunque nell’ostinazione con cui intende far resistere il suo mondo e allo stesso tempo nella tenacia con cui affronta i cambiamenti. Del resto lui, un montanaro che ha scelto di vivere in città con Giulia adeguandosi ai ritmi della nuova vita senza però dimenticare le proprie origini e il piacere della solitudine che la montagna rappresenta (tanto che alla fine sceglieranno di tornare alla vita sui monti), sa che per vivere occorre anche affrontare i cambiamenti ed accettare che qualcosa possa finire, perché «I cambiamenti portano altri cambiamenti e alla fine ci si trova cambiati anche continuando la solita vita di sempre». E lui è cambiato insieme al mondo che rappresenta in quanto tipografo. Il licenziamento dalla grande tipografia è infatti il simbolo di un mondo destinato a scomparire e che lui continua ad amare mantenendo viva la sua piccola attività di tipografo. Giovanni è parte di quell’aristocrazia operaia che è orgogliosa del suo lavoro e che continua a esercitare con dedizione e cura. Impossibile, infatti, leggere il libro di Piersanti senza notare la contrapposizione tra antico e moderno che esso racconta. La storia è ambientata intorno al 2000, quando il mondo sta davvero cambiando, subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle, quando il mestiere del tipografo è diventato «per morti che camminano».

Il romanzo ci svela il decadimento di un’epoca, un passaggio epocale di cui sono espressione anche le trasformazioni nella tecnica della stampa. Sono infatti ormai finiti i caratteri a piombo, e non c’è più la cura meticolosa del tipografo che vive l’errore come un’umiliazione. In questa nuova epoca gli errori e i refusi sono sempre più frequenti, anche perché i libri devono essere stampati velocemente. Emblema di questo cambiamento, e di un mondo che pur riconoscendo le trasformazioni non vuole lasciarsi sopraffare, è il cartello che Giovanni ha in tipografia, e che, riportando due sole parole, «Un’asino», diventa un memento per il tipografo, un monito a non sbagliare per quei tipografi della generazione di Giovanni che hanno saputo emanciparsi pur credendo ancora nel loro lavoro.

Un elogio della quotidianità

Pur aleggiando su tutto il romanzo un clima di sospensione, non si sfiora mai la tragedia, perché, proprio come ha fatto con la scomparsa di Giulia, Giovanni riesce a trasformare il trauma subito in nuova energia che gli impedisce di lasciarsi vincere dal dolore. Il protagonista non è, dunque, un moderno don Chisciotte che ostinatamente vuole far resistere un mondo senza prendere coscienza delle mutazioni in atto, non è un sognatore e basta, è un uomo concreto e consapevole che, anziché soccombere, sceglie di resistere al dolore per la perdita di Giulia e a quello per la perdita del lavoro, con l’orgoglio di un uomo di montagna. Per questo, anziché un fallito, è un eroe del quotidiano alla ricerca di un equilibrio perduto e capace di dare tutto se stesso per mantenere vivi i suoi sentimenti più genuini. L’intera vicenda potrebbe definirsi un elogio della quotidianità e della lentezza di una quotidianità dove apparentemente non succede niente mentre le cose stanno già cambiando. Non c’è noia in questa vicenda, né nella vita fatta di piccoli gesti che i due protagonisti conducono. L’esistenza di Giovanni e Giulia, pur se fatta anche di silenzi e di parole taciute, è ricca di vita e di amore. Perché loro non stanno insieme per difendere i valori di una famiglia o per abitudine, ma perché le loro vite si sono incontrate e si sono riconosciute, e non hanno bisogno di tante parole.

Con uno stile serio e misurato, ma mai freddo, Piersanti ci racconta una storia pervasa di tenerezza per ricordarci che ci sarà sempre qualcosa che ci sfugge, perché il maledetto Vronskij è sempre dietro l’angolo, ed è pronto a portarci via ciò che amiamo, ma ciononostante non dobbiamo mai arrenderci alla vita, e quindi non resta che smettere di avere paura e affrontare con coraggio ogni avversità.

E forse la letteratura è ancora un canale preferenziale per comprendere la vita. Non è forse leggendo Anna Karenina che inizia per il protagonista il suo percorso di formazione?  

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