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diretto da Romano Luperini

Tra lettura, domande e tentativi di interpretazione. Promessi sposi, capitolo V

Cari lettori e lettrici, la redazione di LN si prende una pausa estiva. Durante questo mese, ripubblicheremo alcuni articoli già usciti nel corso dell’anno. Ci rivediamo a settembre.

Preambolo 1

Mattina di fine maggio, fa un caldo torrido, è la sesta ora, quella di lettura libera; complice una collega venuta a fare osservazione in classe, parliamo di libri, di lettura e dei tre anni trascorsi:

“Tra tutti i testi che vi ho letto ad alta voce quali ricordate e vi hanno colpito di più?”

Le risposte mi fanno riflettere, mi citano gli albi illustrati di cui ricordano nel dettaglio immagini e simboli, persino Martedì di Wiesner letto loro il primo giorno di scuola del primo anno: sarà la forza delle immagini, la loro carica seduttiva e la maggior facilità nel dare una spiegazione e un’interpretazione. Francamente, poi mi sarei aspettata che avrebbero nominato i libri e i racconti per ragazzi e invece è stato tutto uno sciorinare l’Inferno, Rosso Malpelo, Libertà, La paura, Ciaula scopre la luna, Veglia, l’Infinito e la madre Cecilia. La letteratura, insomma, proprio i testi su cui ci siamo soffermati di più, su cui è stato più difficile arrivare alla fine, su cui si sono messi alla prova con una lingua e un mondo altro.

Preambolo 2

Esistono libri che spiegano tutto, fanno fare poca fatica al lettore, forniscono, dettagli, spiegazioni e persino esplicitano tema e argomento, poi ci sono i classici. Libri che riescono ad essere eterni, io credo, proprio per lo sforzo che impongono al lettore, per come lo costringono a fare inferenze, ipotesi, interpretazioni, libri che agganciano chi legge non solo per la storia, ma soprattutto per lo stile. Un classico ti costringe a interpretare, anche se lì per lì non te ne accorgi, genera sempre più domande che risposte: ma questa fatica (ricercare le risposte, scavare nelle parole, ricostruire, rispondere al testo) da una parte rende l’opera eterna, dall’altra può allontanare i lettori, perché implica lo sforzo delle conquiste, un po’ come raggiungere una vetta, dopo chilometri di cammino.

Penso a  questo mentre noto quanto si sia diffusa tra i miei studenti la lettura del romanzo di Madaline Miller la canzone di Achille: libro che riempie tutti i non detto di Omero, aggiunge pagine su pagine, rende ogni cosa esplicita, così il lettore viene preso per mano, anzi quasi portato in braccio.

Un testo letterario è invece un dispositivo di comprensione di cui il docente non dovrebbe dare la sua interpretazione come diktat, ma fornire strumenti e un orizzonte metodologico grazie al quale gli alunni possano generare interpretazioni motivate, coerenti e coese.

Qualsiasi lettura in classe è una lettura critica, una lettura che interpreta, anche quando si tratta di poche pagine, come nell’esempio che voglio illustrarvi a breve.

Leggere i Promessi sposi: età diverse, stili diversi

Abitare a Como significa convivere con il fantasma dei Promessi sposi, anche se il ramo del lago è quello di Lecco: pare brutto evitarlo, ma sai anche che i tuoi studenti di lì a qualche anno lo affronteranno di nuovo. Cosa fare dunque? Col precedente triennio l’avevo saltato a piè pari, questa volta ho fatto scegliere agli studenti tra Promessi sposi o poesia autobiografica (leggi testi di Foscolo, Leopardi, Ungaretti, Saba, Antonia Pozzi). Ha vinto Pescarenico.

Quest’anno ho inoltre deciso di inserire nel mio programma all’università terza età la lettura integrale dei Promessi sposi (inutile dirvi che ho posto anche a loro la stessa scelta): leggere il romanzo a due età così diverse è stato illuminante e mi ha fatto toccare con mano come le nostre interpretazioni, il fascino che opere e personaggi hanno su di noi sia anche legato a chi siamo, al periodo della vita in cui ci troviamo a vivere. Valga come esempio la figura di don Abbondio, detestato e criticato dai più piccoli, viene non dico compreso, ma trattato con condiscendenza e compassione dai lettori più adulti e scafati delle cose del mondo.

E proprio l’alternare la stessa lezione con i preadolescenti e con questo tipo di adulti che scelgono di seguire un corso, non hanno valutazione o esami da superare e lo fanno per puro otium latino, mi ha fornito la possibilità di riflettere su come la vita sia una continua occasione di apprendere e di come un testo letterario sia un bene comune e abbia nella rilettura un suo fondamento. La letteratura o può essere per tutti o non è letteratura io credo, in modo un po’ draconiano, lo ammetto..

Un esempio di lettura in classe: promessi capitolo V

La lezione di cui vi parlerò riguarda un capitolo che solitamente alla scuola secondaria di primo grado viene saltato: troppe descrizioni, poca mimesi e molte inferenze da fare.

Animata dall’attenzione che mi hanno dimostrato gli studenti più grandi e convinta che leggere i Promessi sposi sia anche una straordinaria fucina per capire le tecniche di scrittura attraverso le quali Manzoni spinge il suo lettore a farsi domande e a interpretare, mi sono accinta a leggere il capitolo V coi quattordicenni, dopo averlo testato la settimana prima. Quello che leggerete è la cronaca di una lezione fatta in classe, tra domande risposte e dialogo con gli studenti. Una lezione frontale dialogata, insomma

Prima di affrontare il testo ho preparato il terreno chiedendo ai miei studenti di ricostruire la vicenda::

Cosa viene raccontato nel capitolo precedente?

Quali eventi si verificano nella storia

In quale punto il tempo della narrazione viene interrotto e perché?

Riprendiamo, così, alcuni punti fermi: Fra Cristoforo si mette in viaggio verso la casa di Lucia e Agnese, attraverso un territorio in cui sono chiari i segni della carestia, uno spettacolo che fa nascere in lui un triste presentimento per le notizie  che gli potrebbero arrecare le due donne. Comincia a questo punto il lungo flashback sulla vita di fra Cristoforo che fu Ludovico che “serve a tenerci sulle spine” “serve a farci fare pause e a capire il personaggio”, “serve a farci capire perchè questo frate sembra così strano rispetto agli altri” mi rispondono i miei studenti. Alla fine dunque ho proposto una breve sintesi attraverso una tabella a due uscite:

cosa sappiamo di Fra Cristoforo ( storia personale, descrizione fisica, carattere)

cosa sappiamo di Don Rodrigo.

E’ apparso subito chiaro che di Don Rodrigo al momento conosciamo solo gli ordini che aveva dato ai Bravi, le intimidazioni rivolte in sua vece a don Abbondio, la scommessa fatta col cugino raccontata da Lucia ad Agnese: non c’è descrizione fisica, non c’è alcun accenno alla sua vita passata, ad alcuni episodi che potessero permetterci di inquadrarlo meglio.

Ho quindi detto ai ragazzi che nel capitolo seguente l’occhio del narratore si sarebbe posato su Don Rodrigo e di fare attenzione qualora queste lacune fossero state colmate. Al solito leggo ad alta voce, parafraso e spiego i passaggi più complessi, lavoriamo sul lessico e indugiamo sulle espressioni che sono lontane da noi.

Mostra non dire: il palazzotto

Dopo aver passato in rassegna tutte le possibili soluzioni fra Cristoforo decide di recarsi al palazzotto di Don Rodrigo, che sta sul promontorio dello Zucco, in provincia di Lecco, dove abitavano un tempo gli Arrigoni, famiglia che nel seicento era stata nemica della famiglia Manzoni per il possesso delle miniere di ferro in Valsassina. (Prof ma a Manzoni piace vendicarsi con le parole, come fa Dante che mette i suoi nemici all’Inferno? È normale tra gli scrittori?)

La descrizione del palazzo di Don Rodrigo è introdotta dall’espressione “verso il covile della fiera che voleva provarsi ad ammansire” quale previsione ci chiede qui il narratore? cosa ci aspettiamo?

Interrompere la lettura con domande è una strategia di comprensione che aiuta gli studenti a mantenere l’attenzione a generare il moto del pensiero, solo abituandoli a questo botta e risposta, non per interrogare ma per ricercare, si svilupperà la capacità di porsi domande; requisito fondamentale per cercare le risposte

Il narratore ci dice che la casa di Don Rodrigo è un covile, un luogo pauroso abitato da una belva: in che modo ci mostra questo ambiente? Come dovrebbero essere le case, le donne, gli uomini e i bambini in un villaggio? e come sono qui?

Discutiamo animatamente e arriviamo a dire che il palazzotto di Don Rodrigo è una specie di villaggio al contrario.

Ho chiesto quindi loro di identificare quali sensazioni nascessero da questa descrizione: paura, angoscia, disordine, sporcizia, degrado, malvagità, mi hanno risposto, giustificando la scelta dei termini con citazioni dal testo.

Ci siamo poi soffermati su due elementi simbolici gli avvoltoi: dove si trovano, come appaiono, cosa dovrebbero significare e che impressione danno

Gli avvoltoi si nutrono di carogne e dovrebbero significare morte: sono inchiodati come avvertimento. Uno è tutto rovinato e distrutto (come le imposte delle finestre) l’altro invece è ancora integro. Sotto gli avvoltoi ci sono due bravi sdraiati che aspettano di entrare a mangiare gli avanzi. Dovrebbero fare paura anche loro, ma come gli avvoltoi non spaventano nessuno. Se dovessi usare una parola per questa immagine userei “disturbante”, scrive Giovanni.

Manzoni ci porta poi all’interno, è come se noi lettori lo seguissimo e guardassimo dentro ogni scena: quale senso è ora chiamato in causa? Se all’esterno la vista ha fatto da padrone qui prevale l’udito: c’è un frastuono confuso di coltelli bicchieri e piatti e voci discordi che provano a soverchiarsi a vicenda, ci sono gli urli e le strida di mastini e cagnolini.

Cosa possiamo invece osservare?  I quattro Commensali e il naso rosso e la cappa nera dell’Azzeccagarbugli

Siamo di fronte a un banchetto senza bevande ma pieno di parole: parole vuote, parole inutili, parole urlate.

Ma a cosa serve questo dialogo e la disputa sulla questione cavalleresca in cui viene trascinato Fra Cristoforo?

Ci fa vedere che i nobili pensano solo a questioni inutili e vogliono solo dimostrare di essere i più forti (come nella disputa su chi dovesse cedere il passo all’altro nell’episodio di Fra Cristoforo) (Federico)

Invece che difendere i quelli che hanno bisogno, il podestà e l’azzeccagarbugli sono seduti al tavolo di chi commette i misfatti e parlano di questioni assurde (Morgan)

Fra Cristoforo propone una cosa folle per gli altri commensali: per loro il mondo è fatto solo di violenza e vince chi è più forte. Fra Cristoforo propone un mondo senza duelli, senza vinti né vincitori. Quando Don Rodrigo lo chiama in causa sottolinea che lui conosce la vita precedente del monaco, lo provoca (Aurora)

Improvvisamente dal vociare e dal discutere si isolano i pensieri di Don Rodrigo: ci prepariamo alle battute finali. Perché questo finale? Cosa succede?

In sottofondo restano le voci e le lodi sul vino (ambrosia e impiccarli) la scena sembra un occhio di bue che illumina e isola i due personaggi: don Rodrigo dà occhiate al solo che stava zitto, la sua inquietudine cresce e decide di spostarlo in un’altra stanza. Si cambia scena prof, mi dice Alice, come a teatro.

La domanda delle domande

A questo punto ho chiesto loro di riprendere in mano la domanda iniziale: cosa sappiamo di Don Rodrigo? Abbiamo qualche informazione in più su di lui (aspetto fisico, storia personale)?

Possiamo dire di no: conosciamo dove abita, le persone che siedono alla sua mensa, alcuni suoi pensieri.

Ma allora perché Manzoni ha creato un antagonista brutale e feroce e non ci dice niente di lui?

Perché vuole che lo costruiamo noi, mi dice Davide, forse perché non aveva idee ribatte non troppo convinta Melissa, forse perché lo disprezza così tanto che vuole che ce ne dimentichiamo subito, non vuole che restiamo affascinati dal cattivo mi dice Asad.

Bene ragazzi teniamo in caldo queste considerazioni: rincontreremo ancora Don Rodrigo, ma lo troveremo sdraiato in altro covile, non più fiera feroce.

Alt niente spoiler sorride Morgan

E sorrido anche io, mentre assegno loro il lavoro che li condurrà al capitolo successivo “Ipotizza e scrivi il dialogo tra Don Rodrigo e Fra Cristoforo. Ricordati di rispettare le caratteristiche abbiamo messo in luce nei due e di inserire il dialogo in un ambiente che riprenda quanto abbiamo detto per il palazzotto di don Rodrigo”

Da questi dialoghi ripartiremo, per mostrare loro ancora una volta quello che Giovanni ha felicemente intuito “In qualsiasi modo io possa scrivere, Manzoni lo farà meglio e con meno sforzo.”

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