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Murail mari aude

Letteratura per giovani adulti /11 – Intervista a Marie-Aude Murail

A cura di Morena Marsilio

1. Quando ha iniziato a scrivere narrativa destinata ai ragazzi e quale è stata la molla che l’ha spinta a scegliere proprio i giovani come destinatari privilegiati dei suoi testi?

Ho iniziato a scrivere quando ero docente in un istituto superiore per futuri insegnanti della scuola primaria. Durante questo periodo andavo spesso nelle classi e ho aiutato bambini a scrivere racconti. All’inizio facevo loro da segretario. Mi dettavano storie ed io scrivevo, facevo delle domande, li aiutavo a iniziare o sviluppare i loro testi. E poi, poco a poco, ho scritto racconti per questi bambini, soprattutto per incoraggiare quelli che avevano delle difficoltà con la lettura. Perciò ho scritto racconti brevi e sorprendenti.

La mia carriera di scrittrice ha avuto inizio a 12 anni, raccontando delle storie alla mia sorellina che ne aveva 8. Per lei ho creato un giornale. Ho letto molto i libri per ragazzi: «Il club dei 5», Fantômette, la serie di Jacques Rogy, di Pierre Lamblin. Anni dopo, alla Sorbona, ho scritto la mia tesi sulla riscrittura dei classici per un pubblico giovanile. Ho cominciato a scrivere per ragazzi, senza dubbio, per cercare di mantenere, e riattivare regolarmente, questo rapporto con la mia infanzia.

Con il passare del tempo, questa scelta mi è sembrata sempre più pertinente: c’è molto bisogno del Bildungsroman – del romanzo di formazione – che accompagna i bambini e i ragazzi lungo il cammino cella vita, della loro vita. È sempre più cruciale.

2. Quali sono i temi più ricorrenti nella sua narrativa e a quale bisogno comunicativo rispondono?

Non scelgo mai un tema quando comincio a scrivere un romanzo. Per “Oh, boy!”, per esempio, non mi sono detta “scriverò un romanzo sull’omosessualità”. Ovviamente, l’attualità mi fornisce delle idee, come la gente che incontro, la mia vita in un generale, ma sono i personaggi che mi si impongono, il loro modo di essere e le emozioni che provano e mi fanno provare, prima ancora della trama o del “tema”.

Comunque, siccome credo che ogni buon romanzo per bambini o adolescenti sia un romanzo di formazione, penso che i miei personaggi finiscano sempre per trasmettere, al posto mio, qualche cosa ai lettori. Per esempio, è proprio perché frequento molti giovani che soffrono, senza che possa fare grandi cose per loro, che ho inventato un “Sauveur” (psicologo clinico, in italiano Salvatore,  protagonista di quattro volumi, pubblicati per L’écoles des loisirs; sembra che il primo volume sia in traduzione per Giunti edizioni). [1]

3. Ritiene che sia cambiato il modo in cui la sua generazione ha vissuto l’adolescenza e quello in cui la affrontano i giovani di oggi?

Talvolta mi rendo conto di aver vissuto un’infanzia e un’adolescenza appartate negli anni ‘50-‘60 e comunque diverse da quelle che vivevano i miei coetanei. Credo che sia la scommessa di ogni generazione di reinventare il modo di vivere il passaggio verso l’età adulta. E ognuno cerca di essere unico, o almeno di scoprire in cosa può esserlo…

La lettura mi ha talmente nutrito che resto sempre un po’ interdetta quando incontro un giovane che non legge. Come può vivere ?! Come fa a non annoiarsi ? Le sue risposte mi interessano molto. Ma ho smesso di dire a me stessa – come facevo agli esordi – che scrivo per invogliare i non-lettori a leggere. Scrivo e chi mi ama mi legga !

4. Quali sono state le letture che l’hanno “formata” e quali sono, oggi, i modelli letterari cui si rifà?

Ho letto soprattutto libri per ragazzi che esistevano ai miei tempi. Ho già citato Il Club dei 5, d’Enyd Blyton, la serie di Jacques Rogy, di Pierre Lamblin. Durante l’adolescenza, ho anche un po’ attinto a caso dalla libreria dei miei genitori e a volte ho letto dei libri che non erano proprio adatti «alla mia età» … La grande rivelazione letteraria per me è stata e resta Charles Dickens, di cui ho scoperto Les papiers posthumes du Pickwick Club e soprattutto L’ami commun (Our Mutual Friend) a 17 anni. Ho imparato a ridere e a piangere con lui e mi son detta, quando ho cominciato a scrivere che, come lui, mi fermerò solo quando non farò più ridere, né piangere i miei lettori. Ancora oggi non ho altri modelli letterari : leggo pochissimi romanzi, ma piuttosto delle biografie, dei saggi, libri di sociologia o psicologia. E comunque, niente che possa competere o sconvolgere il mio modo di scrivere. Come mio fratello maggiore, Tristano, che non ascolta mai musica per poter sentire quella che compone…

5. La disaffezione dei giovani nei confronti della lettura è sempre più diffusa: quali pensa possano essere sono le ragioni principali e come le agenzie educative potrebbero operare per remare controcorrente?

Ah, il famoso rimprovero degli adulti : « I giovani non leggono più ! ». Se ne fossi convinta, smetterei di scrivere!  Rispondo spesso agli adulti che si lamentano così: « E voi, voi leggete ? » « I vostri figli vi vedono leggere ? » etc. Incontro persino degli insegnanti che raccomandano la lettura ma che dal canto loro, leggono troppo poco o addirittura per niente ! (con la buona scusa : «Non ho tempo»). Ci sono delle cose da fare. Quando si è ragazzini, bisogna praticare la lettura ad alta voce. Ne sono una militante. E comunque questa pratica non ha limiti di età : ho letto Hannah Arendt a mia figlia di vent’anni che preparava il concorso all’Università … In Francia, l’associazione Silence, on lit milita per adottare in tutti gli istituti scolastici un tempo obbligatorio di lettura silenziosa, ogni giorno o settimanalmente : a tal giorno e a tal ora, tutto si ferma e tutti leggono, dall’alunno al cuoco della mensa, passando per i professori e il preside della scuola, etc. E’ una specie di flash mob sulla lettura. Certo, l’organizzazione di fiere del libro, di incontri con gli autori, fanno parte di questa promozione auspicabile della lettura.

6. La scuola resta un importante baluardo per cercare di innescare un circolo virtuoso tra giovani e lettura, soprattutto facendo leva su quello spazio, insieme periferico e centrale, di libertà costituito dalle letture personali assegnate nel corso dell’anno scolastico. È in questo ambito, inoltre, si potrebbe utilmente mettere in contatto i ragazzi con la narrativa dell’estremo contemporaneo. Potrebbe indicare tre romanzi o raccolte di racconti italiani o stranieri degli ultimi vent’anni, a suo parere irrinunciabili, che proporrebbe in lettura ad adolescenti tra i 16 e i 18 anni?

Non do mai consigli sulla lettura (al di fuori dei miei romanzi !) anche se, alcuni anni fa, dietro richiesta di un editore, ho scritto un libro di raccomandazioni dal titolo Non so cosa leggere. Non l’ho mai aggiornato. Secondo me, gli scrittori non possono influire più di tanto. Per questo ci sono i genitori o gli insegnanti, almeno quelli che leggono, i critici, i bloggers, i bibliotecari, i documentalisti nelle scuole, etc. Purtroppo conosco ben poco della letteratura italiana contemporanea.


(Si ringrazia la Prof.ssa Silvia Scuccimarra – in servizio presso il Liceo Scientifico e Linguistico « G.Galilei » di Selvazzano Dentro (PD) –  per aver tradotto il testo dal francese)

[1][1] Cf. Sauveur et Fils à l’école des loisirs, en 4 « saisons ».

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