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Letteratura per giovani adulti / 10 – Intervista a Stefania Gatti

 A cura di Linda Cavadini

1. Quando ha iniziato a scrivere narrativa destinata ai ragazzi e quale è stata la molla che l’ha spinta a scegliere proprio i giovani come destinatari privilegiati dei suoi testi?

Ho cominciato a scrivere proprio per bambini circa dieci anni fa. E’ stato un colpo di fulmine, col protagonista della storia e con il lettore potenziale che l’avrebbe letta. Non avevo mai immaginato che qualcuno potesse leggere le mie storie fino a quel momento, in cui invece il lettore lo vedevo chiaramente. Non ho più smesso di immaginare il mio lettore, sempre un bambino o un adolescente e di provare a cogliere il suo sguardo sul mondo, perché la narrativa per ragazzi non si discosta molto da quella per adulti nei grandi temi; è lo sguardo sulle cose che cambia. E a me quello sguardo lì interessa. Del bambino e del ragazzo che sta cercando la sua strada, vivendo quei momenti e passaggi in cui convergono tutte le forze più potenti e vitali.

2. Quali sono i temi più ricorrenti nella sua narrativa e a quale bisogno comunicativo rispondono?

Scrivo di amicizia e solitudine, di conquiste piccole e grandi, scoperte, disagi e crescita. Scrivo di quando si comincia a camminare e si arriva diversi da quando si era partiti. Dove si arriva non si sa, perché i miei finali sono spesso aperti. Scrivo di paura. Cerco quella luce nel buio, il superamento di un limite, una nuova consapevolezza, anche quando la storia non ha un finale positivo e non c’è una risoluzione certa.

3. Ritiene che sia cambiato il modo in cui la sua generazione ha vissuto l’adolescenza e quello in cui la affrontano i giovani di oggi?

Credo che le spinte, le paure e gli slanci, l’urgenza e il disagio, la creatività in continuo movimento nel decidere chi essere e chi diventare, costruendo la propria visione del mondo sia la stessa; ce l’hanno gli adolescenti di oggi come quelli di ieri. Cambia il contesto e gli strumenti che i ragazzi hanno a disposizione. Inventare se stessi in una realtà incerta e precaria dove i punti di riferimento e le certezze a cui appigliarsi sono diminuite e gli adulti disorientati e impauriti fa sì che gli strumenti e le modalità per affrontare l’adolescenza e il mondo siano diversi da quelli dei ragazzi delle generazioni precedenti. C’è un senso di impotenza ma anche di onnipotenza dovuto alla quantità di stimoli e informazioni che si ricevono, al poter comunicare con tutti, partecipare, commentare, ideare e condividere qualsiasi cosa senza essere famosi, esperti o creativi. Questo può generare confusione e disagio in un ragazzo che non ha ancora raggiunto la maturità per riuscire a gestire uno spazio così pieno e illimitato. Quando ero adolescente i limiti erano chiari, erano anche necessari per poter essere oltrepassati; la noia non veniva colmata immediatamente, la lentezza creava spazi, spazi che ora vengono assediati immediatamente.

4. Quali sono state le letture che l’hanno “formata” e quali sono, oggi, i modelli letterari cui si rifà?

Il libro che mi ha agganciata da bambina, quello che mi ha promesso che non mi sarei mai stancata di leggere e che mi ha fatto venire il desiderio di scrivere è stato “Il vento nei salici”. Poi sono arrivati gli altri, Il giardino segreto, i libri di Enid Blyton, le avventure di Tom Sawyer, Piccole donne. Le letture che mi hanno formata sono quelle quelle che ho affrontato più volte durante l’adolescenza, ogni volta trovandoci qualcosa di nuovo, gli autori russi ad esempio, tra tutti Dostoevskij e poi Dickens e Jane Austen. E’ difficile individuare le letture a cui mi rifaccio mentre scrivo, perché le influenze sono tante, a volte mi capita di voler tornare a una sensazione, a un’atmosfera vissuta leggendo un libro nel passato ma non sapere di che libro si tratti. In questo momento sono incantata dalla scrittura di alcuni autori del nord Europa, come Guus Kuijer, Sjoerd Kuyper, Maria Parr, per la leggerezza con cui affrontano temi importanti e per l’occhio e la penna libera, scanzonata e poetica con cui guardano e scrivono di bambini e adolescenti, così autentici proprio perché si presentano apparentemente senza la mediazione dell’adulto

5. La disaffezione dei giovani nei confronti della lettura è sempre più diffusa: quali pensa possano essere sono le ragioni principali e come le agenzie educative potrebbero operare per remare controcorrente?

Tutti abbiamo bisogno di storie, i ragazzi le vogliono, le cercano; storie simili alle loro, in cui potersi riconoscere, storie completamente diverse per esplorare, vivere esperienze anche pericolose senza però subirne le conseguenze, conoscere aspetti sconosciuti dell’umanità e zone inesplorate del proprio essere. Credo che la società, la fluidità delle informazioni diano loro la sensazione di poter ricevere idee, riconoscimenti, risposte in maniera immediata; con un click, con un’immagine, stanno già dentro a una storia e la possono condividere, sentendosi parte di una comunità; basti pensare al modello di scrittura diffusa e condivisa di Wattpad in cui la narrazione si costruisce nell’interazione tra scrittore e lettore. La comunicazione digitale è più seducente, arriva velocemente a tutti, il libro no, ma quando il ragazzo scopre le potenzialità di conquista che un libro può dargli diventa per forza un lettore. Credo ci sia un potenziale lettore in ognuno di noi, chi è che rinuncia alla possibilità di fare un viaggio indimenticabile pagando un biglietto di pochi euro, di conoscere sé stesso e gli altri, entrare in altri paesi, epoche e dimensioni? Tutto sta nel cominciare, nel trovare il libro giusto, quello che dia la fiducia nell’esperienza lettura. Per fare questo occorre offrire una vasta scelta, creare degli spazi di lettura nelle scuole, delle comunità di lettori, per cui ci si possa confrontare sul libro non come oggetto di studio, ma di confronto e condivisione. Servirebbe un’educazione alla lettura per gli adulti, insegnanti, educatori, che non si trovino a dover somministrare i “soliti libri” ai ragazzi solo perché non conoscono altro o per il ricordo entusiasmante di un classico che ha segnato la propria formazione. Con quel classico potrebbero cogliere nel segno, ma c’è una grande probabilità che si discosti troppo dal mondo del giovane lettore che ancora non sa di essere un lettore e che si allontanerà di qualche passo da questa scoperta

6. La scuola resta un importante baluardo per cercare di innescare un circolo virtuoso tra giovani e lettura, soprattutto facendo leva su quello spazio, insieme periferico e centrale, di libertà costituito dalle letture personali assegnate nel corso dell’anno scolastico. È in questo ambito, inoltre, si potrebbe utilmente mettere in contatto i ragazzi con la narrativa dell’estremo contemporaneo. Potrebbe indicare tre romanzi o raccolte di racconti italiani o stranieri degli ultimi vent’anni, a suo parere irrinunciabili, che proporrebbe in lettura ad adolescenti tra i 16 e i 18 anni?

 Proporrei come letture irrinunciabili “Danza sulla mia tomba” di Aidan Chambers, “Reato di fuga” di Christophe Leon, “Quindici giorni senza testa” di Dave Cousins. Se posso aggiungere una graphic novel inserirei nella lista degli irrinunciabili “E la chiamano estate” di Jillian e Mariko Tamaki.

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