Skip to main content
Logo - La letteratura e noi

laletteraturaenoi.it

diretto da Romano Luperini

Il Vangelo secondo il ragazzo

(Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però il ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo. Mc, 14, 50-52)

(…)

Khamsin

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra.

«Ecco giunge il Khamsin», imprecò un vecchio scrutando lontano con gli occhi. Il cielo di Gerusalemme si oscurò di folate di sabbia e vapore umido. L’aria divenne pesante e irrespirabile. Gli uomini si coprirono le bocche con le maniche della tunica, serrarono gli occhi. Secco e rovente il vento sconvolse con le sue cariche le palme come canne fragili.

Il ragazzo venne anche lui aggredito dal vento, si sentì perduto in mezzo al grosso della gente che iniziò ad allontanarsi in fretta, lo spettacolo di un falso messia crocifisso non sarebbe valso per loro il prezzo di una tempesta di sabbia. Si liberò spazio di fronte a lui, il ragazzo si coprì il volto con la tunica, si avvicinò di nuovo al luogo delle croci. Passò un tempo lungo e immobile. Anche i soldati erano rimasti fermi, in attesa che passasse l’impeto del vento. Al cospetto dei condannati rimasero poche persone, non la folla dei primi eccitati momenti dell’esecuzione. L’ultimo tratto della vita del Cristo era stato riservato dalla prepotenza della natura ai suoi accusatori, ai suoi aguzzini, ai suoi cari. Il ragazzo, infine, come riemerso da un sogno, camminò nella tormenta di sabbia i pochi passi che lo portarono alla roccia. Tenne gli occhi chiusi e bassi, ma avanzò fino al luogo che non aveva saputo tollerare e al quale ora era come spinto dal ruggito del cielo. Trovando il selciato del Golgota, il ragazzo alzò lo sguardo. Non per volgerlo ai capi religiosi che si erano radunati in crocicchio al fianco destro. Non alle donne e agli amici superstiti del condannato affranti al fianco sinistro. Il ragazzo alzò gli occhi e volse lo sguardo sul Cristo trafitto in croce. Quanti uomini videro il corpo dell’uomo appeso al legno quel giorno. Quante immagini si annidarono negli sguardi delle persone che lo videro straziato quel giorno. Quanti uomini raccontarono la sera di quel giorno e poi il giorno dopo e poi l’altro ancora. Ognuno avrebbe portato in sé il ricordo del Cristo in croce e l’avrebbe tramandato al mondo come l’unico e vero. Così sarebbe stato per sempre, anche per chi solo l’avrebbe immaginato, scritto, rappresentato. Ma il ragazzo nel vento non vide un corpo, un’immagine, un racconto.

Il ragazzo vide movimento.

Sempre più lieve, fiaccato, vide ancora movimento. Vide il tendersi straziato delle gambe, i sussulti tremanti dell’addome, lo spasmo ritmico del torace. Vide i tremiti dei muscoli tesi delle braccia, dei nervi dell’avambraccio, vide il graffio costretto delle dita sull’aria. In ultimo vide il respiro della bocca, unico luogo di quel corpo che il ragazzo avrebbe conservato nella memoria. Tenue e sussurrato, il respiro del Cristo sembrò mettere a silenzio il mondo sconvolto dal buio, ripetere esile e continuo che ci sarebbe stata aria, che ci sarebbe stata luce, che ci sarebbe stata vita. Per questo l’immagine del Cristo scomparve all’istante agli occhi del ragazzo, anche se rimase fisso a guardarlo per un tempo senza più una fine. Scomparve e mai l’avrebbe più catturata nella sua vita futura, aggrappato a quel respiro che piano svaniva, come il corpo, il legno, il luogo e il tempo in cui gli si era manifestata.

Puro movimento.

«Vieni», gli sussurrò qualcuno alle spalle. Il ragazzo si voltò e vide suo padre. Aveva gli occhi arrossati dalla sabbia, impastati del nero che lacrime e polvere avevano depositato ai margini.

«Vieni figlio mio», gli disse. Lo abbracciò e lo trascinò delicatamente lontano dalla croce. Il ragazzo si lasciò custodire. Lui stesso cinse il fianco del padre e sentì il conforto dell’odore di sudore e polvere scendere su di sé come balsamo lieve. La croce svanì lentamente ai suoi occhi, inghiottita dalla sabbia, sferzata dalla tempesta di vento che, dopo l’ultima violenta frustata, placò la sua furia contro il mondo.

(Estratto da Roberto Contu, Il Vangelo secondo il ragazzo, Castelvecchi editore, Roma 2017. Pubblicato in accordo con l’Autore c/o Agenzia Letteraria Kalama. © Lit Edizioni 2017)

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti recenti

Colophon

Direttore

Romano Luperini

Redazione

Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato

Caporedattore

Roberto Contu

Editore

G.B. Palumbo Editore