
Una poesia laminare Su Sonnologie di Lidia Riviello
È arrivato a una certa distanza dal poema, questo Sonnologie di Lidia Riviello (Zona, 2016), e dopo una lunga e laboriosa gestazione. A otto anni dal poematico Neon 80 (Zona, 2008), questa nuova poesia gravita piuttosto nella zona dell’epigramma, dell’iscrizione su lastra, del cut up. Tuttavia lo spazio poematico, «taggato alle spalle», ne è il punto di partenza e, in un certo senso, anche d’arrivo, come una materia che, sottoposta a tagli e deformazioni, si ripresenti nella forma di lamine resilienti.
I singoli versi e le brevi strofe, disposte spesso a scalare, si collocano sulla pagina come lastre che scivolano l’una sull’altra, si toccano o si allontanano (anche per via di non casuali riprese a distanza di versi o sintagmi), disegnando mutanti forme geometriche in un movimento continuo sulla «superficie di un conflitto» (il sonno), specie di corpi solidi affioranti su una materia liquida, iscrizioni di una collettività ridotta a massa informe di sonnambuli eterodiretti «senza conducente», come la macchina progettata da Sebastian Thrun che è in scena (in senso anche teatrale) nella seconda delle tre sezioni del libro.
«Una volta e per sempre fuori dalla lirica» (come si legge nella Nota di Emanuele Zinato), esclusa la centralità dell’io come del tu senza però raggiungere la dimensione collettiva della prima persona plurale né una stabile terza persona, ma sempre oscillando tra le diverse persone grammaticali, questa poesia riesce a dare voce a un’identità indeterminata, a un’umanità ridotta in uno stato indistinto – perché la distinzione è saltata – tra sonno e veglia, ovvero condannata a una veglia permanente e privata di quella risorsa indispensabile che è il sonno, inteso come baluardo della libertà e dell’utopia nell’epoca in cui produzione e consumo occupano per intero il tempo di vita.
È cruciale, come in molta poesia recente (mi viene in mente, tra gli altri, Nel nosocomio di Rosaria Lo Russo), l’attenzione per i luoghi, o meglio i non luoghi: l’«istituto», ambiguo spazio di «addestramento al sonno» che «lascia accese le vetrate» per i suoi «utenti»/«clienti», e la metropolitana, «cavità» notturna dominata dalla «parata dei passeggeri da un tunnel all’altro» e dall’«assenza dell’uomo» «dentro la cabina di guida» di una macchina «senza conducente», una scena che esclude progressivamente l’umano («siamo noi lo spazio / fuori campo»).
Nel montaggio dei singoli testi Riviello ricorre spesso a un’ottica mobile che da una visione d’insieme si sposta su un particolare («questa specie di sonno», «questo trattato»), dove il deittico fa da àncora tanto alle «barche» in cui possono permettersi «un sonno per intero» quanto al controllo del sonno («di questo sonno conservano molte versioni hd, / la programmazione in sala, l’esaltazione dell’insonnia»).
L’ambiguità, costitutiva di ogni poesia, è qui elevata potentemente al quadrato, a significare una situazione in cui i due poli di ogni dialettica si schiacciano l’uno sull’altro, in un perenne «equivoco fra prospettiva e orizzonte d’attesa» e in cui, con la metamorfosi dell’identità, è in movimento e in ridefinizione il linguaggio. Ecco, allora, che dove «il sonno non è assicurato» «il cliente teme un colpo di sonno» e «nell’insonnia, qui nella posa / la post produzione esalta la specie»; d’altra parte – conclude un testo della seconda parte – «se ne vadano al museo la dialettica / e la trattativa di sebastian thrun».
Se il tempo della «posa», intesa come riposo, è aggredito dalla «velocità commerciale», privato della sua funzione naturale, occupato da una «mercanzia onirica» che non lascia scampo, questa poesia di lamine resilienti fa dell’anfibologia e dell’incidente linguistico uno strumento per provare a riformulare lo spazio dell’utopia «sulle superfici di un conflitto»: «si dorme ancora nel mondo».
{module Articoli correlati}
Articoli correlati
No related posts.
-
L’interpretazione e noi
-
Su Ballata di Memmo e del Biondo di Paolo Maccari
-
Giorgio Cesarano e Roberto Roversi, due compagni di strada
-
Il mondo dopo Gaza
-
Biografia e autobiografia
-
-
La scrittura e noi
-
La libertà non negoziabile della scrittura: quattro domande ad Andrea Bajani
-
Figli e padri. Su “Anatomia della battaglia” di Giacomo Sartori
-
Una tovaglia ricamata all’ombra di Pinochet: su “Ho paura torero” di Pedro Lemebel
-
Identità di frontiera e violenza storica. Bambino di Marco Balzano
-
-
La scuola e noi
-
Intelletto e amore: separati in casa?
-
Insegnare a insegnare. Sui paradossi delle scuole di formazione docenti
-
Pascoli, l’indicibile e la classe
-
Come vivere da insegnanti europei
-
-
Il presente e noi
-
Falso movimento di una Cina in trasformazione. Su “Generazione romantica” di Jia Zhange
-
Il divieto degli smartphone alla luce del pensiero di Bernard Stiegler
-
Per Stefano Brugnolo
-
Perché andare a votare ai referendum dell’8 e 9 giugno
-
Commenti recenti
- Giuseppe Mele su Insegnare a insegnare. Sui paradossi delle scuole di formazione docentiBuongiorno a tutte e tutti, che dire: riflessione inappuntabile, scritta da chi conosce l’argomento e…
- Patrizia su Intelletto e amore: separati in casa? la suprema sintesi tra intelletto e amore è letizia perché trascendente e protegge dall eccedere…
- Tommaso N. su Insegnare a insegnare. Sui paradossi delle scuole di formazione docentiD’accordo su tutto, grazie di aver denunciato quanto molti non hanno il coraggio di fare….
- Davide Pedroni su Insegnare a insegnare. Sui paradossi delle scuole di formazione docentiUna riflessione sacrosanta a cui, da tirocinante (pf36cfu), aggiungerei almeno altre due considerazioni di metodo…
- Roberto Gelmi su Identità di frontiera e violenza storica. Bambino di Marco BalzanoQuesto è il terzo libro di Balzano che leggo con piacere, dopo “Resto qui” e…
Colophon
Direttore
Romano Luperini
Redazione
Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato
Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Lascia un commento