Con i fatti di Monaco siamo entrati nella fase del terrorismo surreale.
Surreale è stato il comportamento del terrorista, un ragazzo di 18 anni, disturbato mentale, che non era armato di kalashinov, non aveva cintura esplosiva né bombe ma solo una pistola, e dopo aver ammazzato otto persone è salito allo scoperto, sul tetto di un supermarket, ha passeggiato diversi minuti un po’ nervoso, ma indisturbato, senza destare l’attenzione né degli elicotteri che volteggiavano in alto (ma avevano un’altra missione, è stato detto) né della polizia accorsa dal basso, ha ingaggiato una discussione durata qualche minuto con un abitante della zona che lo ingiuriava da una finestra, e poi si è dileguato, per suicidarsi un paio d’ore dopo a un chilometro di distanza.
Surrealista l’inefficienza per eccesso di efficienza della polizia della seconda città della grande Germania che ha schierato 2500 agenti contro questo ragazzo con la pistola senza riuscire a fermarlo, ha circondato tutta la zona, bloccato il traffico cittadino, stradale e ferroviario, imposto il coprifuoco continuando a credere per molte ore a un attentato terroristico condotto da un commando di tre uomini e ai social che parlavano di terroristi con armi lunghe in fuga (e molto probabilmente si trattava degli stessi agenti in borghese superarmati), senza prendere in considerazione ciò che tutto il mondo stava osservando negli stessi istanti in TV, e cioè il bizzarro (e assai poco conforme alle abitudini terroristiche) scambio di opinioni fra il ragazzo armato e l’abitante della zona.
Il surrealismo ha trionfato perché, come aveva teorizzato al suo apparire nell’arte quasi cent’anni fa, l’immaginazione è andata al potere. È stata l’immaginazione a determinare il comportamento della polizia, la quale si è mossa all’interno di uno scenario previsto e approntato non solo dai recenti fatti di Parigi, Nizza, Bruxelles ma soprattutto dall’immaginario televisivo e “social” che li ha diffusi, creando la paura, alimentando la convinzione universale che il terrorismo islamico stia dilagando dovunque, suscitando previsioni e preconcetti che hanno prevalso sull’esame realistico della situazione e indotto la polizia per ore a scambiare, appunto, le propria immaginazione per la realtà. È stata l’immaginazione a determinare il comportamento omicida del ragazzo, che, per spirito emulativo, come dicono, o piuttosto perché condizionato anche lui dall’immaginazione sollecitata dalle letture e dalle immagini televisive e dei “social” (ne sono state trovate diverse, dell’uno e dell’altro tipo, nella sua abitazione) si è comportato secondo lo scenario che prevede un vendicatore in azione che commette stragi indiscriminate e poi si suicida per non cadere nelle mani della polizia.
Il surrealismo era nato per contestare gli schemi conformistici prevalenti nella realtà. Ora che ha trionfato è diventato questa stessa realtà, tanto che non riusciamo più a distinguerlo da essa. Andando al potere, l’immaginazione è diventata conformismo di massa, che unisce aggressori e aggrediti, polizia e terroristi, alienati mentali e gente comune. Un unico osceno groviglio. Un mondo di allucinazioni e di pregiudizi, di pulsioni oscure e di terrori arcaici, in cui la coscienza e il principio stesso di realtà sembrano essersi offuscati senza rimedio possibile.
NOTA
Fotografia di G. Biscardi
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Editore
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Un articolo surreale
Mi domando, leggendo questo articolo, se anche quando la Protezione Civile si mette in allerta durante un acquazzone (preparandosi per arginare un’alluvione), viga la regola dell’immaginazione surrealista. Un conto è l’analisi del sociale, un altro il giudizio sull’impianto di sicurezza di uno Stato, che legittimamente si deve preparare al peggio. La sua analisi, caro Luperini, per ragioni opposte, vive della stessa immaginazione da lei denunciata, la quale non esita un secondo ad asservire la realtà alla propria e personale idea del mondo.
IL MURO DI MONACO (di A. Fo)
IL MURO DI MONACO
Ciao Romano,
è bello che una persona autorevole come te, particolarmente scossa da questa vicenda, abbia voluto darne un suo inquadramento. Mi permetto di commentare quanto scrivi, perché a me, pur nella ridda di pressapochismi che come sempre in questi casi contraddistingue le informazioni (e specialmente le prime, quelle più a caldo) si è affacciata una lettura diversa dell’intero episodio, che mi permetto di sottoporre a te e agli altri lettori. Questo ragazzo ha apertamente detto di essere stato oggetto di bullismo per 7 (dei suoi 18) anni: e il dato numerico depone a favore di un’indicazione precisa (e sofferta). Un suo compagno pare (vedi i pressapochismi) abbia confermato: “Lo prendevamo sempre in giro, e lui diceva un giorno vi ammazzerò tutti”. Nel corso del famoso diverbio con il tipo del palazzo di fronte, il diciottenne ha dichiarato apertamente che aveva DOVUTO procurarsi una pistola per ammazzarli tutti. Ha cercato di attirare compagni o comunque coetanei sul luogo programmato per il delitto. Venerava quell’altro stragista DI GIOVANI in Norvegia. Ha ammazzato quasi solo RAGAZZI della sua età. Al tizio che ci ha ‘dialogato’ ha urlato quasi con orgoglio – sembra (pressapochismo) – oltre a “Ich bin deutsch” che tutti abbiamo sentito, anche di essere di origini iraniane. Tutto questo mi parrebbe deporre a favore di una situazione maturata così: il figlio di un tassista iraniano in una scuola tedesca, anche se nato lì, basta sia un po’ timido e indifeso, che di ragioni per essere messo in mezzo, bistrattato e ‘bullato’ ne ha parecchie. Lo esasperano, è debole, si sfoga rifugiandosi nel virtuale, incanala la sua rabbia nei videogames violenti, matura una venerazione per quel pazzo che ha ammazzato 77 ragazzi dell’età più o meno dei suoi persecutori, va alla deriva in una personale follia, lo curano come squilibrato (e ormai lo sarà), non migliora anzi si deprime ancora di più, non vede più spazi, decide di dare corso alle vecchie intenzioni e promesse di vendetta, un giorno riesce a rimediare una pistola, sceglie il quinto anniversario della strage norvegese per punire lui pure quelli che sente (a torto oppure no: sarà molto difficile saperlo) come i propri aguzzini, tende una trappola in facebook ai coetanei sperando abbocchino, si piazza lì ad aspettarli. Ne arriva qualcuno, chissà se per caso o perché è cascato nella bufala dei panini gratis promessi dalla ragazza turca, la falsa identità di facebook dietro cui il ragazzo si è nascosto. Magari spera che ne arrivino PRECISAMENTE alcuni altri, ma poi per una ragione o per l’altra decide che è ora di entrare in azione, e spara a quelli che si ritrova lì. Sa già che alla fine sparerà anche se stesso, perché tanto non ha trovato modo di ricavarsi uno spazio. Vuole morire, ma trascinare con sé quelli che ritiene responsabili. Pare (sempre da notizie tv) che su un muro sia comparsa la scritta PERCHE’? A me sembra che i perché siano tutti molto chiari ed evidenti, almeno nella sfera del soggetto (magari avrà preso per bullismo qualche semplice scherzo, chissà, o magari no). E purtroppo ci trovo molto di tragico per tutti e, se c’è qualcosa di surreale, questo qualcosa è a livelli diversi, di corrente realtà quotidiana. I livelli in cui mancano ascolto e accoglienza, ognuno si fa i fatti suoi, e se può mostrarsi superiore agli altri e umiliarli, tanto meglio. Così almeno, in mezzo alla ridda di notizie, comunicati, luoghi comuni e retoriche, mi è parso di capire. Un caro saluto tuo Alessandro
Linke Malinconie
“ Giovedì 30 luglio 1998 – Quest’immaginazione che ha preso il potere trent’anni fa. Mi è sempre sembrata poco fantasiosa. “.
Caro Alessandro
Caro Alessandro. grazie per ll tuo bel commento. Lo condivido in gran parte, perché coglie benissimo il punto di vista soggettivo del ragazzo quale è deducibile dalle notizie apparse in proposito (tutte successive rispetto alla stesura a caldo del mio pezzo). Resta il fatto che quel giovane ha ucciso secondo determinati cliché appresi da fatti recenti avvenuti in Germania e in Norvegia (e non solo a Nizza,Parigi ecc.)..e che surreale è stato soprattutto il comportamento della polizia che a me francamente ha interessato ancor di più: che a obbedire all’immaginazione invece che alla logica dei fatti sia una istituzione pubblica e statale, che dovrebbe rispondere a criteri razionali e scientifici, mi sembra non meno tragico (e forse più storicamente significativo) del gesto disperato di uno psicopatico perseguitato dal bullismo dei compagni di scuola.
Romano Luperini
Vite di scarto
Gentile prof. Luperini, lei osserva che “il surrealismo era nato per contestare gli schemi conformistici prevalenti nella realtà. Ora che ha trionfato è diventato questa stessa realtà, tanto che non riusciamo più a distinguerlo da essa. Andando al potere, l’immaginazione è diventata conformismo di massa, che unisce aggressori e aggrediti, polizia e terroristi, alienati mentali e gente comune. Un unico osceno groviglio.”
Non credo che per le recenti stragi in Europa si possa parlare di immaginazione, bensì di mancanza di alternative, nel caso dei giovani assassini che prestano la loro opera e la loro stessa vita a ideologie di morte; non si tratta – penso – neanche di surrealismo, ma di oculata startegia operata da chi ha interesse a diffondere panico e a sfruttare la paura di massa per progetti politici che vanno ben al di là delle contingenze.
L’immaginazione come strumento propulsivo per l’azione implica un progetto, nasce dal desiderio e dalla capacità di sognare un mondo diverso e migliore, non è distruzione fine a se stessa, è anche ipotesi, elaborazione, proiezione di speranze.
Invece, il giovane omicida di Monaco – come molti altri ragazzi reclutati da Daesh – suggestionato dai social e forse, come tanti, infarcito di nozioni pseudoreligiose, vittima di bullismo e assetato di vendetta è, anzi, stato privato persino della possibilità di immaginare un mondo diverso da quello che il dolore e la sofferenza gli hanno fatto conoscere; ha, quindi, messo in atto il solo linguaggio e le sole modalità di azione che ha conosciuto: minaccia, aggressività, violenza. Dunque non ha avuto il tempo – data la giovane età – e le possibilità culturali – considerata la sua vita di scarto, direbbe Z. Bauman – per immaginare qualcosa di diverso.
Questa è la condizione alla quale sono tristemente condannati – nei Paesi dell’opulenza e dell’espulsione di tutto ciò che è considerato “scarto”, escremento sociale – migliaia di giovani emarginati, ghettizzati, extracomunitari, appunto “extra”, qualcosa al di fuori e di più, qualcosa di cui si potrebbe volentieri fare a meno.
Non si tratta, certo, di costringere l’Occidente ad un eterno senso di colpa per responsabilità storiche di lunga data, però, almeno, si potrebbe fare uno sforzetto – quale altro compito dovrebbero avere gli intellettuali? – verso l’abbattimento dell’abominevole cultura, tutta occidentale, fondata sull’efficientismo, sull’apparenza, sul potere della ricchezza e per converso, sulla demonizzazione di coloro che non sono allineati a tali standard.
Quanto alla polizia, l’incapacità gestionale in situazioni di massima allerta, non direi che possa rientrare nella categoria “immaginazione”, quanto piuttosto, ancora, in una strategica lentezza o voluta approssimazione operativa, volte a non debellare mai radicalmente lo stato di paura: una antica categoria di potere, insomma, un “instrumentum regni” utilizzato in vari momenti storici, mi pare.
Del resto – è cronaca – molte stragi potevano essere evitate, molti criminali erano già noti alle autorità, i siti filoterroristici che affascinano le menti deboli, potrebbero essere oscurati, è atteggiamento tipico degli attuali governi occidentali piangere “post eventum”, proclamare vendette belliche e non far nulla di concreto sul versante economico per indebolire Daesh che da qualcuno viene pur rifornito di armi e denaro per sostenersi e che continua a costituire una speranza di riscatto per gli animi fragili e disperati che l’Occidente rigetta!
Sul surrealismo e sulla immaginazione al potere
Dai vari commenti al mio pezzo vedo che quasi sistematicamente si confonde l’attuale significato di “immaginazione” con quello storico elaborato dal surrealismo(al quale soltanto mi riferivo). L’attuale, ordinario, significato di immaginazione implica, in campo politico, capacità progettuale, utopica e previsionale, quello surrealista il primato delle pulsioni e dell’inconscio e la credenza che pulsioni e inconscio esprimano l’autentico e quindi possano contrastare il razionalismo “strumentale” (come avrebbe detto Adorno) della civiltà capitalistica. Per questa ragione non pochi surrealisti (soprattutto francesi e soprattutto negli anni venti e trenta del Novecento) aderirono al comunismo.
Con il tempo però è successo che il mondo capitalistico ha colonizzato l’inconscio. Ha utilizzato il mondo pulsionale subordinandolo a un immaginario (pubblicitario, televisivo ecc.) dipendente dal (e finalizzato al) consumo, dai miti dell’efficienza e della ricchezza, e ottenendo un vastissimo (e involontario o inconsapevole) consenso di massa: gli attentatori usano gli stessi jeans, le stesse scarpe, gli stessi cellulari delle loro vittime, dipendono dalle stesse marche, alimentano lo stesso mercato. In questo modo l’immaginazione è andata al potere. Ma, come accade all’apprendista stregone, questo immaginario colonizzato può in parte sfuggire di mano ai suoi padroni e gestori: oltre che dalle esigenze del consumo, il mondo delle pulsioni e dell’inconscio è facilmente colonizzabile dalle paure, dai pregiudizi, da un terrore inconsulto e anche dagli stereotipi mitici e arcaici del vendicatore solitario, dell’eroe o degli eroi armati, degli invasori, dello straniero, dei turchi cattivi, e anche dei crociati, degli infedeli, degli apostati …Il rimosso ritorna, ma non è più autentico, alternativo, capace di contestare i modelli conformistici del dominio. Anzi è marchiato a fondo da questi stessi modelli. I fatti di Monaco hanno mostrato che persino l’operato della polizia (che contro ogni evidenza ha continuato per ore a parlare di un attentato effettuato da un commando), oltre a quello del ragazzo con la pistola (certo, uno scarto, ma anche vittima, pure lui, degli stereotipi di cui sopra), ha risposto a pulsioni e pregiudizi irrazionali prodotti dell’immaginazione andata al potere.
Romano Luperini
L’immaginazione all’italiana
“ Domenica 28 ottobre 2007 – “ « Tu lo conosci il tedesco? » « No, ma me lo immagino » “ (Il sorpasso, Dino Risi, 1963) L’immaginazione al potere – all’italiana. “.
Mi piace
Concordo con Alessandro: sono rarissimi gli intellettuali che commentano un episodio di attualità per trarne un senso non effimero (in effetti, sono rarissimi, oggi, gli intellettuali, abbondano solo gli studiosi o gli intrattenitori). È’ una pratica che rimanda ad altri periodi storici. Forse per questo mi è venuto in mente Fortini e la sua profezia riguardo al surrealismo di massa. L’inconscio, le pulsioni, gli automatismi, non sono più praticabili in funzione protestataria o eversiva. E dunque? Si tratta di rivedere le nostre categorie, di rovesciarle, se necessario. Eversivo ormai è l’esercizio logico e razionale del pensiero, certo segnato da tutti i limiti e le aberrazioni della ragione borghese, ma capace di incorporare anche gli anticorpi necessari a metterla in discussione. E rivoluzionaria e’ (fortinianamente) la forma (non più l’informale), ovvero la capacità di articolare la propria soggettività in modo oggettivato e coerente, strutturato in un disegno. Fondamentale in questo è il ruolo della formazione scolastica e universitaria, il solo luogo dove, forse,di tutto questo si può avere sentore, si tratti si consecutio temporum o di analisi matematica. Altra strada, al di fuori di questo duro, quotidiano cimento, non credo ci sia. Sennò restano solo i social. Vorrei poter dire che questo articolo mi è piaciuto, ma purtroppo (?) non sono su Facebook.
Anna