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diretto da Romano Luperini

Esercizio di svolgimento della Prima prova d’Esame: Tipologia A, Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo

Tra le tante polemiche che come ogni anno infuriano sulle tracce della Prima prova dell’Esame di Stato – tracce brutte belle facili difficili – una delle più ricorrenti quando i testi proposti per la tipologia A scavallano gli anni ‘20 del Novecento è “ma nessuno arriva a fare l’autore x o l’opera y!”.

Ora, il DPR 323/1998, che ha riformato l’Esame di Stato introducendo anche le tipologie testuali in luogo del tradizionale “tema”, all’art.4 stabilisce che “La prima prova scritta è intesa ad accertare la padronanza della lingua italiana o della lingua nella quale si svolge l’insegnamento, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato, consentendo la libera espressione della personale creatività; essa consiste nella produzione di uno scritto scelto dal candidato tra più proposte di varie tipologie “: non si fa dunque riferimento a specifiche conoscenze letterarie necessarie per lo svolgimento della prova. Il Quadro di Riferimento della Prima prova, del 26 novembre 2018, a proposito della specifica tipologia A afferma: “Nell’analisi di un testo letterario, sono in primo piano la comprensione degli snodi testuali e dei significati e la capacità di interpretare e far “parlare il testo” oltre il suo significato letterale; il testo andrà messo in relazione con l’esperienza formativa e personale dello studente e collocato in un orizzonte storico e culturale più ampio”; neanche in questo caso, quindi, è richiesta la conoscenza di particolari autori, opere o correnti.

Nessuno nega che la comprensione di un testo letterario sia più completa, precisa e profonda quando lo si possa ricollegare al contesto storico-culturale e alla poetica e allo stile dell’autore – altrimenti, non avrebbe senso lo studio della letteratura così come impostato tradizionalmente nel triennio superiore – ma nel corso dell’intero quinquennio (e, direi, anche del ciclo precedente), con la guida dell’insegnante e immerso nella comunità di pratica interpretativa della classe, lo studente secondo le Indicazioni nazionali per i licei, «acquisisce un metodo specifico di lavoro, impadronendosi via via degli strumenti indispensabili per l’interpretazione dei testi: l’analisi linguistica, stilistica, retorica; l’intertestualità e la relazione fra temi e generi letterari; l’incidenza della stratificazione di letture diverse nel tempo […]; matura un’autonoma capacità di interpretare e commentare testi in prosa e in versi, di porre loro domande personali e paragonare esperienze distanti con esperienze presenti nell’oggi». Anche lo studente di un Istituto tecnico o professionale, come indicato nelle Linee guida, al termine del quinto anno è in grado di «individuare i caratteri specifici di un testo letterario, scientifico, tecnico, storico, critico ed artistico; contestualizzare testi e opere letterarie, artistiche e scientifiche di differenti epoche e realtà territoriali in rapporto alla tradizione culturale italiana e di altri popoli; formulare un motivato giudizio critico su un testo letterario anche mettendolo in relazione alle esperienze personali».

Perciò, indipendentemente dal tipo di percorso di studi, tutti i candidati dovrebbero avere, nella propria “cassetta degli attrezzi”, gli strumenti necessari, già sperimentati, consolidati e affinati su numerosi altri testi letterari, per affrontare in autonomia un testo non noto. Le famose “competenze”, insomma.

Allora, proviamo ad indossare i panni di un ipotetico candidato o candidata che, pur non avendo affrontato in classe lo studio di Salvatore Quasimodo e della sua produzione poetica, confidando nelle proprie capacità analitiche e interpretative, decida di misurarsi con lo svolgimento della traccia A1, l’analisi ed interpretazione della poesia Alla nuova luna (la traccia della prova, qui) e proviamo non tanto a scrivere la prima parte della prova (Comprensione e analisi), quanto a porci le domande e fare il tipo di ragionamento che uno studente ormai “esperto” dovrebbe essere in grado di formulare di fronte ad un testo letterario.

Fase preliminare

1) Leggiamo con attenzione, almeno un paio di volte, non solo il componimento, ma anche il cappello introduttivo posposto al testo, che ci aiuta a contestualizzarlo, e le domande di Comprensione e analisi e Interpretazione.

2) Controlliamo sul dizionario il significato di eventuali termini poco chiari o di uso meno comune, non solo quelli presenti nel componimento, ma anche nelle domande – soprattutto se queste ci chiedono di spiegarli (ad esempio “luminari”, “perseveranza”, “laica”, “liturgico”, “amen”).

3) Proviamo ad istituire un nesso tra il titolo, il contenuto informativo del componimento e il contesto che emerge dalla breve introduzione: è abbastanza chiaro che “la nuova luna” sia il satellite Sputnik I, che va ad affiancarsi alla “vecchia luna”, quella creata da Dio secondo il racconto biblico a cui allude la prima strofa; il satellite russo è solo il primo dei “luminari” che l’uomo collocherà in cielo accanto agli astri.

Domanda 1

1) La domanda mette insieme due questioni che andrebbero distinte: contenuto e metrica.

2) Partiamo dal “contenuto”. Generalmente, in un componimento poetico è possibile distinguere argomento (o referente, cioè l’elemento concreto di cui parla il testo) e tema (il motivo di fondo, l’idea centrale del testo): poiché per evincere il tema è spesso necessario un lavoro di analisi più approfondita, immaginiamo che la domanda ci chieda di individuare l’argomento del testo.

3) La lettura attenta della poesia e del cappello introduttivo ci permettono di affermare che il testo è ispirato al lancio, nell’ottobre del 1957, del satellite sovietico Sputnik, creazione umana che va ad affiancarsi in cielo agli astri creati da Dio; se conosciamo il concetto di “poesia d’occasione”, sarà opportuno usarlo.

4) Ed eccoci all’analisi metrica, che spesso spaventa anche gli studenti più preparati. Basta un’occhiata alla mise en page (il layout) del testo per accorgersi che il testo è diviso in due strofe di lunghezza diversa e che anche la lunghezza dei versi è varia (possiamo fare un controllo ulteriore, contando le sillabe del verso più lungo, di quello più corto e di uno “medio”); è evidente anche alla lettura più superficiale che non ci siano rime. Possiamo quindi limitarci a dire che il testo è composto da versi di lunghezza irregolare, senza uno schema fisso di rime, ma dovremmo avere tra le nostre conoscenze di base quella del “verso libero”, tipicamente novecentesco, e magari potremmo riuscire ad individuare qualche strategia iterativa (la catafora “cielo”, ai vv. 1 e 3; “giorno” ai vv. 2 e 4) e qualche assonanza o consonanza (frequente la la ripetizione delle sillabe “mo” e “no”, ma soprattutto la coppia “somiglianza”/”intelligenza” ai vv. 6 e 8) che danno un minimo di ritmo ad un andamento altrimenti estremamente prosastico e colloquiale.

5) Se proprio fossimo dei fini metricisti (ma non è richiesto a nessuno) potremmo osservare che la prima strofa ha un andamento molto più regolare e “tradizionale” (una quartina di endecasillabi e novenari), quello della seconda è invece pienamente libero: se siamo così bravi da individuare questa differenza, chiediamoci se sia possibile collegarla a qualche altra differenza (semantica, tematica…) tra le due strofe, perché potrebbe tornare utile in qualche domanda successiva.

Domanda 2

1) Il testo della domanda è già molto guidato: ci viene infatti detto che le due strofe corrispondono a due “tempi narrativi” e che ci sono termini-chiave ripetuti, di cui ci viene chiesto il significato.

2) Non spaventiamoci di fronte ad espressioni come “tempi del discorso poetico” e “andamento narrativo” e cerchiamo di chiarirle: significano che la poesia racconta qualcosa (“andamento narrativo”) e che questo qualcosa è articolato, diviso, in due momenti diversi (“tempi del discorso”) che corrispondono alle due strofe. Rileggiamo ancora una volta la poesia e sarà semplice, a questo punto, individuare i riferimenti temporali, che aprono – entrambi – le strofe: la prima racconta la creazione degli astri durante la Genesi (“In principio”, v. 1); la seconda il lancio dei satelliti all’epoca in cui il testo è stato scritto (“Dopo miliardi di anni”, v. 5).

3) A questo punto osserviamo i termini ripetuti in entrambe le strofe: sono “cielo” (vv. 2-4 e 9), “mise” e “luminari” (vv. 3 e 11), il verbo “riposare” (vv. 4 e 8) e “creò”/”creazione” che aprono e chiudono la poesia ai vv. 1 e 13. Se colleghiamo queste ripetizioni al differente contenuto narrativo della due strofe, sarà facile capire che il poeta istituisce un parallelo tra la creazione divina dei “luminari” naturali (il sole, la luna, le stelle…), posti nel cielo, e quella, umana, del nuovo “luminare”, della “nuova luna” di cui parla il titolo: i satelliti artificiali – anch’essi collocati in cielo.

4) Proviamo ad approfondire la riflessione: che cosa rende simili le due distinte creazioni che abbiamo individuato? Sarà importante soffermarsi sul verso “fatto a sua immagine e somiglianza”, e associarlo al verbo “creare”… ecco che l’analogia tra il Dio creatore e l’uomo, simile a Dio, che crea a sua volta, sarà piuttosto immediata.

5) Passiamo ora alle eventuali differenze tra l’azione umana e quella divina: ci viene in soccorso l’unica parola ripetuta nelle due strofe che non abbiamo inserito nella riflessione precedente, “riposare”: se Dio, nel racconto della Genesi, riposa il settimo giorno, l’uomo non lo fa. Starà a noi provare a chiederci per quale motivo: per fretta? per brama di conoscenza? perché l’uomo è instancabile? Se abbiamo preliminarmente letto tutte le domande, sappiamo già che quella successiva ci darà una mano a risolvere il dubbio…

Domanda 3

1) La formulazione della domanda, che definisce l’uomo “creatore” dovrebbe confermare la bontà della nostra riflessione precedente; o, meglio: sarà stata probabilmente la lettura preliminare delle domande a indicarci di far attenzione a questo termine.

2) Riprendiamo dunque il filo del ragionamento: anche in questo caso la domanda è estremamente guidata e ci chiede semplicemente di individuare e commentare le espressioni che connotano la perseveranza e il coraggio della creazione umana.

3) Abbiamo già individuato la prima espressione, “senza riposare”; la seconda è chiaramente “senza timore” (l’anafora dell’avverbio “senza” ce lo conferma).

4) Chiediamoci a questo punto perché l’uomo non riposi e non abbia paura: alcune parole-chiave del cappello introduttivo e delle domande (anche di quella di Interpretazione e produzione) ci aiuteranno a mettere a fuoco il tema del rapporto tra uomo e scienza, del progresso scientifico-tecnologico e della brama di conoscenza; facendo appello alle nostre conoscenze potremo richiamarci alla concezione di un progresso lineare, continuo e progressivo, diffusa a partire dall’Illuminismo, all’inarrestabile corsa verso l’innovazione degli ultimi due secoli. Se abbiamo nel nostro bagaglio culturale il concetto di “atteggiamento prometeico”, è questo il momento giusto per sfoderarlo.

5) Resta da vedere perché l’uomo sia “senza paura”: senza paura di cosa? Del fallimento, probabilmente, ma anche della punizione divina che colpisce coloro che sfidano i limiti imposti all’uomo dal disegno divino – pensiamo, ad esempio all’episodio biblico della torre di Babele o al “folle volo” di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno. Se abbiamo enucleato questo concetto, siamo pronti a passare al quesito successivo.

Domanda 4

1) Ed infatti, la quarta domanda ci chiede di riflettere sull’espressione “intelligenza laica” e sul rapporto tra creazione divina e scienza, indirizzandoci già – ancora una volta – verso la risposta.

2) Ricontrolliamo sul dizionario il significato dell’aggettivo “laico”, qui sicuramente da intendersi nell’accezione di «autonomo dalle istituzioni religiose; non ispirato da una fede» (Sabatini-Coletti).

3) Ed ecco l’ultimo tassello della nostra interpretazione: l’uomo moderno, che non confida più in un ordine del mondo regolato da norme metafisiche, attraverso la scienza si innalza al pari di Dio e, anzi, ne sfida le leggi divine proprio utilizzando quello strumento, l’intelligenza, che lo rende simile al suo Creatore. Esplicitato questo concetto, è ora di avviarsi alla conclusione.

Domanda 5

1) Anche in questo caso, la domanda contiene già una parte della risposta, ovvero l’affermazione che la poesia abbia un andamento liturgico – ricontrolliamo il termine sul dizionario, se serve.

2) Confermiamo lo stimolo della traccia richiamando la prima strofa, ispirata direttamente, come abbiamo già detto, al racconto biblico, di cui riporta alcune frasi (“In principio Dio creò il cielo / e la terra… / e al settimo giorno si riposò”), così come l’espressione “fatto a sua immagine e somiglianza”; probabilmente, in cinque anni, avremo sentito parlare di “composizione ad anello” o “Ringkomposition”: usiamo utilmente questa nozione.

3) La parola “Amen”, dunque, chiude coerentemente un componimento in cui i riferimenti religiosi sono fittissimi. Ma quale sfumatura ha il termine? Anche in questo caso, è il dizionario a darci una mano, perché ne registra l’uso esteso come «espressione di rassegnazione, accettazione col valore di “va bene, sia pure”»: ecco allora chiarito l’atteggiamento del poeta nei confronti della rapida ed inarrestabile corsa del genere umano, ormai privo di qualunque vincolo e timore metafisico, verso il progresso scientifico-tecnologico.

Siamo pronti, a questo punto, ad allacciare queste ultime nostre osservazioni alle riflessioni che ci saprà suggerire la proposta di Interpretazione.

Come si è visto, per ragionare sulle domande di comprensione ed analisi e rispondervi in modo adeguato non abbiamo dovuto fare ricorso ad alcuna conoscenza specifica né su Salvatore Quasimodo né sulla sua opera poetica. Abbiamo ovviamente utilizzato alcune conoscenze “tecniche” sulla struttura di un testo poetico (strofe, verso libero, alcune semplici strategie retorico-compositive) che dovrebbero far parte, appunto, di quel bagaglio di attrezzi imprescindibili in possesso di tutti gli studenti alla fine del loro percorso di studi.

Piuttosto, per comprendere appieno il senso del testo, abbiamo dovuto fare ricorso alla nostra enciclopedia di cultura generale: un minimo di storia del pensiero scientifico-filosofico, una conoscenza di base della Genesi, il ricordo di alcuni passi notissimi della letteratura italiana – Dante, ad esempio – che non ci sono serviti come riferimento diretto o citazione, ma per un rapido confronto mentale, per somiglianze o differenze, che ci aiutasse a capire se stavamo andando nella giusta direzione: ciò conferma che più si legge più si diventa lettori esperti, capaci di “andare a fondo” di un testo e di “farlo parlare” proprio grazie alla continua comparazione con altri testi. Sarà proprio a questa enciclopedia, alla nostra biblioteca di letture e – questa volta sì – alle nostre specifiche conoscenze artistico-letterarie, storiche, filosofiche che dovremo attingere per svolgere adeguatamente la traccia di interpretazione e produzione, che può apparire molto aperta ma che invece nasconde qualche insidia: non ci chiede infatti di riflettere solo, in modo generico, sul tema del progresso scientifico-tecnologico, ma – più nello specifico – sulle «responsabilità della scienza nella costruzione del futuro dell’umanità»; se possiamo infatti riportare alla mente con una certa facilità conoscenze generalmente in possesso a chi arriva a sedersi al banco il giorno della Prima prova (le prime che probabilmente verranno in mente allo studente medio: Frankenstein di Mary Shelley, l’ultima pagina della Coscienza di Zeno) potrebbe non essere semplicissimo individuare testi letterari ed opere d’arte che ci permettano di approfondire la seconda parte della consegna.

È per questo motivo che chi scrive raccomanda sempre alle proprie classi di scegliere la tipologia A non tanto sulla base della conoscenza o meno dell’autore o del testo proposto (anzi, per tutto il quinto anno inserisco in verifica solo testi di autori non noti), quanto sulla ricchezza dei riferimenti culturali che si possono mettere in campo – o meglio, sul foglio – per svolgere bene la traccia di interpretazione e produzione: è in questa parte della prova che si misurerà davvero la conoscenza della disciplina e non – come si spera di aver concretamente dimostrato – nella parte di comprensione e analisi, che è davvero sempre, e quest’anno in modo particolare, alla portata di tutti e tutte, indipendentemente dalla presenza dell’autore tra i contenuti svolti indicati dal docente nel Documento del 15 maggio.

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