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diretto da Romano Luperini

Leggere classici per ragazzi: Il giro del mondo in ottanta giorni

Premessa

Tra tutte le operazioni preliminari alla progettazione di un’attività didattica, di un percorso, alla somministrazione di un qualsiasi input, la selezione dei libri di lettura, e in particolare di quelli di cui si prevede una lettura in autonomia da parte degli studenti, richiede un’attenzione particolare. Più sono giovani gli studenti e più è delicata la scelta, perché il loro gusto di lettori è ancora in formazione e ancora di più perché non è detto che quei ragazzi e quelle ragazze nel loro percorso scolastico e di vita continueranno a leggere. Spesso l’insidia della scelta per il docente non è rappresentata dal libro in sé, a meno di non affidarsi del tutto al caso e all’improvvisazione, quanto piuttosto dalla motivazione che la determina. Solo per fare un esempio: assegnare Le confessioni di un italiano come lettura mensile autonoma a una studentessa di seconda liceo può essere un vero e proprio azzardo. E se è vero che il docente talvolta evita a sé stesso in partenza il rischio di osare (per paura di fallire, per timore che la scelta non sia compresa e via dicendo), dall’altro lato è vero anche che per osare occorre lungimiranza. L’azzardo di una scelta non ponderata infatti rischia di avere conseguenze più serie di quelle che si potrebbe immaginare. Il capolavoro di Nievo, assegnato a una studentessa per il solo fatto di essere brillante (dirsi cioè che siccome è brava certamente è in grado di leggerlo e che siccome è diligente certamente lo leggerà, anche se magari con fatica), oltre a rappresentare una motivazione debole, difficilmente (anche se non è detto) produrrà l’effetto sperato. Dall’altro lato non è nemmeno accettabile che la selezione sia guidata esclusivamente da ciò che si presume possa intercettare il gusto e il favore degli studenti.

Tuttavia qui non intendo riferirmi alla selezione delle opere di letteratura che tradizionalmente rientrano o possono rientrare nel canone scolastico (e che soprattutto per i docenti del triennio delle superiori si tirano dietro il noto bagaglio di angosce, rimpianti e aporie insolubili), ma alle letture che vengono sollecitate o proposte negli anni della scuola secondaria di primo grado e che spesso sono portatrici di preoccupazioni di intensità non minore di quelle che i docenti vivono al triennio. La letteratura per ragazzi, infatti, è un mare sterminato nel quale nessuna università insegna a navigare, a meno di non seguire percorsi specifici. Soprattutto, riuscire a trovare in questo mare i testi che varrebbe la pena proporre in classe può essere un’impresa e proprio per questo sarebbero quanto mai opportune selezioni ragionate da parte di chi la letteratura per ragazzi la conosce a fondo e la studia. Una delle strade percorribili, che non è certamente la sola, non esaustiva e magari nemmeno la migliore, ma che consente quanto meno al docente di ottimizzare i tempi, è quella di recuperare, anche con continuità, i testi annoverati tradizionalmente tra i classici della letteratura per ragazzi (e che tra l’altro possono rappresentare delle letture o riletture non scadenti anche per gli adulti), testi che anche per i docenti molto spesso sono relegati in un cassetto della loro memoria di lettori in erba. Come accennato, l’operazione presenta insidie e vantaggi che possono essere illustrati attraverso la riflessione su un testo emblematico rispetto al quadro delle questioni cui si intende accennare, ossia Il giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne.

 Lingua, letteratura e traduzioni

Se è vero com’è vero che lo specifico della letteratura passa attraverso il trattamento della lingua, la scelta di letture di autori stranieri pone da questo punto di vista un problema preliminare persino più complesso rispetto alla scelta di opere di autori in lingua italiana. Il rischio infatti è quello di confrontarsi con traduzioni semplificatorie e che soprattutto normalizzano il tasso di letterarietà (laddove presente) dell’opera originale, anche se ovviamente la scelta di un testo in italiano non mette di per sé al riparo da questo pericolo (quello di un uso non letterario della lingua). Senza entrare nel merito di questioni anche specialistiche che riguardano i traduttori, basterà accennare a titolo di esempio alle polemiche che hanno accompagnato l’ultima traduzione di un testo di alta letteratura, Il Signore degli Anelli. Data la sua notorietà e soprattutto l’attaccamento dei fan, in questo caso le riflessioni hanno travalicato il campo degli addetti ai lavori e coinvolto le comunità dei lettori, che spesso hanno affrontato la questione, non senza competenza, con articoli e interventi su siti dedicati. Toccare la storica traduzione Alliata del capolavoro di Tolkien infatti significa non solo compiere un’operazione editoriale ma interferire con un immaginario profondamente consolidato e che passa moltissimo attraverso la fissazione dell’onomastica e della toponomastica, per cui in casi come questo il cambio di paradigma proposto da una traduzione non può passare inosservato. Malumori analoghi, seppure per motivi in parte diversi, sono sorti ad esempio anche per le più recenti traduzioni della saga di Harry Potter, profondamente radicata nell’immaginario degli adolescenti. Anche se il tema della traduzione arriva solo in questi casi alla soglia della consapevolezza dei lettori, ciò non significa che il problema non si ponga anche in tutti gli altri casi e che soprattutto il docente non debba esserne consapevole e affrontarlo al momento della scelta, che dovrebbe riguardare quindi tanto il libro quanto la traduzione (anche se ormai la scelta rischia di essere imposta dal mercato). Anche dei libri di Verne, autore non semplice, esistono traduzioni che restituiscono una lingua non facilmente accessibile oggi per alunni della secondaria di primo grado, per uso di figure retoriche e lessico specialistico, e che potrebbero seriamente comprometterne la lettura autonoma. La scelta dell’edizione quindi dipende molto dalla modalità di lettura che si vuole proporre alla classe e certamente per una lettura mediata dall’insegnante è preferibile la traduzione che meno concede (ma non gratuitamente) alla lingua d’uso, a patto di trovarla disponibile. Se però si vuole assegnare la lettura in autonomia, allora si potrebbe optare per una soluzione di compromesso. Solo a titolo di esempio, l’edizione de Il giro del mondo in ottanta giorni per la collana dei classici per ragazzi de “Il Battello a Vapore” propone una traduzione certamente temperata ma che non rinuncia ad alcuni tratti peculiari della scrittura di Verne, come l’ampio impiego di tecnicismi, in questo caso marinareschi, avvalendosi oltre che di illustrazioni, anche di un apparato di didascalie e disegni che consente la decodifica di contenuti enciclopedici non facilmente accessibili.

Un’attività estremamente interessante e istruttiva sul piano didattico è poi il confronto tra due traduzioni della stessa opera, una a più alto tasso di letterarietà e l’altra più accessibile: l’occasione per mostrare cosa si perde e cosa si guadagna dalla scomparsa di una metafora, dalla sostituzione di un aggettivo o da una certa collocazione dei costituenti della frase.

Liberare il testo

In uno dei più celebri cartoni animati degli anni Ottanta, in cui Phileas Fogg compare con sembianze leonine come Willy Fogg, i protagonisti compiono una parte del loro percorso in mongolfiera, così come si ritrova la mongolfiera in alcune versioni cinematografiche e sulle copertine di edizioni anche recenti del libro. Eppure nel testo di Verne la mongolfiera, spettacolare invenzione contemporanea, non viene mai utilizzata dai personaggi ma solo allusa. In uno dei tanti momenti in cui la possibilità di portare a termine l’impresa sembra del tutto compromessa, Fogg riflette sul fatto che certamente attraversare l’Oceano Atlantico in volo gli avrebbe consentito di arrivare in tempo per vincere la scommessa, ma aggiunge che un viaggio in mongolfiera sarebbe stato in definitiva troppo avventuroso, e forse sarebbe stato troppo avventuroso anche per Verne rinunciare a quella che in questo testo appare una precondizione della scrittura stessa, ossia la preoccupazione della verosimiglianza. Anna Lavatelli, autrice dell’introduzione alla già citata edizione del libro per la collana de “Il Battello a Vapore”, ci riferisce a un certo punto della signora Nellie Bly, la quale nel 1889 intraprese per il suo giornale un giro del mondo in settantadue giorni, proprio sulla scorta del libro di Verne. Al contrario di altri viaggi narrati da Verne, dunque, era possibile raccontare il giro del mondo come un viaggio plausibile, a patto però di non barare sul reale potenziale dei mezzi di trasporto per come si presentavano all’epoca. Semmai una parziale deroga alla verosimiglianza si registra nel racconto delle sezioni più avventurose (burrasche, incidenti e quant’altro). Dare fiducia a uno dei testi più celebri di questo autore, decidere di leggerlo o farlo leggere, quindi, significa anche liberarlo dai sedimenti accumulati in un secolo e mezzo di storia non solo editoriale: alle edizioni in lingua originale e alle traduzioni si aggiungono infatti adattamenti cinematografici, film di animazione, opere derivate. Perfino videogiochi. Insomma, tutta una produzione che certamente ha contribuito al consolidarsi di un immaginario ma non necessariamente alla conoscenza del testo e della cultura di un momento cruciale della storia dell’Occidente. Di qui infatti passa anche la restituzione fedele del rapporto tra uomo e tecnica, che caratterizza la seconda metà dell’Ottocento.

 Altre ricadute didattiche

Altre ragioni per cui Il giro del mondo in ottanta giorni può essere una valida lettura per i ragazzi delle scuole medie è data dall’insieme dei temi di grande rilievo dal punto di vista geostorico. Già di per sé il viaggio attraverso il globo consente di recuperare contenuti generali: ragionare sul planisfero, che può essere una nozione ancora poco chiara in seconda media, spiegare il meccanismo del fuso orario, poiché è proprio il mancato cambio di data che consente a Fogg di vincere la scommessa, guadagnando un giorno rispetto a Londra (la linea del cambio di data venne istituita nel 1884, l’opera è del 1873). Non solo. L’India sotto il governo britannico; la pratica indù della sati, combattuta dagli inglesi; la diffusione dell’oppio tra la popolazione cinese dolosamente favorita dagli interessi economici inglesi. Durante il passaggio in terra americana, inoltre, l’assalto al treno da parte degli indiani, nella misura in cui è narrato dal punto di vista dei viaggiatori occidentali, consente di riflettere sulle dinamiche della colonizzazione e di porre il tema del genocidio dei nativi d’America e di come questo sia stato occultato da una rappresentazione che giunge ben oltre Verne. Il libro offre poi la possibilità di ampie escursioni nei porti dell’epoca e sulle imbarcazioni, che compaiono in abbondanza, dalle barche a vela ai piroscafi, dalle golette ai mercantili. E poi il macrotema che nella struttura del libro tutti questi include: le innovazioni tecnologiche della seconda metà del XIX secolo e il loro impatto sulla vita delle persone. Si tratta di contenuti che nella classe terza della secondaria di primo grado vengono affrontati esplicitamente in storia e/ o in geografia, rispetto ai quali un’anticipazione attraverso la lettura del libro (il genere d’avventura si tratta generalmente sul finire della prima media) può concorrere alla definizione dei prerequisiti di accesso. Oppure un’altra strada può essere quella di inserire Verne in terza media, come antesignano della fantascienza, e strutturare percorsi in parallelo a partire da testi diversi, uno che consenta di affrontare temi di geostoria e l’altro che si sviluppi verso la fantascienza vera e propria, traghettando gli studenti in direzione di opere più recenti.

 Ancora sulla letterarietà: il trattamento dei personaggi

Sul piano strettamente narrativo, e segnatamente rispetto alla caratterizzazione dei personaggi, il testo può sembrare non esente dai limiti che spesso si riscontrano in certa narrativa, non solo per ragazzi. È nota infatti la classificazione che in base a specifiche caratteristiche accomuna la narrativa per ragazzi e una serie di altri generi (il giallo, la fantascienza, il romanzo rosa, il fumetto eccetera) nella cosiddetta categoria della paraletteratura[1], proprio sulla base della prevalenza che in queste produzioni viene accordata ai meccanismi di domanda/ offerta sull’originalità espressiva, con conseguenze (tra le altre) sulla tipizzazione dei personaggi.

Vediamo dunque, a titolo d’esempio, come sono trattati alcuni personaggi ne Il giro del mondo in ottanta giorni, quanto e se sono accuratamente delineati oltre l’impressione di superficie che se ne potrebbe ricavare.

Il personaggio di Mrs Adua, nel suo tragitto dalla pira su cui doveva essere bruciata fino a Londra, in sostanza interviene pochissimo nel racconto. Tuttavia a uno sguardo più attento va notato che questo è in parte funzionale anche alla resa stessa del personaggio, segnato dalle circostanze della sua biografia. Questa sua collocazione sullo sfondo, inoltre, dove sta senza cedimenti nonostante l’eccezionalità e la pericolosità degli eventi, può essere indice non solo di remissività ma anche di forza interiore. E infatti a lei in definitiva Verne riserva la felice conclusione della storia, poiché dall’accettazione della sua proposta di matrimonio da parte di Fogg, proposta in cui la donna gioca quindi una parte molto attiva, deriva la scoperta dell’errore causato dal mancato cambio di data. Insomma, la presenza costante e silenziosa di Mrs Adua durante tutto il racconto agisce in modo silente sulla storia, fino a determinarne, seppure inconsapevolmente, gli esiti.

Quanto a Fogg, il personaggio esprime esplicitamente e programmaticamente la quintessenza dello stile di vita inglese (del gentleman inglese), e vale anche come metafora di razionalità. Ma la sua tipizzazione, anche nei momenti in cui Verne indugia apertamente su tratti stereotipati, è talmente insistita e esibita che non è certo imputabile a inconsapevolezza, ma anzi è studiatamente costruita in funzione della resa di una ironia sottile, che non è tanto del personaggio, quanto di Verne rispetto al sistema simbolico di cui i suoi personaggi sono portatori. Inoltre, anche in questo caso, l’impassibilità di Fogg, che sembra coprire una certa mancanza di approfondimento psicologico, funziona soprattutto come elemento che mantiene attivo un alone di mistero sul personaggio, anche oltre la conclusione della storia. Costantemente muove interrogativi (come sarà diventato così? ma come è possibile che sia così impassibile? eccetera) che alludono a un prima della vita del personaggio di cui Verne ci mostra esplicitamente l’esistenza solo verso la conclusione, prima quando Fogg si impadronisce piratescamente dell’Henrietta durante la traversata dell’Atlantico, e poi quando colpisce al volto l’ispettore Fix con un pugno, dopo essere stato liberato dall’arresto, una volta giunto in Inghilterra. Verne ci fa capire e ci dice che certamente Fogg in un passato indeterminato è stato un lupo di mare e un uomo che conosce le zuffe (e chissà, chissà come avrà accumulato la sua ricchezza, e chissà cos’altro, quindi… altro che perfetto gentleman…), ma non rivela altro, lasciando spazio all’immaginazione del lettore senza saturare la sua fantasia con inutili riempimenti informativi. E si noti anche la caratterizzazione linguistica di Fogg: frasi minime, essenziali, lessico preciso. Al contrario, del groviglio di intenzioni, di emozioni e di pensieri di Passepartout, che è il personaggio in controcanto di Fogg, Verne ci rende conto costantemente. Nonostante i buoni propositi dichiarati a sé stesso, Passepartout — il francese, fantasioso Passepartout —  si ritrova sempre in situazioni non previste e soprattutto equivoche: non a caso il suo rapporto con Fix è costantemente dominato dall’ambiguità, circostanza che rende gustosissima la dinamica tra i due e in particolare quella specie di gioco delle parti che conduce poi alla sua comprensione della vera identità di Fix.

 Conclusioni

Se Il giro del mondo in ottanta giorni può essere considerato un caso emblematico per i motivi sopra esposti, allora si può forse ragionevolmente concludere che l’insieme dei classici della letteratura per ragazzi (spesso non nati con questa vocazione) rappresenta ancora un patrimonio affidabile e ricchissimo di sollecitazioni didattiche, il cui tasso di letterarietà, invece di essere motivo di esclusione dalla lettura, dovrebbe essere prima ragione di inclusione. Dall’altro lato è assolutamente necessario esplorare la produzione contemporanea della narrativa per ragazzi, ma ciò va fatto in modo ragionato, avendo a disposizione strumenti che possano consentire ai docenti di muoversi autonomamente nei loro percorsi di ricerca e nelle scelte, sulla base di valutazioni criticamente fondate, proprio come accade per la letteratura alta, senza doversi costantemente arrabattare, ripiegando su scelte estemporanee, oppure occasionalmente suggerite da questo o quello, per quanto magari anche fondatamente.


[1] Cfr. Lucia Rodler, I termini fondamentali della critica letteraria, 2004, Bruno Mondadori, Milano.

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