Il Responsabile e il Dissidente. Dialogo tragicomico sulla mutazione dell’università
Un Direttore di un Dipartimento di Scienze Umanistiche introduce il Consiglio on line più o meno così: “Colleghe e colleghi, tra i punti all’ordine del giorno del consiglio di oggi c’è la questione dei nuovi BBDG (Bandi Blitz Digital and Green) e l’incontro con il Responsabile del TTM (Tecnologica e Terze Missioni) dell’Ateneo. Tutti voi che da casa seguite su Zoom avrete modo di far domande alzando l’apposita manina gialla. Il Responsabile vi presenterà le linee guida per accedere ai nuovi Superfinanziamenti. È un’occasione importante perché dalla prossima tornata la call arriverà automaticamente via mail e l’adesione si farà entro 24 ore all’ emissione dei BBDG. Stavolta, invece, non solo disponiamo di 12 ore in più per scrivere i progetti ma anche di un esperto che ci potrà spiegare di persona la ratio del nuovo sistema di finanziamento della ricerca. A lei la parola e grazie della sua cortese disponibilità”.
Responsabile: Sono venuto in pace!(sogghigna, alzando il palmo delle mani, come un messaggero dello spazio). Sono qui, in un ecosistema umanistico tradizionale, per salutare assieme a voi con un bel “ciaone” un vecchio pregiudizio novecentesco: con i nuovi BBDG non solo le aree tecniche e scientifiche della nostra università ma anche quelle umanistiche, dunque i Dipartimenti che si occupano della creatività, dell’intrattenimento, dell’immagine del prodotto, potranno avere l’opportunità di partecipare al GPI (Grande Processo dell’Innovazione). Siete invitati, tutte e tutti, a presentare i vostri progetti conformandoli alle nuove linee guida LSD, (LabStartupDigital), la struttura ponte del nostro Ateneo con il mondo delle aziende. La scadenza per la partecipazione, in questa prima tornata, è fissata per dopodomani a mezzogiorno: i tempi sono abbastanza stretti ma il processo di inserimento dei progetti nel sistema è molto intuitivo. E, del resto, si tratta di otto milioni di euro…
Cliccando su “Voglio Partecipare” il docente si trova davanti alla scelta fra tre macroaree, contrassegnate da acronimi. Può liberamente scegliere insomma fra i famosi tre ambiti IIN, IMI, IDL: Impact InnovationNEW, Innovative Made in Italy, Innovative Digital Learning.
Una volta individuato l’ambito, il docente passa allo step successivo: inserimento del pdf del progetto e inserimento dei codici delle aziende partner che hanno dimostrato di gradire i progetti. E, infine, preme “invia” e “chiudi”. Il vero problema per voi docenti è dunque a monte: attrarre l’interesse dei partner privati, dare al proprio progetto appetibilità. A questo proposito, come Ateneo, abbiamo creato appositamente il sistema Speed Dating MUH (Meetic University Humanities) che funziona come un sito di incontri. Il MUH dà alle aziende potenziali partner la possibilità di valutare l’idoneità del progetto offerto anche da voi docenti di filosofie, letterature, ecc. che non vi occupate di scienze applicate ma di creatività, intrattenimento e, insomma, immagine del prodotto… (e che, come ben sapete, avete evidenziato in passato ritardi e criticità, oggi superabili). Pensiamo anche, prossimamente, di implementare un Mobile Dating MUH in cui i partner aziendali possano contattare direttamente sul cellulare i profili dei docenti interessati a trovare la loro “anima gemella” nei finanziamenti. Forniremo a questo proposito a tutti un cellulare aziendale con le app già installate…
Professore dissenziente: (alza la manina virtuale gialla e ottiene la parola) Non vorrei sembrare passatista, ma io insegno Letteratura italiana. Vorrei sapere cosa ci possa essere di attrattivo e sexy per un partner aziendale (a esempio del settore Trasporti e Logistica, o del Turismo e Ristorazione, o dei Servizi alle Imprese o, ancora, della Meccanica, solo per citare quelli più presenti nel territorio circostante le sedi dell’Ateneo) in un progetto sulle traduzioni di poesia nel Settecento, sulle riviste letterarie novecentesche, sulle varianti del laboratorio di scrittura di un autore di due secoli fa, sulla circolazione dei nostri romanzi in Europa…?
Responsabile: professore, non sta a me conoscere i contenuti delle sue discipline. Le posso solo dire che si tratta di fletterli, di piegarli, di reinventarli, di renderli duttili, di farli per così dire da solidi a liquidi e infine gassosi, nello spirito delle dinamiche più rilevanti dell’ecosistema dell’innovazione italiano e internazionale, al fine di favorire la crescita dei migliori progetti imprenditoriali di nuova generazione.
Professore dissidente: il fatto è, vede, che il mio settore scientifico-disciplinare non ha nella sua declaratoria gli ambiti della “creatività”, dell’“intrattenimento”, dell’“immagine del prodotto”, come lei dice, ma gli studi sulle opere letterarie dalle origini alla contemporaneità, con riferimento ai modi, ai generi letterari…Per non parlare della critica letteraria, che non è nemmeno una “disciplina” quanto l’operazione di chi descrive, interpreta e valuta un’opera. Se ha un senso la parola “innovazione” nell’ambito della critica è casomai questo: il critico (in una condizione di libertà dai condizionamenti, politici o aziendali) può essere considerato un intellettuale che tiene in ri-uso il patrimonio letterario, lo seleziona e ne rende attuali i significati in situazioni storiche nuove rispetto a quelle del contesto originario …
Responsabile: Mi consenta d’interromperla: le faccio notare che lei è il solo a fare obiezioni in un Consiglio di dipartimento in cui sono presenti virtualmente 118 fra docenti, ricercatori, assegnisti e rappresentanti dei dottorandi e degli studenti. Nessuno, dico nessuno oltre a lei, in chat o con la manina gialla sta manifestando criticità o problemi. In questo Dipartimento, mi sono informato, sono presenti 23 settori scientifico-disciplinari tutti di area umanistica, fra cui letterature americane, ispano-americane, spagnole, lusitaniche, ugro-finniche, nederlandesi, albanesi, neogreche e anche due docenti di civiltà copta, uno di armenistica e caucasologia e un contrattista di lingua e letteratura persiana. Tutti i microfoni sono silenziati. Non vola una mosca: c’è attenzione e interesse. Nessuna manina alzata. C’è intuitivo apprendimento e consenso alle proposte, e dico si badi bene proposte e opportunità, non imposizioni, della nostra governance. Se lei non è in grado d’inventare l’innovazione, si vede che è lei, non la sua disciplina, a non saper valorizzare le sue linee di ricerca. Ma l’ufficio IPFP (Implementazione e Facilitazione dei Progetti), sezione formativa del TTM, è a sua disposizione per fornirle l’aggiornamento necessario per metterla in condizione di operare con serenità, nell’ambito del GPI, con le linee guida LSD, e di creare dei profili appetibili per i partner aziendali da postare su MUH. A dirla tutta, e con questo chiudo, è una questione di know-how e di mentalità. Insomma di Soft Skills più che di vecchi o nuovi contenuti disciplinari…
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Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Spero sia tutto frutto di fantasia (e in questo caso complimenti davvero)…
Un abbraccio al professor Zinato. Che l’imperatore è nudo bisogna dirlo. Che ci sia da esempio.
GRAZIE.
Posso dire che se siamo a questo punto è anche colpa nostra, studiose e studiosi di cultura umanistica? Che non siamo stati capaci a tempo debito di costruire collettivamente un pensiero critico e un’opposizione, quando si è cominciato a imporci l’uso di questi strumenti a qualsiasi ora del giorno e della notte, a riversarci addosso fiumi di incombenze amministrative, a sottoporci a procedure di valutazione prive di senso? Chi è causa del suo mal pianga se stesso…
Caro Emanuele Zinato, grazie per il tuo racconto che disegna perfettamente la condizione attuale e terribile della ricerca. Condivido con Monica (vedi Commento di sopra) l’idea che sia anche responsabilità nostra. Aggiungo che, se a tempo debito non abbiamo costruito un’opposizione e un pensiero critico, anzi collettivamente non abbiamo neanche tentato di farlo, è segno forse che il nostro stesso modo di studiare NON era né oppositivo né critico né davvero legato alla società. Esso meritava di morire, sarebbe stato opportuno che lo facessimo morire noi stess*: per farne nascere un altro. Certo non quello odierno, che è peggiore di quello che esso va sempre più sostituendo e che illude chi ci casca che il legame tra lo studio e QUESTA economia costituisca legame tra lo studio e la società.
Dal mio punto di vista, in assoluto, cioè sganciate dall’effettiva declinazione economicista che ne dà chi le pronuncia, le parole del secondo intervento del “Responsabile” del tuo racconto (“professore, non sta a me conoscere i contenuti delle sue discipline. Le posso solo dire che si tratta di fletterli, di piegarli, di reinventarli, di renderli duttili, di farli per così dire da solidi a liquidi e infine gassosi, nello spirito delle dinamiche più rilevanti dell’ecosistema dell’innovazione italiano e internazionale, al fine di favorire la crescita dei migliori progetti imprenditoriali di nuova generazione”) – se solo cancelliamo, o forse ripensiamo, quell’”imprenditoriali” e tutta la logica dell’accelerazione-competizione, che intende portarsi dietro (e che uccide ogni forma di pensiero: cf. Isabelle Stengers, “Une autre science est possible! Manifeste pour un ralentissement des sciences”, La Découverte, Paris 2013) – quelle parole, dicevo, sono condivisibili. Forse non è ancora troppo tardi. Anzi, non possiamo pensare che lo sia.
Io appena possibile sono andata in pensione per poter leggere con tutto agio e tempo la letteratura di cui sopra