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diretto da Romano Luperini

Consigli di lettura “astrologici”

All’inizio di un nuovo anno si leggono gli oroscopi per provare a vedere cosa ci riservino i mesi che verranno: Amore, Famiglia, Salute, Denaro sono gli ambiti per i quali gli astrologi forniscono indicazioni, sulla base di congiunture astrali, transiti planetari e ascendenti più o meno favorevoli.

Se, per puro gioco, immaginassimo i lettori ripartiti, come vorrebbe l’astrologia, fra i quattro segni di Aria, di Acqua, di Terra e di Fuoco potremmo provare a associare loro qualche consiglio di lettura per inaugurare l’anno nuovo con l’auspicio delle stelle.

Segni di Aria

Un uomo sottile di Pier Paolo Vettori (Neri Pozza) è un libro “etereo” che ben si adatta ai nati sotto il segno di Gemelli, Bilancia e Acquario: pubblicato a distanza di pochi mesi dalla scomparsa dello scrittore Daniele Del Giudice, il memoir di Vettori costituisce da un lato il tentativo di mettere a fuoco il percorso narrativo di un uomo destinato a “svanire nel nulla”, reso evanescente dall’Alzheimer, e dall’altro la messa in forma della malattia della moglie. Un uomo sottile è una narrazione abitata da numerosi fantasmi (una costante, nelle opere di Vettori, fin dal libro d’esordio, Le sorelle Soffici del 2012): infatti vi vengono convocati, in incontri immaginari, tutti i personaggi dei romanzi e dei racconti di Del Giudice; anche Laura, costretta da un tumore al cervello a perdere progressivamente memoria e autonomia, è una presenza sempre più rarefatta e confusa; infine è fantasmatico e evanescente lo scrittore a cui è dedicato il libro, isolato nell’istituto giudecchino dove ha trascorso gli ultimi anni. Vettori ne restituisce in absentia la grazia, la riservatezza; il lettore condivide con lui l’incolmabile rimpianto:

Da quando sono tornato non è passato un giorno senza che mi sia dato del cretino per non essere entrato in quella stanza. Cosa pensavo di ottenere rinunciando alla possibilità di incontrarlo? […] Rivedo l’immagine del pesante cancello in ferro che, alla Giudecca, divideva il reparto di DDG dal giardino. È come se l’avessi fotografato. Ante lavorate in quel modo non se ne fanno più da tempo; gli elementi non hanno saldature, sono forgiati pezzo per pezzo e resi incandescenti per poterli unire. […] Non mi sento all’altezza degli antichi maestri. I miei attrezzi sono più maneggevoli e veloci, è vero, ma gli oggetti che produco sono dozzinali, privi di fascino. Anche il mio viaggio intorno a DDG avrebbe bisogno di strumenti più adeguati. Volevo che fosse ben temperato, scaldato a fuoco vivo, immerso bruciante nell’acqua gelida e poi ancora battuto a martello fino a diventare acuminato e splendente. Adesso vedo quel cancello chiudersi di fronte a me e separarmi per sempre da DDG. (p. 171)

In questo libro non finzionale Vettori riflette anche sulla sua identità di lavoratore, anch’essa sul punto di evaporare: come fabbro è costantemente a corto di commesse e di soldi e non può certo affidarsi alla scrittura come fonte di guadagno. Eppure, paradossalmente e nonostante il senso di eterea perdita che lo accompagna, Un uomo sottile è un libro che, nella sua onestà e apparente semplicità, rinnova la forza salvifica che la letteratura conserva, per il singolo individuo e per la comunità dei lettori.

Segni di Terra

Il tema della maternità è centrale in due romanzi molto diversi tra loro che possono incontrare le inclinazioni dei segni di Terra (Vergine, Toro e Capricorno): Biglietto blu di Sophie Mackintosh (Einaudi; traduzione di Norman Gobetti) e La figlia unica di Guadalupe Nettel (La Nuova Frontiera; traduzione di Federica Niola).

Il romanzo distopico Biglietto blu permette di immergersi in un mondo molto vicino al nostro, ma nel quale il destino biologico delle donne – diventare o meno madri – è sancito nel momento del menarca dalla comunità. Nel corso di una “lotteria”, rito laico che segna il passaggio all’età adulta e la definitiva separazione dalla famiglia d’origine, le giovani ricevono un biglietto – apposto al collo con un medaglione – che determina il loro futuro: quello bianco stabilisce il dovere ineluttabile della maternità; quello blu la rinuncia insindacabile a questa esperienza. Alla protagonista e voce narrante della storia, Calla, viene assegnato un biglietto blu. Il romanzo della gallese Mackintosh prevede la ribellione della donna al suo destino: la parte più convincente del romanzo è quella che la porta a violare il divieto di una maternità che desidera con tutta se stessa, spinta da un sentimento oscuro e irrefrenabile.  Nella sua fuga verso la libertà, ormai incinta, l’incontro con altre donne fa sì che il romanzo – che cede a una serie di stereotipi – prenda in esame le contraddizioni dell’amore materno, vissuto da alcune come bisogno biologico e relazionale necessario al raggiungimento della propria integrità, da altre come rinuncia all’autonomia e all’indipendenza in nome della continuità della specie. Un parallelo istituito con il mondo animale è quanto mai illuminante in questo senso:

Alcuni animali per partorire si seppelliscono sottoterra, disse alla fine. Alcuni animali lasciano le uova nella sabbia. E altri lasciano che il neonato se la cavi da solo. Lo sapevi che un bambino non è in grado di badare a se stesso per i primi cinque anni di vita? […] Alcune madri ingurgitano i loro cuccioli, continuò lei. E altre, le vere madri, vengono divorate dai figli che generano. I ragni per esempio. Si lasciano mangiare dalla loro progenie. Si vedono per ciò che in effetti sono, sostentamento. Carne. (pp.240-241)

Guadalupe Nettel è considerata una delle autrici sudamericane più interessanti del panorama contemporaneo: La figlia unica è un romanzo scritto in prima persona nel quale la protagonista, Laura, racconta il suo complesso rapporto con la maternità, che ha sempre rifiutato al punto da intervenire chirurgicamente sul suo corpo molto presto. La sua drastica scelta prende maggiore rilievo, nel romanzo, dal confronto con quella antitetica dell’amica Alina, incinta di una bambina gravemente menomata al cervello, Inés, e con la presenza di un giovanissimo dirimpettaio, Nicolàs, violento e ribelle al cospetto della madre, dolce e remissivo con lei. La rappresentazione della maternità in La figlia unica è prismatica: ne costituiscono altre facce esemplari la madre di Laura, nei confronti della quale la protagonista manifesta un atteggiamento ambivalente e una coppia di piccioni alle prese con un caso di parassitismo di cova che la giovane osserva a lungo. Il dialogo tra Laura e Mónica, esperta nel comportamento degli uccelli, evidenzia come in questa inusuale condotta si riassumano le contraddizioni irrisolvibili calamitate dalla maternità:

Le ho detto che, per me, la cosa più sconcertante era vedere che quelle femmine avvertivano l’impulso biologico di riprodursi e al tempo stesso una necessità altrettanto forte di sottrarsi alle fatiche dell’allevamento. […]

«Io sono più intrigata dagli uccelli che subiscono il parassitismo. Fatico a credere che non si accorgano di niente. Secondo me sanno che quelli non sono i loro piccoli, ma li curano e li assistono lo stesso. Penso che a un certo punto tutte noi madri ci rendiamo conto di questa cosa: abbiamo i figli che abbiamo, non quelli che immaginavamo o quelli che ci sarebbe piaciuto avere, ed è con loro che dobbiamo fare i conti» […] «…a volte i figli arrivano senza averli pianificati» ha proseguito Mónica «come se qualcuno depositasse un uovo nel nostro nido» (p. 182)

Segni di Acqua  

Sulla riva del mare di Abdulrazak Gurnah (Premio Nobel per la Letteratura 2021) è il romanzo consigliato ai nati sotto l’influsso dei segni di Acqua (Pesci, Cancro, Scorpione). La storia si dipana infatti tra due mari: l’Oceano Indiano, che circonda l’isola dei due protagonisti – Zanzibar – e il canale della Manica, dove si ritrovano esuli anni più tardi. La narrazione procede a zig zag tra le voci narranti dei due uomini, Saleh Omar, un tempo mercante di mobili, e Latif Mahmud, figlio del suo acerrimo nemico e ora suo interprete nella pratica di richiedente asilo. L’andirivieni tra passato e presente, tra terre distanti ma prospicenti il mare, dà voce alla storia di un continente segnato irreparabilmente dai guasti del colonialismo:

Poi i portoghesi, circumnavigando il continente, sbucarono così inaspettati e distruttivi da quel mare sconosciuto e impenetrabile e posero fine alla geografia medievale con i loro cannoni marittimi. Scaricarono i loro fanatici religiosi su isole, porti e città, esultando delle crudeltà perpetrate sugli abitanti che saccheggiavano. Poi gli omanesi vennero a prendere il loro posto e a sobbarcarsi in nome del vero Dio e portarono con sé i soldi indiani, con gli inglesi alle calcagna, e subito dopo i tedeschi e i francesi e chiunque avesse la possibilità di farlo.

Nuove mappe furono tracciate, mappe complete, che rendevano conto di ogni centimetro, e così tutti seppero chi erano, o almeno a chi appartenevano. Quelle mappe, come cambiarono tutto! (p.35)

Il romanzo, pur rappresentando l’attitudine predatoria dell’Europa nei confronti del continente africano, mette in forma anche il destino particolare di un’isola come Zanzibar, per secoli dominata da un sultanato omanese, poi da un protettorato britannico e legata, a partire dal 1961, al destino della Tanzania nel corso della decolonizzazione dal Regno Unito. La storia collettiva vede il susseguirsi di questioni politiche, religiose, socio-economiche con una rappresentazione che non risparmia né i dominatori, né i governanti locali.

Al contempo l’incontro del tutto imprevedibile e spiazzante di due uomini segnati da un passato di avversione li conduce, lungo le coste di un altro mare, a confrontarsi con un comune senso di dispatrio che si colora, alla fine della storia, di umana pietas.

Segni di Fuoco

Per i nati sotto l’influsso del Fuoco (Ariete, Leone, Sagittario) la lettura adatta a inaugurare l’anno è Apeirogon di Colum McCann (Feltrinelli; traduzione di Marinella Magrì): infatti è il fuoco l’elemento che sembra aver forgiato questo libro, “esploso” in 1001 capitoli, alcuni brevissimi come frammenti di bombe, altri poco più lunghi come le traiettorie di proiettili vaganti. Sono gli strumenti di morte che in Israele hanno colpito e ucciso rispettivamente Smadar, di tredici anni, nel 1997, e Abir, di dieci nel 2007. Il libro di McCann ricostruisce la storia che lega i destini dei padri delle due bambine, Bassam Aramin, palestinese, e Rami Elhanan, israeliano (qui l’immagine della coppia). I due si incontrano grazie all’associazione Combattenti per la pace nell’elaborazione del lutto più atroce e senza nome che l’umanità possa sperimentare e, nonostante la distanza ideologica, religiosa, politica, diventano alfieri instancabili della pace in una terra dilaniata dal conflitto e dall’odio. In oltre 500 pagine il lettore attraversa le infinite sfaccettature della vicenda di Bassam e di Rami, la loro storia personale e familiare, il loro passato e il loro presente; ripercorre passo dopo passo gli ultimi istanti di vita delle due bambine, Smadar, a spasso con il suo walkman in un’adolescenza appena sbocciata e Abir, attardatasi a comprare caramelle sulla strada verso scuola; rivisita le fasi cruciali di un angolo di mondo conteso tra due popoli e strumentalizzato dai giochi politici internazionali. Spicca la rappresentazione dei check point israeliani, con gli interrogatori urlati, gli ordini perentori, le attese immotivate di ore; dei muri divisori nelle città; dei lunghi tragitti in moto di Bassam nella notte di Gerico e del traffico impazzito quando, per gli attentati, neppure le autoambulanze sono libere di muoversi tra zone sottoposte a diversa giurisdizione.

Il titolo, Apeirogon, designa un poligono dotato di un numero infinito di lati perché infinite sono le angolazioni da cui questa vicenda viene esplorata. Alcune solo in apparenza laterali, appaiono invece splendidamente coerenti nell’insieme del quadro rappresentato: si pensi alle pagine nelle quali compare la massiccia migrazione di uccelli lungo una rotta che li riporta a volare sui cieli israeliani; ai capitoli nei quali si descrivono i droni e le bombe ideate proprio a immagine di alcuni uccelli; ai molti personaggi che sfilano – in modi e forme diverse – in queste pagine: da Jorge Luis Borges a Yasser Arafat, da Freud a Einstein. Memorabili le pagine dedicate a Philippe Petit, il funambolo che nel 1973 attraversò la valle di Hinnom liberando in volo un piccione in segno di pace: nessuno si accorse che il bizzarro uccello non era una colomba:

350

Petit disse che mentre attraversava la valle riusciva a sentire i suoni dei secoli scorrere sotto di lui.

351

Indossò l’ampio costume bianco da giullare di corte. La gamba destra era decorata con il pallido blu di Israele, la gamba sinistra con i colori della bandiera palestinese.

Avanzò nel vuoto dal tetto del palazzo della Colonia Spagnola, a pochi metri da Mount Zion Hotel.

Il cavo si tendeva per trecento metri attraverso la valle. Aveva intitolato la sua performance Camminare sull’arpa: Un filo teso verso la pace. […]

Il suo costume si gonfiò nel vento. Teneva il piccione bianco imprigionato in un foulard di seta rossa dentro la tasca dei pantaloni (pp. 181-182)

Si affida a questa immagine simbolica di speranza e di pace (qui un’immagine dell’impresa di Philippe Petit) l’augurio di buon anno con una scorribanda letteraria  che altro non è che un pretesto giocoso per avvicinare i lettori, di qualunque  segno zodiacale, alle narrazioni che hanno accompagnato le ultime settimane del 2021. 

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