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diretto da Romano Luperini

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Le tipologie A e B all’esame di stato

 Pubblichiamo una sintesi degli interventi di Lucia Olini e Cristina Nesi alla Fiera Didacta Italia (Firenze, 9 ottobre 2019; panel ADI SD «La prima prova nel contesto del nuovo esame di Stato MIUR»). Su questo blog è già apparso l’intervento dedicato, nello stesso ambito, da Luisa Mirone alla tipologia C (Elogio del tema)

LUCIA OLINI – Riflessioni a margine della tipologia A

Oggi siamo inondati dalla scrittura, ma le nuove tecnologie, usate compulsivamente, potrebbero deformarne la funzione, esaltando la velocità di esecuzione a scapito della complessità della riflessione.

Affrontare il problema dell’apprendimento della scrittura oggi, alla ricerca di tecniche efficaci per favorire buone pratiche, implica perciò ripensare la lettura e rivalutare l’approccio cognitivista che fa della scrittura un’attività di produzione di senso. Saper scrivere significa innanzitutto saper comprendere, saper pensare e saper pianificare […]. Lettura e scrittura si rivelano infatti ancora attività strettamente correlate (Ugo Cardinale, L’arte di riassumere. Introduzione alla scrittura breve, Bologna, Il Mulino,2015, p. 7).

Riflettere sulla prima prova conduce a ripensare l’intero curriculo: la padronanza linguistica richiede tempi lunghi e si costruisce lentamente, con l’apporto di tutte le discipline, e con un lavoro paziente di scrittura, revisione, riscrittura.

L’eliminazione della terza prova, costruita sulla base del lavoro svolto in classe, comporta che sulla prima prova, per il suo carattere aperto e per la varietà di ambiti e tipologie, dovrebbero convergere, più di prima, le attenzioni delle diverse aree disciplinari. Questo vale principalmente per le tipologie B e C, tuttavia incide anche sulla questione della testualità, dalla quale avvierò la riflessione.

L’introduzione della prova INVALSI per le quinte, infine, va tenuta presente perché, per quanto essa offra un tipo di valutazione, esterna, diversa da quella strettamente disciplinare, la costruzione e la verifica delle competenze di lettura è direttamente implicata anche nella preparazione alla prima prova, soprattutto per le tipologie A e B. Se lo svolgimento della prova d’esame è un punto d’arrivo, la “palestra” per arrivare ad essa comprende operazioni varie di comprensione, analisi e scrittura (tra le quali un ruolo primario spetta al riassunto).

 

IL TESTO ALL’INCROCIO DEI SAPERI, TRA EGEMONIA SOTTOCULTURALE, TIRANNIA DELLA RETE E DEFORMAZIONI TECNOLOGICHE

La linguistica testuale, disciplina non giovanissima, è entrata nelle nostre aule solo da pochi anni, e con fatica. È forse il momento di recuperarne alcuni spunti didattici, funzionali a ricostruire quelle capacità di gestire la complessità di cui ha parlato Luisa Mirone e a ridare senso allo studio grammaticale. Nella riflessione metalinguistica si dovrebbe «passare da una prospettiva formale e tassonomica a una prospettiva di analisi funzionale, osservando quindi la materia grammaticale dal punto di vista dei suoi effetti interpretativi all’interno del testo» (D. Notarbartolo, Competenze testuali per la scuola, Roma, Carocci, 2014, p. 18).

Cha la testualità classica sia in crisi è sotto gli occhi di tutti, e si tratta di una crisi che affonda le radici in anni lontani, nei processi di trasformazione culturale della società italiana nel secondo dopoguerra. Pasolini ne aveva intravisto gli esiti; il pamphlet di Massimiliano Panarari, L’egemonia sottoculturale (Torino, Einaudi, 2010), ribaltando l’espressione gramsciana, traccia, in modo divertente ma sostanziosamente argomentato, una disamina della società attuale, in cui sono allentate le reti sociali, svuotate di senso le strutture dell’aggregazione politica della modernità e le istituzioni educative, la realtà si confonde con il reality, ogni evento collettivo viene spettacolarizzato, trionfa la mercificazione, che ha trovato nella televisione prima e nella rete poi gli strumenti idonei ad una penetrazione pervasiva nelle nostre vite. Tutto ciò ha minato in profondità le capacità di costruzione di un pensiero strutturato, lento, profondo: «Tutto è merce e tutto è spettacolo», scrive Panarari (p. 58).

L’ultima fase delle trasformazioni nella produzione e diffusione del sapere, quella che attualmente viviamo, in velocissima evoluzione, è dominata dalle tecnologie e dalla rete, che agiscono su un duplice piano: da un lato cioè è la struttura della rete che decostruisce la nozione tradizionale di testualità; dall’altro influiscono sul nostro rapporto con il sapere anche gli strumenti stessi, ostacolando la riflessione e gli apprendimenti sedimentati (Cfr. R. Casati, Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere, Roma-Bari, Laterza, 2013).

Il neuroscienziato Lamberto Maffei ha spiegato come la conquista del linguaggio articolato sia avvenuta grazie a mutazioni genetiche e trasformazioni morfologiche di determinate regioni del cranio corrispondenti all’emisfero sinistro del cervello. E insieme al linguaggio si sono sviluppati i meccanismi cerebrali per «pensare, riflettere, ragionare» (Cfr. L. Maffei, Elogio della parola, Bologna, Il Mulino, 2018, pp. 25-32 passim). Perseverare nel perseguire quelle forme di costruzione del testo che, benché sempre più lontane dagli orizzonti degli studenti, sono la strada per imparare a pensare, resta un compito imprescindibile della scuola e del nostro insegnamento. Per quanto gli scenari epistemologici si siano evoluti, credo che si possa tenere la barra ferma sull’obiettivo didattico dell’argomentazione, discorso aperto, ricorsivo e in evoluzione, ma pur sempre discorso strutturato e bisognoso di una sua coerenza. 

LA TIPOLOGIA A

Nella nuova analisi del testo, oltre alla dilatazione temporale (testi dall’unità d’Italia ad oggi), le novità significative riguardano la connessione tra la prima e la seconda parte, cioè la stretta saldatura tra lettura e scrittura. L’insegnamento della letteratura deve farsi sempre più strumento di conoscenza critica. Per ragioni di spazio mi limito a qualche osservazione, procedendo per punti. Incorro nel rischio di scadere nello slogan, ma confido che chi si occupa di didattica colga, pur in questa schematicità, un senso. 

  1. Passare dal museo all’esperienza. Studiare letteratura non significa preservare il passato ma metterlo in relazione con il presente e il futuro. L’incontro con il testo letterario ha ragione di essere solo se incide nella relazione con la vita, se cioè contribuisce a fornire le lenti per guardare ad un mondo plurale, complesso, difficile, contraddittorio.
  2. Integrare educazione letteraria ed educazione linguistica. Se è vero che un’adeguata padronanza linguistica è ancora meta lontana per la nostra scuola, è vero anche che l’insegnamento letterario è diventato negli anni recenti più operativo e laboratoriale che in passato, e misurarsi con l’alterità del testo letterario, preferibilmente in un dialogo collaborativo, esercita e affina la conoscenza e l’uso del linguaggio.
  3. Coniugare storicizzazione e attualizzazione. Anche la costruzione del senso storico può ricevere inaspettati benefici dallo studio della letteratura. Il rapporto con il testo letterario, in quanto propone un’esperienza, e non una conoscenza teorica, determina un confronto con la tradizione che si costruisce attraverso un incessante dialogo intertestuale, nel quale i testi si rinnovano ritornando sempre presenti, ma, come nelle Metamorfosi ovidiane, mantengono i segni degli archetipi antichi. L’esercizio di ginnastica mentale, dunque, tra storicizzazione e attualizzazione accompagna costantemente e inevitabilmente lo studio letterario, quando esso sia, come detto, esperienza e non semplice ossequio al monumento.
  4. Gli indistinti confini. Quando gli scrittori argomentano. Le strategie argomentative assumono svariate forme, e i testi non possono essere classificati entro tassonomie rigide e chiuse. Anche i testi letterari spesso rivelano una evidente dimensione argomentativa, pur accompagnata dalla libertà inventiva, dalla inesauribile potenzialità semantica che il lavoro interpretativo in parte disvela. Si pensi alla straordinaria forza argomentativa contenuta nei meravigliosi racconti del Sistema periodico. Ma tutta la tradizione è ricca di esempi delle molteplici infinite strategie attraverso le quali si struttura e si organizza il pensiero.

CRISTINA NESI – Riflessioni a margine del testo espositivo argomentativo (prima parte dell’intervento)

La prova strutturata

La nuova Tipologia B per l’esame di Stato prevede una prova strutturata, in quanto combina insieme una prima fase di comprensione esatta del testo, una seconda di analisi e una terza di produzione scritta. Quest’ultimo spazio consente la riflessione critica personale e il recupero del bagaglio culturale di ciascuno, oltre ad ampi margini di libertà nella scrittura, dato che nel Documento di lavoro elaborato dagli esperti del D. M. 499/2017 si specifica che si possono seguire «mosse argomentative», ma che esiste anche la possibilità di «esporre tesi e argomentazioni specifiche senza ricorrere necessariamente a strategie discorsive proprie dell’argomentazione». Le tre fasi corrispondono all’abilità di ricezione (comprendere) e di manipolazione di un testo (riassumere), di analisi (riflessione critica) e infine all’abilità di produzione (scrivere).

Nessuno rimpiange il collage di citazioni che caratterizzava tanti elaborati dei precedenti esami, né la quantità corposa delle fonti offerte per la creazione del saggio breve, se l’assillo di leggerle andava a decremento della comprensione testuale, tant’è che le informazioni implicite spesso rimanevano occultate e talvolta anche le esplicite finivano penalizzate dalla velocità di lettura. La comprensione di «un singolo testo compiuto» nella nuova Tipologia B ovvia a tutto questo.

«La comprensione di un testo nella propria lingua non è solo una competenza richiesta dalla carriera scolastica: è un requisito di cittadinanza consapevole», ci ricorda Luca Serianni (Interpretare e produrre un testo argomentativo, in Quale Scuola?, a cura di L. Serianni, F. Clementi, Roma, Carocci, 2015, p. 48).

Tesi di fondo ricorsiva e composita

La prima fase di lavoro riguarda l’esatta comprensione del testo con l’individuazione della «tesi di fondo» e il «riconoscimento degli snodi e delle mosse argomentative presenti». Proviamo a sciogliere la richiesta iniziale, utilizzando il testo di Claudio Pavone, Prima lezione di storia contemporanea, (Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 3-4), proposto dal MIUR nella Simulazione 2019.

Nella simulazione su Pavone la prima domanda chiede: «1. Riassumi il testo, mettendo in evidenza la tesi principale e gli argomenti addotti».

Quando si sollecita a fare una prima lettura attenta del testo e a individuare la tesi di fondo gli studenti dovrebbero aver chiari tre punti: 1. La tesi principale è in genere ricorsiva, come precisano Carmen Dell’Aversano e Alessandro Grilli in La scrittura argomentativa (2005). 2. Spesso la tesi è composita, cioè articolata in più enunciati parziali. 3. La tesi è un’affermazione sempre opinabile, visto che è l’opinione di chi scrive e non è mai una verità assoluta.  

Con queste premesse i ragazzi si rendono facilmente conto che nel testo di Pavone la tesi è il lavoro dello storico contemporaneo fra passato, presente e futuro, ma notano anche che il primo enunciato parziale riguarda solo il lavoro dello storico in stretto legame fra presente e passato, mentre il secondo parla del lavoro dello storico contemporaneo nel punto di sutura fra passato, presente e futuro.  Dunque, anche in un testo così breve è possibile cogliere la ricorsività della tesi, i suoi enunciati parziali e inevitabilmente anche la progressione argomentativa.

Gli argomenti addotti

Il testo di Pavone non presenta la rigida scansione dell’argomentazione: un’introduzione (in cui viene presentato il problema), una enunciazione della tesi (che dovrà essere dimostrata), degli argomenti a sostegno della tesi, una confutazione della tesi contraria e, infine, una conclusione in cui si riassume quanto è stato detto e si ribadisce la bontà della tesi. 

Nella nuova tipologia B questa struttura complessa, su cui da molti decenni i docenti italiani preparano i propri studenti all’esame di Stato, può non essere presente (sia per la brevità del testo, sia perché potrebbero venir presentati dei testi espositivi), ma anche in assenza di questa macrostruttura è determinante discernere le componenti microstrutturali di un testo espositivo argomentativo. A questo riguardo, un’attenzione particolare richiedono i paragrafi in cui l’autore ha diviso il testo e i connettivi usati, cioè quelle espressioni che servono a unire, legare, le parte logiche di un discorso. Normalmente vengono studiati nelle ore di grammatica, mentre la loro comprensione dovrebbe essere sempre colta nella progressione logica dell’argomentazione, cioè in prospettiva testuale. Infatti, esistono connettivi che aprono un testo (all’inizio, in primo luogo, per cominciare…) e altri che lo chiudono (dunque, infine, in conclusione, in sintesi, in breve…), mentre tre grandi tipologie di connettivi segnano l’andamento interno dell’argomentazione, sviluppandola attraverso l’aggiunta di un elemento (e, inoltre, per di più, d’altra parte, consideriamo anche…), oppure introducendo delle riserve o delle alternative (d’altro canto, in realtà, invece, senonché, tuttavia, nondimeno…) o, infine, avviando un confronto (allo stesso modo, alla stessa maniera, nello stesso tempo, parallelamente, piuttosto…).

Queste forme invariabili, in genere congiunzioni e locuzioni (ma anche certi verbi come riassumendo, sintetizzando), funzionano da ponte per unire in modo logico i diversi contenuti di un testo, cioè le sue unità d’informazione (UI), e proprio la contestualizzazione dei connettivi può rivelare gli snodi argomentativi, che compongono il testo.

UI_1  Arnaldo Momigliano considera caratteristiche fondamentali del lavoro dello storico l’interesse generale per le cose del passato e il piacere di scoprire in esso fatti nuovi riguardanti l’umanità. È una definizione che implica uno stretto legame fra presente e passato e che bene si attaglia anche alla ricerca sulle cose e i fatti a noi vicini.

UI_2   Ma come nascono questo interesse e questo piacere? La prima mediazione fra presente e passato avviene in genere nell’ambito della famiglia, in particolare nel rapporto con i genitori e talvolta, come notava Bloch, ancor più con i nonni, che sfuggono all’immediato antagonismo fra le generazioni. 

UI_3 In questo ambito prevalgono molte volte la nostalgia della vecchia generazione verso il tempo della giovinezza e la spinta a vedere sistematizzata la propria memoria fornendo così di senso, sia pure a posteriori, la propria vita. 

UI_4 Per questa strada si può diventare irritanti laudatores temporis acti (“lodatori del tempo passato”), ma anche suscitatori di curiosità e di pietas (“affetto e devozione”) verso quanto vissuto nel passato. E possono nascerne il rifiuto della storia, concentrandosi prevalentemente l’attenzione dei giovani sul presente e sul futuro, oppure il desiderio di conoscere più e meglio il passato proprio in funzione di una migliore comprensione dell’oggi e delle prospettive che esso apre per il domani. 

UI_5 I due atteggiamenti sono bene sintetizzati dalle parole di due classici. Ovidio raccomandava Laudamus veteres, sed nostris utemur annis («Elogiamo i tempi antichi, ma sappiamoci muovere nei nostri»); e Tacito: Ulteriora mirari, presentia sequi («Guardare al futuro, stare nel proprio tempo»).

UI_6 L’insegnamento della storia contemporanea si pone dunque con responsabilità particolarmente forti nel punto di sutura tra passato presente e futuro. 

UI_7 Al passato ci si può volgere, in prima istanza, sotto una duplice spinta: disseppellire i morti e togliere la rena e l’erba che coprono corti e palagi; ricostruire, per compiacercene o dolercene, il percorso che ci ha condotto a ciò che oggi siamo, illustrandone le difficoltà, gli ostacoli, gli sviamenti, ma anche i successi. 

UI_8 Appare ovvio che nella storia contemporanea prevalga la seconda motivazione; ma anche la prima vi ha una sua parte. 

UI_9 Innanzi tutto, i morti da disseppellire possono essere anche recenti. 

UI_10 In secondo luogo ciò che viene dissepolto ci affascina non solo perché diverso e sorprendente ma altresì per le sottili e nascoste affinità che scopriamo legarci ad esso. La tristezza che è insieme causa ed effetto del risuscitare Cartagine è di per sé un legame con Cartagine.

Claudio Pavone, Prima lezione di storia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 3-4

Se ogni snodo viene sintetizzato, il riassunto coglierà con esattezza ogni parte del testo e ne può rivelare la corretta comprensione. Ne ipotizziamo uno (fra i molti possibili):

Riassumi il testo mettendo in evidenza la tesi principale e gli argomenti addotti.

Esiste nel lavoro dello storico uno stretto legame fra passato e presente [TESI] e per Momigliano anche il piacere di scoprire nel passato elementi nuovi sugli uomini presenti. Il piacere nasce in primo luogo dai racconti familiari,  soprattutto da quelli dei nonni, a giudizio di Bloch. Può prevalere in chi narra la nostalgia oppure il bisogno di dare un senso alla propria autobiografia. Il mero elogio del passato irrita e allontana i giovani dalla storia, la pietas accende la curiosità di conoscere il passato in funzione del presente e del futuro. Ovidio e Tacito possono essere portati a esempio.  La storia contemporanea si pone nel punto di sutura fra passato, presente e futuro [TESI]. Può disseppellire i morti e i monumenti, oppure interessarsi al percorso che ci ha condotto a ciò che oggi siamo. La storia contemporanea predilige il percorso, ma non esclude il disseppellimento. I morti possono infatti essere anche recenti. Ciò che è resuscitato, come Cartagine, può essere sorprendente e rivelarsi affine a noi.

Comprendere un brano e riassumerlo significa sviluppare la capacità di maneggiare testi anche complessi come quelli espositivi argomentativi ereditati dalla classicità e diffusi dalla civiltà tipografica: una palestra di confronto e un modello formale di gerarchizzazioni logiche delle informazioni rischiano di essere scardinati nella nostra contemporaneità dalle scritture ad alto gradiente di digitalità, caratterizzate da una coesione debole, dallo scarso rispetto delle norme interpuntive e grammaticali, dal tentativo di recuperare la corporeità e l’espressività orale attraverso le emoticon. Con il pericolo, a giudicare dai risultati dei test OCSE-PISA, che il testo espositivo argomentativo rimanga patrimonio solo di future élite. O forse assisteremo, come nota Massimo Palermo in Italiano scritto 2.0 (2017), a un reciproco e lento rimodellamento delle funzioni perché nessuna grande trasformazione soppianta di colpo ciò che la precede.

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