La letteratura per ragazzi: un parere autorevole
Cari lettori e lettrici, la redazione di LN si prende una pausa estiva per tutto il mese di agosto. Durante questo mese, ripubblicheremo alcuni articoli già usciti nel corso dell’anno. Ci rivediamo a settembre.
Devi scendere tutte quelle scale
Se ti vuoi salvare,
una ad una,
avere paura…
e girare la chiave
anche se tremano i ginocchi
devi aprire capire guardare
mai chiudere gli occhi
davanti al male
A. Vecchini
“E’ scandaloso il modo in cui i libri per ragazzi vengono virtualmente ignorati dalle riviste letterarie, dai supplementi culturali dei quotidiani, dai cosiddetti intellettuali. Il posto d’onore è riservato alle biografie, seguite dai romanzi d’amore e dalle poesie. I libri per ragazzi vengono menzionati solo di rado e di sfuggita. Eppure- attenzione prego!- eppure se una volta qualcuno di quegli scrittori e di quei critici cervelloni tentasse di cimentarsi nella storia dei libri per ragazzi- di un bel libro, capace di conquistare i bambini e di resistere al passare del tempo – andrebbe quasi certamente incontro a un fiasco clamoroso. Sono sicuro al cento per cento che è assai più difficile scrivere un bel libro per ragazzi, un libro che sopravviva allo scorrere degli anni e delle mode, piuttosto che un bel romanzo dotato delle stesse qualità. E lo sostengo per un motivo molto semplice. Quanti romanzi sono pubblicati ogni anno, e quanti di essi potrebbero essere letti con gusto ancora dopo un ventennio? Suppergiù una mezza dozzina. Ma quanti dei libri per ragazzi editi ogni anno potranno essere letti avidamente e con passione vent’anni dopo? Suppergiù uno. Si potrebbe obiettare che i grandi autori non hanno voluto perdere tempo a scrivere libri per ragazzi. Errore. La maggior parte di loro ci ha provato. Parecchi anni fa, l’editore newyorkese Crowell Collier ebbe un’idea a prima vista brillante: invitare tutti i maggiori scrittori di lingua inglese a scrivere, in cambio di un congruo compenso, un racconto per ragazzi. I racconti sarebbero stati riuniti in un volume, così, con poca fatica, la casa editrice Collier si sarebbe trovata proprietaria di un classico. Furono interpellati gli autori prescelti e, dato l’alto compenso e l’apparente esiguità del compito, non uno rifiutò. Si trattava di scrittori famosi, tenetelo bene in mente, tutti cosiddetti “giganti della letteratura” Non rivelerò i loro nomi, ma, statene certi, li conoscete tutti.
I racconti cominciarono ad arrivare. Li lessi uno ad uno. Solo Robert Greves aveva una vaga idea di come si scrive per un pubblico per ragazzi. Tutte le altre storie sarebbero state ottime se usate come anestetico: in due minuti, avrebbero fatto addormentare qualunque sfortunato bambino con cui si fosse venuto a contatto. Assolutamente impubblicabili. Il progetto fu accantonato e l’editore ci rimise un sacco di quattrini. […] L’autore di un classico per ragazzi può recarsi in qualunque scuola dove ci siano bambini, e in qualunque paese, e ovunque sarà riconosciuto e bene accolto. E non parlo soltanto degli ambienti medio borghesi – là dove i buoni romanzi sono di casa. Intendo parlare di ogni ambiente e di ogni casa. Ma neanche uno degli ammuffiti intellettuali, a New York o a Parigi, sembra capire quanto grande sia il potere di un libro capace di far innamorare di sé i bambini. O, se pure lo capisce non vuole ammettere. Eppure generazioni di bambini continuano a leggere quei classici e a tenerli nelle biblioteche di classe”.
Così scriveva Roal Dahl nella prefazione de Il libro delleStorie di fantasmi, nel 1983. Da allora molte cose sono cambiate: i libri per ragazzi occupano un posto rilevante nelle riviste e nei blog, sono nati importanti festival e premi a loro dedicati, si sono moltiplicati gli autori e ormai non è più detto che negli ambienti medio – borghesi i buoni romanzi siano di casa. Trentacinque anni dopo lo scritto di Dahl, i bambini e i ragazzi sono i lettori forti di questo paese, il numero degli autori per ragazzi aumenta di anno in anno e sempre di più scrittori per adulti si cimentano nell’impresa, vuoi per desiderio di maggiore libertà o per allargare il loro pubblico. Ciò che resta uguale è una certa diffidenza nei docenti: che leggano i ragazzi va bene, ma a scuola di libri per ragazzi ne vedo circolare pochi e spesso sono guardati con diffidenza, a torto considerati “semplici”, banali, fuori dal canone, tempo perso nel marasma di autori e titoli che si devono fare. D’altro canto quando il docente ha potuto approfondire i testi, le caratteristiche, la struttura e i personaggi della letteratura per ragazzi? Quando ha potuto riflettere su come educare alla lettura i giovani della scuola secondaria di primo grado? Quando si è potuto interrogare sull’esistenza o meno di un canone, di alcuni irrinunciabili? Quando ha potuto vagliare le differenze che esistono tra la narrazione per ragazzi nel nord Europa, in Italia, in America? Certamente non negli anni della sua formazione universitaria ma nemmeno durante i corsi per diventare docente: spesso la conoscenza si limita alle sue letture da ragazzo o, nella migliore delle ipotesi, alle pagine delle antologie. Un ricordo o un ripiego, insomma. Ma c’è un mondo intero, una fucina di testi, di idee e di possibilità dentro ai libri per ragazzi. Basta solo cercare.
Dei libri per ragazzi in classe (e non solo)
Decidere di leggere letteratura per ragazzi non significa solo studiare un mondo lontano da noi docenti, fatto di un linguaggio più semplice e vivo, di strutture chiare, di personaggi con cui gli adolescenti possano identificarsi; scegliere un libro per ragazzi significa osservarli da un altro punto di vista, camminare nelle loro scarpe, cercare il filo dei loro pensieri.
Quattro credo siano le caratteristiche dei libri per giovani fino ai quattordici anni (dopo inizia il regno degli young adult): l’epicità, il ritmo della narrazione, un protagonista con cui ci si possa identificare e un finale che apra alla speranza, privo di cinismo e sguardo disincantato.
L’epicità è quella forza in grado di rendere unica e speciale una narrazione che si muove a scatti e ha ritmo: non esiste racconto per ragazzi senza ritmo. Gary Pulsen in Nelle terre selvagge racconta di un ragazzino che riesce a sopravvivere da solo nella foresta, trascinando il lettore in un vortice di sensazioni ed emozioni intense e drammatiche. Il personaggio è da solo e lotta per la sua sopravvivenza e solo combattendo contro la natura, diventa altro, diventa adulto. Non è un caso che la guerra, la lotta, lo scontro siano uno dei temi dominanti di questa letteratura, che mette in scena la fatica del crescere, il grande rito di iniziazione che è l’adolescenza. Così Harry Potter si emancipa dagli zii opprimenti, vive da solo l’avventura di trovare se stesso e le sue radici, sconfigge mostri e antagonisti crudeli. Nei libri per bambini questa dimensione eroica e drammatica è più sfumata, spesso nascosta dall’ironia e dalle situazioni buffe: così la Matilde di Dahl sopravvive alla sua famiglia con distacco ed utilizza la magia per farsi beffe e schiacciare la direttrice.
Per quanto drammatico possa essere un finale, esso deve aprire alla speranza alla vita che continua e che riserva sempre sorprese: in Due lune di Sharon Creeck ciò avviene, ad esempio, lasciando il lettore con un piede nel dolore ed un altro nell’attesa e nella fiducia.
Va sottolineato che i libri per ragazzi, i grandi libri per ragazzi, non nascono per educare e insegnare: i libri per ragazzi raccontano, descrivono e guardano la realtà con gli occhi dei ragazzi. In essi ci sono la cura per il dettaglio e la lingua che usa parole piene, dense, sia quando si sceglie uno stile più paratattico come il caso di Coraline di Gaiman o Skelling di Almod, sia quando le frasi sono più lunghe e complesse come in Sotto il pavimento della Norton. Un libro deve avere come suo imperativo categorico raccontare storie perché, come scrive Neil Gaiman:
L’impulso di scoprire “cosa sta per succedere”, il volere leggere una pagina dopo l’altra, la necessità impellente di continuare a farlo, anche se è difficile, perché qualcuno è nei guai e devi sapere come andrà a finire… è un impulso molto reale. E ti spinge a imparare parole nuove, a pensare pensieri nuovi, ad andare sempre avanti. A scoprire che le leggere in sé dà piacere. Una volta che lo impari, sei sulla strada per leggere tutto. E leggere è la chiave. (Gaiman Come si fa un lettore)
Spesso mi sento chiedere: “che libro suggeriresti per parlare di violenza, abbandono, amicizia?” Personalmente credo che il punto di partenza debba essere diverso: scegliere buone storie, leggerle e domandarci come portarle ai ragazzi, come lavorarci e discutere con loro. Per avere dimestichezza con la letteratura per ragazzi è necessario bazzicarla e abitarla: solo se ci si immerge ci si può liberare del senso di straniamento e incompletezza che prende noi adulti. Quando un libro per ragazzi è scritto veramente calandosi nel loro punto di vista , lo scrittore torna ad esplorare mondi, in cui noi adulti siamo già stati e di cui magari abbiamo dimenticato le caratteristiche. Si tratta di ritornarvici con sguardo diverso e, con tale consapevolezza, portali in classe attraverso la lettura ad alta voce e la lettura libera: biblioteche di classe e di scuola che offrano la possibilità di trovare classici della letteratura per ragazzi e due tre romanzi letti tutti insieme in classe, per imparare a riflettere sui libri a ragionarci insieme.
Fondamentale è andare alla ricerca di buoni libri: portarli ai ragazzi e presentarli loro. Punto di forza di questa ricerca è il passaparola tra gli altri docenti, ma anche l’ascoltare i consigli dei ragazzi: sono loro che in classe raccontano, suggeriscono promuovono i loro libri preferiti.
Un esempio: libri di poesia per ragazzi
La poesia è un linguaggio e come tale va esplorato, condiviso e conosciuto. È necessario abituare e immergere i ragazzi nei versi, come si fa con qualsiasi testo letterario: doverosa è quindi la pratica con la poesia, non solo l’analisi e lo studio. I ragazzi devono ascoltare e leggere poesia e da lì comprenderla, nel senso di prenderla con sé: io credo che solo dopo che si sia fatta lentamente esperienza di poesia si possa entrarci dentro e scoprire come è costruita, i suoi ingranaggi insomma. Altrimenti il rischio è di sentirsi ripetere strutture strofiche, rime, figure retoriche e poetica senza che i ragazzi abbiano risposto alla domanda vera: cosa dice questa poesia? Perché lo dice in questo modo? Cosa mi sta raccontando? Qual è il senso di quella rima? Di quell’anafora?
Per abituare i ragazzi alla poesia esistono tanti buoni scrittori che parlano la loro lingua: Vivian Lamarque, Silvia Vecchini, Giusi Quarenghi, Bruno Tognolini.
Valga come esempio questa poesia di Silvia Vecchini che appartiene alla raccolta Poesia della notte, del giorno e di ogni cosa intorno.
Non il diario, non la foto di classe
Neppure i centimetri o il peso,
di me ne sa più la pelle
di quanto son cresciuto e con gusto
è tutto scritto qui, è tutto giusto:
la macchiolina chiara sulla spalla,
l’impronta della varicella,
tutte le cadute dalla bici
una dopo l’altra, cicatrici
il graffio del mio cane era un gioco,
il segno del fiammifero
quando ho scoperto il fuoco,
il taglio che mi ha fatto la conchiglia,
nessuno è uguale a me o mi somiglia.
Su gomiti e ginocchi c’è una storia,
se chiedo alla mia pelle
lei la sa a memoria.
Questa poesia spiega cosa significhi crescere e sceglie di farlo raccontando la pelle, mappa della nostra vita: quanti segni, quanti graffi, quanti dolori racchiude infatti. Le immagini evocate sono concrete e vanno dritte al punto, mostrano senza dire emozioni, sensazioni e paure: è un linguaggio comprensibile e condivisibile per i ragazzi. L’apparente semplicità nasconde un segreto, come mi scrisse Andrea nel suo commento: “è scritta per farci credere che si tratti di una cosa da bambini. Utilizza i diminutivi, le ripetizioni, le rime per spingerci a passare oltre, a non dargli troppo peso, in realtà io mi sono ritrovato molto in questa poesia, mi ha ricordato tutte le cadute e i segni sulla pelle, le tappe che ho vissuto fino a qui”. Oltre all’analisi e alla discussione in classe ho proposto la riscrittura di questo testo, da usare come modello. Ne sono uscite esperienze poetiche interessanti soprattutto per l’uso della parola ridotta all’osso, per il muoversi per immagine e per la ricerca di suoni e parole semplici e familiari. Il processo è questo: ascolto una poesia, mi immergo, entro dentro di lei per capirla e la faccio mia riscrivendola e rielaborandola. Solo allora posso scriverne un commento tecnico e personale.
A volte la poesia è semplicemente occasione di lettura e confronto, un linguaggio che parla quasi da un altro continente, ma che esprime in modo sintetico il marasma che i ragazzi vivono. I preadolescenti sono spinosi, accartocciati sui banchi, terribili e dolcissimi, mai uguali. Poche poesie come queste sono state in grado di dar voce proprio a quel modo di essere:
Mi giro sul banco, tra le braccia mi stringo
Mi chiudo e sbatto come una porta
guai a chi mi parla, a chi mi tocca.
Ho mille punte in questo momento
istrice o riccio io mi difendo
e se non attacco è perché attendo
che tu ti scusi con voce gentile
che sciolga il mio ghiaccio
che sleghi il mio laccio
che bussi all’orecchio
e io possa aprire.
Silvia Vecchini, ibidem
Mi accorgo di aver divagato e di essere partita dai libri per giungere ai ragazzi, ma c’è forse modo più grande e prezioso per prendersi cura di loro del mettergli in mando un libro? Del cercare insieme il libro giusto per loro? Del discutere ascoltare e promuovere la lettura e quindi lo sviluppo del pensiero complesso?
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