
Letteratura per giovani adulti / 7 – Intervista a Benedetta Bonfiglioli
A cura di Linda Cavadini
1. Quando ha iniziato a scrivere narrativa destinata ai ragazzi e quale è stata la molla che l’ha spinta a scegliere proprio i giovani come destinatari privilegiati dei suoi testi?
Ho cominciato a scrivere YA quando ho conosciuto il genere come lettrice editoriale. I ragazzi tra i 14 e i 19 anni sono la parte di umanità che preferisco e con cui mi sento più affine, per l’ampiezza estrema del loro sentire, senza compromessi, e per il bisogno che hanno di innamorarsi del bello, del futuro, di tutto.
2. Quali sono i temi più ricorrenti nella sua narrativa e a quale bisogno comunicativo rispondono?
Il rapporto con la famiglia, la solitudine, il diventare grandi ma, soprattutto, l’amore in tutte le sue forme: l’unica cosa per cui valga la pena, l’unica cosa che ti cambia la vita, che richiede coraggio vero e che ti regala una vita vera.
3. Ritiene che sia cambiato il modo in cui la sua generazione ha vissuto l’adolescenza e quello in cui la affrontano i giovani di oggi?
In parte. Certo nei gadget, nell’iperconnessione, nel sistema di valori bucherellato da incertezze travestite da nuove libertà. Non nella sostanza. L’urgenza delle ali che abbiamo sulla schiena a sedici anni è la stessa, in tutte le epoche. La profondità di introspezione, l’altezza di pensiero, l’ampiezza del sentire sono gli stessi. L’anelito verso l’infinito, l’eterno, l’altro, l’alto, il bisogno di conoscersi e nello stesso tempo di andare oltre il Sé. La sete di cammino. La ricerca di una meta, di qualcosa per cui valga la pena essere qui e diventare grandi.
4. Quali sono state le letture che l’hanno “formata” e quali sono, oggi, i modelli letterari cui si rifà?
Tutto quello che ho letto mi ha formata; dalla Bibbia, a Shakespeare a Calvino a Buzzati. Da un punto di vista narratologico mi affascinano gli autori francesi, mai banali; lo stile dei modernisti inglesi è quello che sento più affine.
5. La disaffezione dei giovani nei confronti della lettura è sempre più diffusa: quali pensa possano essere sono le ragioni principali e come le agenzie educative potrebbero operare per remare controcorrente?
Se i ragazzi non leggono è perché non sanno quello che si perdono. La lettura è esperienza del bello e se c’è una cosa che ho imparato lavorando con gli adolescenti è che non sono mai insensibili al bello. I ragazzi dovrebbero crescere circondati dai libri. Avere del tempo vuoto (senza telefoni, tv, corsi di NuotoDanzaMusicaRecitazionePercussioniPallavoloAstrofisica) da dedicare al viaggio in un libro. Questo tempo vuoto lo dà la famiglia, con il ritmo, le abitudini, le priorità. Se questo non accade è la scuola che ci prova. Conosco insegnanti aggiornati e appassionati che fanno della lettura la loro priorità didattica: perché non diventi solo pratica, ma amore vero. Sono loro per primi innamorati dei libri e del proprio mestiere, sempre in viaggio tra le pagine. Anche questa è una cosa di fronte alla quale gli adolescenti non restano mai indifferenti: la passione ardente.
6. La scuola resta un importante baluardo per cercare di innescare un circolo virtuoso tra giovani e lettura, soprattutto facendo leva su quello spazio, insieme periferico e centrale, di libertà costituito dalle letture personali assegnate nel corso dell’anno scolastico. È in questo ambito, inoltre, si potrebbe utilmente mettere in contatto i ragazzi con la narrativa dell’estremo contemporaneo. Potrebbe indicare tre romanzi o raccolte di racconti italiani o stranieri degli ultimi vent’anni, a suo parere irrinunciabili, che proporrebbe in lettura ad adolescenti tra i 16 e i 18 anni?
Premetto che per me un libro irrinunciabile è qualcosa che quando accade nella tua vita, la cambia. Che ha conseguenze profonde, perché è un incontro vero e ti riempie di stupore perché ti offre una prospettiva imprevista, una simile risonanza del cuore, uno spunto di pensiero inaspettato.
In questa prospettiva ho pensato a:
Niente, di Janne Teller, che demolisce le certezze di un sistema di valori chiedendo a gran voce al lettore di mettere a fuoco le cose in cui crede; Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda, perché accende nel lettore il desiderio di diventare un essere umano migliore e una profonda speranza nell’Umanità; infine Sette minuti dopo la mezzanotte, di P. Ness e Siobhan Down, perché la potenza delle emozioni che suscita lascia un vuoto dentro che deve essere colmato dalla vita ed è, in questo senso, un inno alla vita vera.
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