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diretto da Romano Luperini

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Il Quadro di riferimento per la redazione e lo svolgimento della prima prova dell’Esame di Stato: alcune osservazioni sulle griglie di valutazione

 L’articolo che segue si inserisce nel dibattito sulla prima prova dell’Esame di Sato e lo fa prendendo in esame la questione delle griglie di valutazione comune. Se grande scalpore hanno suscitato i modelli di tracce proposte, anche la scelta di una griglia ministeriale per uniformare i criteri di valutazione delle commissioni non è scevra di elementi di problematicità.

***

Il 26 novembre il MIUR ha emanato il Quadro di riferimento per la redazione e lo svolgimento della prima prova d’esame(d’ora in poi QdR) che contiene indicazioni più dettagliate rispetto al Documento di lavoro (il cosiddetto “documento Serianni”) del 4 ottobre e, soprattutto, le tanto attese griglie di valutazione della prova con indicatori e attribuzione dei punteggi.

Questo, in sintesi, lo stato dell’arte di quanto emerge dai documenti ministeriali emanati finora:

  • Le tipologie di prova sono tre:
  • Tipologia A (due tracce): Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano. Le due tracce potranno coprire archi cronologici (dall’Unità ad oggi) o generi diversi.
  • Tipologia B (tre tracce):Analisi e produzione di un testo argomentativo. La richiesta sarà duplice: dopo aver individuato gli elementi fondamentali del testo proposto (tesi, snodi argomentativi…), lo studente dovrà costruire una propria riflessione sulle tesi avanzate nel testo d’appoggio.
  • Tipologia C (due tracce): Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. Potrà essere accompagnata da un breve testo d’appoggio. Potranno essere richieste titolazione e paragrafazione dell’elaborato.
  • I testi proposti e le problematiche contenute nelle tracce potranno essere collegate, per tutte e tre le tipologie, agli ambiti disciplinari indicati all’art. 17 del D. Lgs 62/2017: artistico, letterario, storico, filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale.
  • La prova sarà valutata in ventesimi.
  • Le griglie di valutazione sono articolate in due blocchi: un primo blocco di indicatori valido per tutte e tre le tipologie di prova, un secondo blocco specifico per ciascuna tipologia.
  • La valutazione degli indicatori del primo blocco, quello generale, concorre al 60% del punteggio, la valutazione degli indicatori specifici per ciascuna tipologia di prova al restante 40%.
  • Gli indicatori generali per la valutazione sono forniti dal ministero, mentre è lasciata alle singole commissioni la declinazione dei descrittori e la ripartizione dei punteggi fra gli indicatori stessi.

Alcuni nodi (non secondari) ancora in sospeso

Prima di entrare nel merito dell’analisi delle griglie di valutazione, vorrei soffermarmi su due punti che risultano ancora non chiari, e che possono incidere non poco sia sul lavoro preparatorio delle classi che affronteranno l’esame sia sulla prova d’esame stessa.

Primo. Quale sarà il rapporto fra ambiti disciplinari e tracce? È abbastanza evidente che, se le tracce sono sette e gli ambiti otto, qualcuno di essi dovrà essere necessariamente escluso: con quale criterio? Saranno scelti o sorteggiati anno per anno oppure si ritornerà ad una situazione pre-1998, con tracce “d’indirizzo” – quindi, ad esempio, traccia di ambito artistico per Licei Artistici e Istituti Tecnici e Professionali di Grafica e Design; traccia economica per gli Istituti Tecnici e Professionali di area economicae per i Licei delle Scienze Umane ad indirizzo socio-economico… e così via?

Non solo, se secondo la precedente normativa dell’Esame di Stato l’analisi del testo poteva essere svolta su un testo «letterario o non letterario» (D.M. 389/1998), le nuove indicazioni limitano lo svolgimento della tipologia A ai soli testi letterari: ciò significherebbe che due delle sette tracce farebbero riferimento all’ambito letterario, lasciando i restanti sette ambiti a “turnare” (non si sa ancora secondo quali criteri) sulle cinque tracce restanti (tipologie B e C)? Ciò comporterebbe, però, una restrizione degli argomenti e delle problematiche sottoposte all’attenzione dei candidati. Oppure, anche nell’analisi del testo saranno proposte tematiche specificamente artistiche, filosofiche o economiche? Questa seconda opzione presenta un rischio evidente: quello di mettere in difficoltà gli studenti degli indirizzi nei cui piani di studio non sono comprese quelle discipline, magari rendendo di fatto impossibile lo svolgimento della prova o di una parte di essa.

Secondo. Se è ormai assodato che la valutazione della prima (e della seconda) prova sarà in ventesimi, non è ancora stata indicata la soglia della sufficienza: 12/20, come parrebbe abbastanza ovvio in un sistema di valutazione decimale che ha nei 6/10 la soglia di accettabilità? Oppure 10/20 come nel sistema scolastico francese? O, ancora, 14/20, come accade negli Esami di Stato successivi a quello di diploma (abilitazioni professionali, concorsi pubblici, ecc…), confermando così l’orientamento delle griglie di valutazione in vigore finora, per le quali era considerata sufficiente una prova da 10/15 e non da 9/15?

È chiaro che anche il lavoro delle singole commissioni nelle declinazione delle griglie non potrà non tenere conto di una variabile del genere, con una ricaduta diretta non solo sulla valutazione della prova, ma anche sul punteggio finale dell’esame.

Griglie ministeriali: un bene o un male?

Nel momento in cui il Decreto Legislativo n.62 del 13 aprile 2017, all’articolo 17 comma 6, ha annunciato che «Al fine di uniformare i criteri di valutazione delle commissioni d’esame, con il decreto di cui al comma 5, sono definite  le  griglie di valutazione per l’attribuzione dei punteggi» delle prove d’esame, nelle sale professori non ci sono state mezze misure: o gli alti lai di coloro che hanno visto nelle griglie “di Stato” una violazione del principio della libertà d’insegnamento tutelato dall’Art. 33 della Costituzione, o le grida di giubilo di coloro che hanno pensato (a seconda dei punti di vista) “oh, finalmente, una scocciatura in meno”, oppure “oh, finalmente, un po’ di ordine, rigore ed equità”, o ancora “oh, finalmente, così almeno sarà chiaro a tutti che cosa e come si dovrà valutare”.

Chi scrive (anche perché rassicurata dalla presenza, nella Commissione ministeriale, di una figura le cui posizioni in merito di didattica possono non essere sempre condivisibili in toto, ma di sicura competenza come il professor Luca Serianni) è certamente tra coloro che hanno visto favorevolmente – seppur con prudenza – la proposta di griglie ministeriali, anche perché coerenti proprio con il famoso Articolo 33 che, dopo aver affermato il principio della libertà d’insegnamento, così continua: «la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione». Come le Indicazioni Nazionali e i Profili in uscita, dunque, e soprattutto perché strumenti di valutazione di un Esame conclusivo di un ciclo di studi, le griglie ministeriali costituiscono un’enunciazione importanti dei traguardi a cui tendere, non certo una gabbia in cui costringere la didattica quotidiana. Nulla e nessuno, infatti, può obbligare gli insegnanti ad utilizzarle nel corso dell’anno, se non lo ritengono utile o necessario; nulla e nessuno può impedire agli insegnanti di continuare ad elaborare griglie di valutazione ad hoc per specifici obiettivi su cui stanno lavorando con i propri studenti.

Non solo, chiunque abbia fatto parte, almeno una volta, di una commissione d’esame sa benissimo che le griglie di valutazione non vengono quasi mai elaborate ex novo dalla commissione in seduta preliminare: solitamente si accettano quelle già in uso nella classe o nella scuola (ed inserite nel Documento del consiglio di classe del 15 maggio), oppure quelle proposte dal commissario di italiano (se esterno) o dal Presidente di commissione. Gli svantaggi di questo sistema sono abbastanza evidenti: nel primo caso, il commissario esterno deve adattarsi, in pochissimo tempo, a griglie mai sperimentate prima; nel secondo caso i candidati sono valutati su criteri diversi (a volte molto diversi) da quelli utilizzati nel corso del quinto anno o di tutto il triennio.

Adesso invece, almeno gli obiettivi finali e i criteri di valutazione dovrebbero essere omogenei per tutti. Certo, avrebbero dovuto esserlo anche prima, ma la scuola non è il panglossiano migliore dei mondi possibili, e griglie uniformi  per tutto il territorio nazionale, con obiettivi condivisi, potrebbero aiutare a risolvere non poche difficoltà pratiche .

Ma quali sono, dunque, questi obiettivi generali? E quale ruolo compete, ora, alle singole commissioni?

Gli obiettivi della griglie e il ruolo delle commissioni

Il QdR del 26 novembre indica chiaramente, sia nella descrizione degli Obiettivi sia nella formulazione delle griglie, due ordini di competenze di scrittura: quelle di base, che comprendono «la padronanza grammaticale, la capacità di costruire un testo coerente e coeso, una sufficiente capacità nell’uso dell’interpunzione e un dominio lessicale adeguato», e quelle specifiche, che variano a seconda della tipologia di prova.

Eccole qui enunciate:

Indicazioni generali per la valutazione degli elaborati

INDICATORE 1

• Ideazione, pianificazione e organizzazione del testo.

• Coesione e coerenza testuale.

INDICATORE 2

• Ricchezza e padronanza lessicale.

• Correttezza grammaticale (ortografia, morfologia, sintassi); uso corretto ed efficace della punteggiatura.

INDICATORE 3

• Ampiezza e precisione delle conoscenze e dei riferimenti culturali.

• Espressione di giudizi critici e valutazioni personali.

Indicatori specifici per la tipologia A

·             Rispetto dei vincoli posti nella consegna (ad esempio, indicazioni di massima circa la lunghezza del testo – se presenti – o indicazioni circa la forma parafrasata o sintetica della rielaborazione).

·             Capacità di comprendere il testo nel suo senso complessivo e nei suoi snodi tematici e stilistici.

·             Puntualità nell’analisi lessicale, sintattica, stilistica e retorica (se richiesta).

Indicatori specifici per la tipologia B

·             Individuazione corretta di tesi e argomentazioni presenti nel testo proposto.

·             Capacità di sostenere con coerenza un percorso ragionativo adoperando connettivi pertinenti.

·             Correttezza e congruenza dei riferimenti culturali utilizzati per sostenere l’argomentazione.

Indicatori specifici per la tipologia C

·             Pertinenza del testo rispetto alla traccia e coerenza nella formulazione del titolo e dell’eventuale paragrafazione.

·             Sviluppo ordinato e lineare dell’esposizione.

·             Correttezza e articolazione delle conoscenze e dei riferimenti culturali

Gli indicatori delle due griglie contribuiscono diversamente alla valutazione, poiché le competenze di base (riunite nella griglia “generale”) pesano per il 60% del punteggio, le competenze specifiche per il restante 40%

L’attribuzione del 60% del punteggio alle competenze di base dichiara in modo evidente la volontà di considerare la prima prova innanzitutto come una prova delle competenze linguistiche dei candidati più che di quelle letterarie o disciplinari. Ciò è comprensibile, e condivisibile, in un quadro in cui tutti gli studenti, di tutti gli indirizzi di studio, sono chiamati a sostenere lo stesso tipo di prova: l’obiettivo prioritario della didattica dell’italiano, allora – sembrano affermare i documenti ministeriali – sarà quello dello sviluppo di competenze testuali che abbiano una ricaduta anche al di fuori del dominio più propriamente letterario, in quanto attraverso la scrittura si strutturano e si articolano la riflessione e il giudizio critico del singolo.

Sulla base costituita da queste griglie, il compito lasciato alle singole commissioni è quello di stabilire il punteggio da attribuire ai singoli indicatori (o blocco di indicatori – questo non è chiaro, almeno finora) e declinarne i descrittori, dal livello della non sufficienza a quello dell’eccellenza. Cosa significa, in pratica? Significa che spetta alla commissione stabilire, ad esempio, che l’indicatore Ricchezza e padronanza lessicale vale 5 punti, così ripartiti:

  • Lessico molto colloquiale, generico e ripetitivo, talvolta improprio e scorretto, punti 1;
  • Lessico colloquiale e generico, con ripetizioni ed improprietà, punti 2;
  • Lessico semplice ma corretto, con alcune ripetizioni, punti 3;
  • Lessico corretto e appropriato, punti 4;
  • Lessico ricco, vario e appropriato, punti 5.

Il sistema di attribuzione dei punteggi, però, a differenza di quanto accade per le seconde prove (si vedano, ad esempio, i QdR delle seconde prove per i licei classici e linguistici), risulta molto elastico, perché il QdR non contiene, a parte la ripartizione dei punti totali tra griglia generale e specifica, ulteriori indicazioni che possano orientare il lavoro delle commissioni. Tale libertà può essere considerata un bene (soprattutto da coloro che temevano un eccessivo “ingabbiamento” della valutazione), ma anche esporre a rischi non indifferenti, come si vedrà in seguito.

È sicuramente positivo che l’elasticità nell’attribuzione dei punteggi dei singoli indicatori possa consentire almeno due ordini di adattamento:

  1. al curriculum di studi e al percorso didattico delle classi che verranno valutate con quella griglia: è pensabile, ad esempio, che l’indicatore Ampiezza e precisione delle conoscenze e dei riferimenti culturali possa assumere un peso differente in indirizzi di studio diversi (Licei ed Istituti Professionali, ad esempio);
  2. alle singole tipologie di prova: è chiaro che Ideazione, pianificazione e organizzazione del testo siano decisamente più semplici ed accessibili in una tipologia A, dove la traccia stessa richiede la suddivisione dell’elaborato in più parti e offre al candidato una serie di domande-guida che aiutano ad organizzare l’analisi ed il commento, piuttosto che in una tipologia C, dove la strutturazione del testo è completamente affidata allo studente.

A mio parere, infatti, le due parti della griglia di valutazione non dovrebbero essere considerate dalla commissione come monadi rigide, ma dovrebbero essere fatte “dialogare” tra loro, così da ottenere uno strumento il più possibile rigoroso ma anche ragionevole e flessibile.

Tale flessibilità, però, può anche avere aspetti di problematicità e prestare il fianco a distorsioni e abusi.

Elementi di criticità, 1. L’attribuzione dei punteggi

Innanzitutto, come si è detto, il punteggio complessivo è ripartito tra indicatori generali (60%) e specifici (40%); non però, come ci aspetterebbe, su un totale di 20 punti, valutazione massima della prova (in tal caso, la griglia generale varrebbe 12 punti, mentre la griglia specifica di ciascuna tipologia 8 punti), bensì su 100 punti (60 punti della griglia generale + 40 punti della griglia specifica):«il punteggio specifico in centesimi, derivante dalla somma della parte generale e della parte specifica, va riportato a 20 con opportuna proporzione (divisione per 5 + arrotondamento)».

Cosa significa, in concreto, tutto questo? Che la forbice di oscillazione del punteggio dei singoli indicatori risulta enormemente ampliata, e, di conseguenza, la discrezionalità della valutazione da una commissione all’altra: la commissione A potrebbe ad esempio decidere di ripartire equamente i 60 punti della griglia generale tra i tre blocchi di indicatori (20 + 20 + 20), mentre la commissione B potrebbe – legittimamente, a meno che non intervengano ulteriori indicazioni dall’alto – stabilire una ripartizione molto più sbilanciata in favore dell’uno o dell’altro indicatore, ad esempio, una ripartizione 10 + 40 + 10 o anche 5 + 5 + 50, giusto per esemplificare due possibili casi estremi. Idem dicasi (anche se su una scala di punteggio più ridotta) per le griglie relative alle singole tipologie.

Quello che dunque può risultare, in prima istanza, un elemento positivo di elasticità, che consente alle commissioni di adeguare le griglie ai singoli percorsi didattici, rischia – se usato male – di diventare un fattore di eccessiva differenziazione, se non di sperequazione, tra una commissione e l’altra, minando così alla radice il senso e la finalità dell’adozione di griglie valide su tutto il territorio nazionale e per tutti gli indirizzi di studio.

Elementi di criticità, 2. Gli indicatori

Altro elemento di criticità che può generare difficoltà all’interno delle commissioni e nella valutazione delle prove sono, a mio avviso, alcuni degli indicatori, innanzitutto per la loro formulazione.

Facciamo due esempi, particolarmente evidenti:

  • Indicatore 1 della griglia generale: Ideazione, pianificazione e organizzazione del testo. Ora, è chiaro a chiunque abbia dedicato un minimo del proprio tempo alla riflessione e allo studio della didattica della scrittura che ideazione e pianificazione non sono caratteristiche di un elaborato scritto, ma fasi del processo di scrittura. Possono essere valutate? Certo che sì, se in classe viene svolto un lavoro specifico che consenta all’insegnante di valutare, ad esempio, le variazioni tra la fase dell’ideazione (brainstorming, lista delle idee…), quella della pianificazione (scaletta, mappa, schema…) e le diverse fasi della scrittura (per semplificare, tra la  “brutta” e la “bella”): dal confronto tra le diverse stesure è possibile valutare, ad esempio, lo spostamento di un paragrafo, o l’inserimento di uno specifico esempio, o la variazione di incipit e conclusione, e la loro ricaduta sulla coerenza ed efficacia del testo. È però questo che viene richiesto a chi valuta la “prova secca” dell’esame? Io credo di no, innanzitutto perché la valutazione del processo di scrittura, che ha carattere eminentemente formativo, avrebbe ben poco senso in unaprova sommativa per eccellenza come quella d’esame. In secondo luogo, tale valutazione richiede un tempo consistente, tempo che generalmente i commissari di italiano non hanno a disposizione (soprattutto da quando la normativa ministeriale impone di iniziare la correzione al termine di tutte le prove).
  • Indicatore 2 della griglia specifica per la tipologia C: Sviluppo ordinato e lineare dell’esposizione. La presenza degli aggettivi ordinato e lineare indicherebbe una preferenza per testi costruiti secondo una progressione continua introduzione-sviluppo-conclusione, senza digressioni o riprese successive di uno o più argomenti. Ma se uno studente fosse in grado di costruire un testo complesso, con una dispositio degli argomenti non lineare ma non per questo meno coerente, sarebbe da punire con un punteggio più basso? Ecco che, in questo caso, un adeguamento rigido alla griglia rischierebbe di penalizzare un elaborato magari di livello più che buono.

L’esempio di questo secondo indicatore ci porta al secondo elemento di criticità degli indicatori stessi, ovvero la presenza di alcuni di essi, seppur in forme parafrasate e modificate, in entrambi i blocchi della griglia. È evidente, infatti, che un indicatore come  Sviluppo ordinato e lineare dell’esposizione rientri a pieno titolo nel dominio di quelle Organizzazione del testo e Coesione e coerenza testuale valutate dal primo blocco di indicatori della griglia generale – elo stesso può essere detto per l’indicatore Capacità di sostenere con coerenza un percorso ragionativo adoperando connettivi pertinenti presente nella griglia specifica per la tipologia B, così come per altri indicatori specifici che sono già presenti, sebbene con una differente formulazione, nella griglia generale. È chiaro che ciò avviene perché la griglia “specifica” ha il compito di valutare alcuni tratti caratteristici della singola tipologia (che è bene abbiano un certo peso nella valutazione), ma è anche evidente il rischio concreto che il punteggio finale della prova dipenda in modo eccessivo da uno o due degli indicatori che, seppur in formulazioni e sfumature differenti, si riferiscono allo stesso obiettivo.

Come dovrebbe comportarsi, dunque, la commissione? Di certo, il lavoro di riflessione preliminare, nel tentativo di far – come detto prima – “dialogare” le due griglie, così da evitare da una parte sperequazioni nell’attribuzione dei punteggi ai singoli indicatori, dall’altra un generale appiattimento valutativo che non renda ragione delle specificità e delle difficoltà delle singole tipologie di prova, dovrà essere accurato e ben ponderato, al fine di considerare attentamente tutti gli aspetti di complessità e le problematicità fin qui evidenziate.

Da quanto detto, dunque, appare chiaro che la formulazione delle griglie di valutazione da parte degli esperti ministeriali non sottrae affatto alle commissioni (o ai Dipartimenti disciplinari, che in parte hanno già cominciato a muoversi e a confrontarsi sui documenti fin qui emanati) l’assunzione di una responsabilità piena e attiva nella scelta dei descrittori e dei range di punteggio, dunque nella valutazione tout court della prova. Anzi, proprio per la presenza di alcune criticità e di ampi spazi discrezionalità nell’attribuzione dei punteggi (non sappiamo se voluti o meno), l’azione della commissione dovrà essere il più possibile attenta e ragionata, anche nella consapevolezza che – nel nuovo quadro generale dell’Esame di Stato – il punteggio della prima prova scritta avrà un peso molto maggiore sulla valutazione finale del candidato rispetto a quanto avvenuto dal 1998 ad oggi.

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