Quattro punti di vista sulla dispersione scolastica
Punto di vista n.1: a che cosa serve il mio lavoro?
Insegno in una scuola professionale e tecnica di Palermo dove i ragazzi arrivano carichi di rabbia e spaesamento, costretti a scuola dall’obbligo scolastico. Le mie classi non coincidono mai con l’elenco ufficiale fornito dall’ufficio alunni. Ne ho in elenco alcuni, quasi una decina, che non ho mai visto. Si vede che da qualche parte li hanno iscritti d’ufficio. Fin da settembre chiamiamo le famiglie e, se queste si negano, la scuola li segnala ai servizi competenti. Intanto quei nomi restano lì, poco più che spettri che appaiano e dispaiono seguendo la ciclicità dei controlli. Io non li conosco. Il mio lavoro non li tocca.
Altri ragazzi arrivano e subito dichiarano che nulla intendono fare, che a scuola li hanno costretti a venire. Attendono che si apra a febbraio il corso di formazione che loro desiderano frequentare, di programmatore, di pizzaiolo, di estetista. In effetti dopo un po’ vanno via. Ma non si sa bene che ne è di loro. Il sistema della formazione professionale non fornisce, a differenza della scuola pubblica, un’anagrafe degli studenti. Manca un’anagrafe regionale della popolazione studentesca siciliana. Mi chiedo il perché, anche se questo non è il mio lavoro.
Con 35 nomi e 20 persone il mio lavoro continua per il resto dell’anno, chiedo loro molto, perché molto devo ancora ottenere. Gramsci sui professionali mi ha insegnato che non tutto quello che è complesso deve essere semplificato. Che un eccesso di semplificazione coincide con una banalizzazione degli insegnamenti. E di insegnamenti banali (sarà banale dirlo) i miei ragazzi non hanno bisogno. Quindi sono esigente, creo una distanza tra me e loro e li invito a percorrerla tutta con determinazione. L’invito non è mai formale: so che anche se sbagliano congiuntivi ed espressioni possono farcela, che possono dare molto a loro stessi e a noi tutti, che possono avere più opportunità dei loro genitori. E questo lo so non perché abbia letto De Amicis; lo so per averlo visto, il mio lavoro, diventare mestiere e dignità sociale.
A giugno si miete. L’anno scorso abbiamo raccolto questo.
NON PROMOSSI |
NON SCRUTINATI |
PROM. /AMM. |
SOSPESNIONE GIUDIZIO |
|
PRIME |
10,50% |
37,50% |
36.8% |
20,20% |
Fonte: Monitoraggio regionale dispersione scolastica a.s. 2012/2013 IIS Medi, Palermo
Ad una prima lettura della tabella si potrebbe dire che nel passaggio delle prime alle seconde (sommando respinti e studenti in dispersione) la mia scuola abbia perso circa il 48% degli alunni. Se così fosse dovrei trarne una sola conseguenza: lavoro davvero male. E poiché lavoro male, è bene che le famiglie non mi affidino più i loro figli. Mi interrogo allora e rifletto. Rifletto confrontando quello che leggo con quello che vedo e ne traggo questo: a ben guardare si imputa oggi alla scuola ciò che prima dell’innalzamento dell’obbligo scolastico si imputava con sicurezza alla politica e all’irrisolta questione sociale del meridione, l’esistenza, cioè, di grandi masse di popolazione escluse, che finiscono nel rendiconto della scuola sol perché la scuola rendiconta onestamente laddove la politica e i privati scaricano. Siamo la bad company di una società che non cerca di riscattare le ingiustizie e le ineguaglianze.
Punto di vista n. 2: una mela più una pera fa un pettegolezzo
La scuola è un grande tema della politica e della società. Lo sanno i giornalisti che ci scrivono su e certamente lo sa Salvo Intravaia che scrive di scuola per la Repubblica. Il suo lavoro, potremmo dire, è darci elementi di riflessione sulla scuola. Parte di questi elementi di riflessione sono i dati, proprio come quelli forniti lo scorso 5 febbraio sulla mia scuola ed altre della città.
Indirizzo |
Istituto |
Respinti al 1 anno |
Cambiano scuola |
Lasciano la scuola |
Artistico |
Ragusa-Kiyohara |
49,00% |
5,50% |
0 |
Professionale |
Medi |
48,80% |
9,30% |
9,30% |
Alberghieri |
Borsellino |
48,20% |
0,70% |
0 |
Tecnico Ind. Economico |
Duca Abruzzi-Grassi |
46,90% |
10,30% |
1,10% |
Tecnici tecnologici |
Volta |
40,20% |
4,30% |
0 |
Scienze umane e linguistici |
Danilo Dolci |
22,00% |
2,20% |
0 |
Scientifico |
Einstein |
15,70% |
11,30% |
0 |
Classico |
Meli |
9,80% |
21,50% |
0 |
Fonte: la Repubblica Palermo, 5 febbraio 2014
Leggendo con interesse l’articolo e la tabella mi faccio delle domande.
-
Come mai nell’articolo non è citata con esattezza la fonte dei dati? Non si tratta di dati sensibili.
-
Perché si mette in relazione sin dal titolo (“Iscrizioni nei licei ecco le scuole che bocciano di più”) il tema dell’iscrizione al prossimo anno scolastico con il numero di promossi? Si genera così un’inferenza poco pedagogica: le scuole più appetibili sono quelle che promuovono i ragazzi.
-
Come mai non si mette in relazione il fatto che le “scuole che bocciano di più” sono proprio le scuole che insistono sui contesti più difficili? Si pensa che la scuola faccia storia a sé.
-
Perché nella tabella si considerano “respinti al primo anno” gli alunni in dispersione scolastica? Molti di questi la scuola non li ha mai visti. Registra solo un fallimento, che è di tutti.
L’articolo di cronaca citato non dà informazioni chiare e complete e non genera spunti utili al dibattito. Addirittura, pur in presenza di dati macroscopici, neppure mette a fuoco il problema dell’abbandono della scuola. Il giornalista si cimenta invece a comparare mele e pere (licei e professionali) e a sommare banane e noci di cocco (respinti e alunni in abbandono). Peccato ridurre un tema importante come quello della dispersione scolastica a pettegolezzo cittadino.
Punto di vista n. 3: poveri contro poveri (ma in ripartenza)
«La dispersione non è più un problema esclusivo del Sud ma riguarda purtroppo le aree di esclusione economica e sociale di tutto il paese. I dati sono allarmanti anche al Nord: nel 2011 la Lombardia aveva quasi lo stesso numero di ragazzi dispersi della Campania. La percentuale può essere più bassa, ma su una popolazione scolastica più alta c’è una questione in termini di quantità, quindi bisogna vederla in questa complessità». Quindi? Quindi le risorse contro la dispersione devono essere allocate anche al Nord. E in che misura? Secondo Rossi Doria dando, ad esempio, 2 milioni e 200 mila euro alla Lombardia e 1 milione e 500 mila euro alla Sicilia.
D’altronde a ripianare il divario fra Nord e Sud ci pensa già l’Europa con uno stanziamento di 50 milioni di fondi anti-dispersione destinati a Calabria, Puglia, Campania e Sicilia.
La disposizione con cui, mettendo in contesa poveri contro poveri, si ripartisce il magro bottino dei 15 milioni di euro italiani fa parte del decreto legge intitolato “l’istruzione riparte”. Punti di vista anche questi.
Punto di vista n. 4: arriva la task force
«Nella ripartizione dei fondi – attacca Davide Faraone – si è tenuto conto più della popolazione scolastica che della dispersione: così facendo però il divario tra scuola del Nord e del Sud non si ridurrà mai. Il Pd propone invece una vera e propria task force sul mezzogiorno che studi le realtà più a rischio e tenga conto di tutte le problematiche esistenti e, sulla base di questi dati, trovi soluzioni mirate e ad hoc».
Mi sembra saggio: le scelte si fanno guardando in faccia la realtà e se gli insegnanti da soli, i giornalisti da soli, i sottosegretari da soli non riescono a mettere a fuoco il problema nella sua complessità (un modo più elegante di dire che fanno confusione), è bene che la prospettiva si ampli, che un’avanguardia politica, come quella del nuovo Pd, chiami a raccolta le truppe e istituisca – perché no? Non se ne avranno di certo i nostri storici, i nostri sociologi o all’Istat? – un’unità di pronto intervento per la scuola, le realtà a rischio e il mezzogiorno.
Ora si va di fretta. Non stiamo a cavillare tirando in ballo ancora Franchetti e Sonnino, i contesti degradati, il sistema capitalistico e la scuola come dispositivo del potere; troppo tempo è passato a gingillarsi in letture sofisticate e siamo sempre allo stesso punto.
Può darsi. In effetti esiste un punto cieco da cui ogni sguardo sull’esclusione si diparte e a cui non può tornare: è la condizione di privilegio dell’incluso che vorrebbe annientare l’esclusione mantenendo in vita la parte di sé – salvifica (punto di vista 1), superficiale (punto di vista 2), cinica (punto di vista 3), trionfante (punto di vista 4) – che pure la genera.
_____________
NOTA
La prima parte di questo articolo, in forma leggeremente diversa, è uscita su www.tuttavia.eu.
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