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diretto da Romano Luperini

La poesia di Michael Longley

L’Accademia dei Lincei ha assegnato il Premio internazionale “Antonio Feltrinelli” per la poesia a Michael Longley (Belfast, 1939), uno tra i maggiori poeti in lingua inglese in attività. Il premio corona una carriera marcata dai più prestigiosi riconoscimenti, dal T.S.Eliot Poetry Prize alla Queen’s Gold Medal for Poetry, al Pinter Pen Prize. Non è questo il primo riconoscimento italiano: nel 2005, anno in cui è stata pubblicata in Italia la prima selezione delle sue poesie – Lucciole alla cascata (Torino, Trauben, 2005)-  gli fu conferito il Premio Librex Montale.

1. Gli esordi

La prima raccolta di Longley – No Continuing City – esce nel 1969, lo stesso anno di Door into the Dark, seconda raccolta di Seamus Heaney e di Night-Crossing, libro d’esordio di Derek Mahon. Un libro sui viaggi interiori, lo ha definito il poeta, centrato sui temi della permanenza e della transitorietà. La locuzione viene dalla Lettera di San Paolo agli Ebrei  (13:14) nella traduzione della King James Bible “For here have we no continuing city, but we seek one to come.” ( Perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura). Il titolo, che è anche quello di una poesia della raccolta, in cui il poeta si congeda dagli spensierati amori giovanili per dichiarare fedeltà alla donna di cui si è innamorato, è un topos nella predicazione protestante e figura ricorrente nella comunità di provenienza di Longley. È importante sottolineare qui l’utilizzo ironico di una citazione religiosa, che suona come implicito rifiuto di quei fondamentalismi che tanta parte avranno nella crisi che scoppierà proprio in quello stesso, fatidico, anno. 

Altrettanto importante è segnalare che la donna per la quale si  dichiara chiusa una fase esistenziale, Edna Longley née Broderick, è quella che diverrà la sua compagna di vita. La ricordiamo qui perché figura cardinale nell’opera del poeta, ispiratrice di tanti versi: da “Epithalamion”, poesia che apre la prima raccolta alla corona di componimenti che celebrano i cinquant’anni di vita e passioni condivise della coppia. Quest’ultima sequenza è inclusa nella terzultima raccolta , Angel Hill , di cui esiste una pregevole edizione italiana per le cure di Paolo Febbraro (Elliot, 2019).

Hai passeggiato con me tantissime volte

lungo il sentiero pietroso per Carrigskeewaun

fermandoti tra i cerchi delle streghe a raccogliere

funghi per la colazione e per la poesia.

(“Cinquant’anni”, Angel Hill)     

Altro dato non trascurabile, Edna Longley è una tra le più importanti e ascoltate voci critiche della letteratura irlandese contemporanea e sua prima lettrice, come il poeta stesso si premura ricordarci nelle note in calce ad ogni raccolta. Una conversazione che continua anche nel sonno:

La tua intelligenza sonnecchia accanto alla mia.

Cumuli di poesie tra i cuscini.

(“Cuscini”, Angel Hill)  

2. Assi tematici cardinali

È stato il poeta stesso ad affermare che, alla sua morte, la sua opera risulterà composta da “una lunghissima poesia d’amore; una lunghissima meditazione sulla guerra e la morte; una lunghissima poesia ispirata alla natura e una poesia giocosa sull’arte poetica”. Si tratta di territori dell’immaginazione, preoccupazioni e ossessioni su cui il poeta ritornerà incessantemente e da sempre nuove prospettive nel corso di sessant’anni, ma già presenti, tutti, nella sua prima raccolta, che possiamo così a ragione considerare come un vero e proprio nucleo genetico. E non soltanto dal punto di vista tematico, ma anche dal punto di vista formale. Il poeta è mosso, infatti, sin dagli esordi dall’aspirazione, più volte dichiarata, a elaborare uno strumento espressivo all’altezza tanto della migliore produzione poetica contemporanea in lingua inglese – britannica e americana – quanto – e forse più – dello standard stabilito per tutti dalla lezione di W.B. Yeats, che su quel canone avÈeva impresso un così vistoso e ineludibile segno. “The Ornithological Section”, nella prima raccolta, oltre che indicare programmaticamente un campo di interesse vitale, è un riuscitissimo esercizio formale nell’articolazione dell’ottava yeatsiana, quella magistrale, per intendersi, di “The Wild Swans at Coole, di cui il componimento echeggia le cadenze e i ritmi con superba perizia. Una tensione, questa formale e stilistica, che si allenterà solo nella produzione del nuovo millennio

Ai temi indicati dal poeta si dovrà aggiungere la straordinaria funzione attribuita all’amicizia e al dialogo fra spiriti affini. Si tratta di poeti (Heaney, Mahon, Simmons – cui è dedicata la sua seconda raccolta, An Exploded View del 1973 –  e poi Muldoon: “Ecco i poeti della mia giovinezza seduti intorno al fuoco: Heaney, Mahon, Muldoon” (“Menu”), ma anche di scrittori, pittori, musicisti (la musica è interesse primario da quella classica a quella tradizionale irlandese passando per il jazz). Un posto particolare occupano le persone con cui egli condivide la passione per il mondo naturale – ornitologi, entomologi, geologi, botanici – dedicatarie di numerose poesie o elegie. Un ambito, quello scientifico-ecologico, con un così forte impatto e con così coerente presenza nell’opera.

Per quanto attiene al tema basilare della guerra e della morte, esso gli offre il destro, da un lato, per analizzare il rapporto con la figura molto amata del padre, combattente sia nella Prima guerra mondiale, nelle trincee della Somme, sia nella Seconda, e, dall’altro, di recuperare la lezione di modelli quali Edward Thomas, in primis, Isaac Rosenberg, Wilfred Owen, Keith Douglas, Rupert Brooke, Ivor Gurney. Poeti che dalla loro esperienza al fronte trassero versi memorabili e che rimarranno per Longley punti di riferimento costanti, dedicatari o ispiratori di numerose poesie. La riflessione sulla guerra si allargherà a includere ed elaborare l’epos omerico e, unita all’antimilitarismo dei war poets citati, avrà una sua necessità cogente poiché fornirà al poeta quell’armamentario intellettuale e poetico indispensabile ad avviare una sua particolare meditazione sul fenomeno della violenza, così pressante nella sua comunità, e una propria ponderata risposta alle uncivil wars che scuoteranno l’Ulster per più di un trentennio.

3. Esperienze formative

No Continuing City è il primo, già alto, prodotto di un apprendistato poetico che Longley compie a Dublino, da studente universitario al Trinity College. Egli ha in più di un’occasione sostenuto che le discussioni quotidiane sulla poesia con Derek Mahon, suo collega di studi a TCD, costituiscono il suo vero tirocinio. Trinity College e Dublino lasceranno altri durevoli segni nella formazione e nel bagaglio poetico di Longley: gli studi classici con maestri di eccezione – il grecista W.B. Stanford, tra gli altri, un grande studioso di Omero – e la lezione di Joyce e dell’Ulisse che ribadisce, da una prospettiva totalmente nuova, la fecondità del lascito omerico. Lascito di immagini, modelli, miti, storie che si trasformeranno in pregnanti correlativi oggettivi per l’elaborazione di risposte all’altezza del ventaglio di esperienze che gli toccheranno in sorte. La poesia di Longley, in particolare quella ispirata all’epos omerico, si muove, infatti, come ha ben visto Eavan Boland, sul filo della tensione tra lo scompiglio prodotto dalla sofferenza e la ricerca di una simmetria, di una forma adeguata che ne mantenga la complessa polivalenza. Ne ha dato Longley stesso una sintesi illuminante in un’intervista a Peter MacDonald uscita su Thumbscrew nel 1998:

Le scene dell’Odissea combaciavano con emozioni che avrei trovato quasi impossibile affrontare altrimenti: dolore straziante, paranoia, amarezza, odio, paura. Omero mi ha dato un nuovo vocabolario emotivo e psicologico.

Citiamo, come esempio, del trattamento e della congruenza dei poemi omerici con il qui e l’ora, la poesia “Ceasefire” (Cessate il fuoco) pubblicata sull’ Irish Times nell’agosto del 1994, qualche giorno dopo la firma dell’accordo del Venerdì Santo che avviava il processo di riconciliazione tra le comunità in conflitto nell’Ulster. Compressa nei 14 versi di un sonetto, incluso poi nella raccolta The Ghost Orchid del 1995, è la vicenda di Priamo che si reca da Achille per richiedergli il corpo del figlio, Ettore, ucciso dal Pelide:

Con le lacrime agli occhi, ricordando suo padre

Achille prese il vecchio re per mano scostandolo da sé

con dolcezza, ma Priamo si accovacciò ai suoi piedi e

pianse insieme a lui colmando la sala di tristezza.

(“Cessate il fuoco”, Lucciole alla cascata)

Nel distico finale, il vecchio re bacia la mano di Achille, ben sapendo che quella è la mano che ha ucciso suo figlio. Longley ama citare il teologo americano Dan Shriver, secondo il quale “Il ricordo e la cura sono interdipendenti”. La riconciliazione, infatti, come avrebbe confermato, l’anno dopo, l’esperienza sudafricana con il tribunale fortemente voluto da Desmond Tutu e Nelson Mandela, non può avvenire se si cancella la memoria dell’offesa. L’onestà della memoria esige, inoltre, che si precisi, contro i facili entusiasmi, che la tregua di cui si parla nell’Iliade fu, appunto, solo una tregua, alla fine della quale il massacro riprese.

4. Percorsi di vita  

Al contrario della gran parte dei suoi colleghi ed amici, Longley non lascerà Belfast. Vi resterà lavorando per l’Arts Council dell’Ulster per più di 20 anni. In una società squassata da una guerra civile al rallentatore, e in preda a uno spasmo prolungato di paralisi sociale, Longley riuscirà solo per un breve periodo a conciliare il gravoso impegno di operatore culturale in un così difficile contesto con la produzione poetica. Tra il 1973 e il 1980 darà alle stampe altre tre raccolte: An Exploded View (1973); Man Lying on a Wall (1976) e The Echo Gate (1979).

Con The Echo Gate si chiude una fase cui seguirà un silenzio che durerà più di dieci anni. Durante questo lasso di tempo i suoi lettori avranno sicuramente rimpianto il poeta autore di versi straordinari, tra i quali citiamo come esempio illuminante quelli di “The Linen Industry” tratto proprio dall’ultima raccolta prima del silenzio. Si tratta di un componimento d’amore, in cui si intrecciano con rara perizia riferimenti, oltre che a Yeats, ai maestri della lirica amorosa del ‘600: Robert Herrick, John Donne, Andrew Marvell. È un testo complesso, nella sua accezione originale di textus, dai molteplici echi, in cui la manifattura del lino e il suo prodotto finale diventano metafora e illustrazione dell’atto amoroso oltre che della scrittura poetica. Versi che sono, secondo Neil Corcoran, uno dei più riusciti esempi dell’erotismo botanico di Longley (la versione integrale del testo si trova in calce all’articolo):

Cos’è la passione se non una battitura di steli caparbi,

e poi una delicata pettinatura di fibre come capelli

e un intreccio di questi in vesti battesimali,

In abiti per matrimoni o funerali?

(“L’industria del lino”, Lucciole alla cascata)

È in questo periodo che il poeta e sua moglie trovano una salutare forma di distacco dalle tensioni a Carrigskeewaun, distretto agricolo nella contea di Mayo nell’Irlanda dell’Ovest, che cominciano a frequentare nei primi anni Settanta. È lì che gli sarà possibile nutrire e sostenere quella vena particolare di poesia di natura di cui è maestro indiscusso e tra i cui antecedenti figura l’irregolare poeta John Clare, citato più volte, Dylan Thomas come vedremo e Gary Snyder. A chi gli rimprovera di dedicare troppo tempo a questo genere di poesie, Longley ha buon gioco a far notare come la difesa dell’ecosistema sia forse la questione delle questioni del nostro tempo. Nel ritiro di Carrigskeewaun, Longley si preparerà ad assolvere anche a un altro fondamentale dovere: approfondire il contatto con la storia e la cultura irlandese ricollegandosi non solo alla grande tradizione letteraria in gaelico ma alle misteriose presenze, ai segni di un antico passato precoloniale di cui quel territorio è costellato. Motivo ricorrente sarà il burial mound, il tumulo sepolcrale dei tempi antichi, più volte citato, vero e proprio temenos in quei luoghi di cui il poeta osserva e descrive gli equilibri vitali di flora e fauna, la vitalità stessa del paesaggio: “La campagna è tutta orecchi, occhi/ per decifrare i nostri movimenti” (“In Mayo”)

5. Speech after a long silence

Alla fine del decennio di inoperosità poetica, quando neppure più sperava di riuscirci, ma forse proprio grazie alle osservazioni e riflessioni sviluppate nella pace di Carrigskewaan, il poeta ristabilirà come per miracolo il contatto con quelle che Seamus Heaney ha definito le “stazioni segrete”. Come si dice nell’ultima raccolta, “Il silenzio che è durato un millennio, è una specie di poesia”(“Sappho”, The Slain Birds)

Tra il 1991, anno in cui egli lascia il lavoro di direttore dell’Arts Council, e la fine del secolo, Longley pubblica altre due raccolte – Gorse Fires – nel 1991 e The Ghost Orchid,  nel 1995, che gli valgono una serie di premi letterari prestigiosi in patria e all’estero  e un pubblico crescente di lettori affezionati.

La rivisitazione dell’epica omerica produrrà In Gorse Fires componimenti memorabili quali “Homecoming, “Anticleia”,” Argos”. Compare, inoltre, per la prima volta, il tema della Shoah. Una visita al museo dell’Olocausto di Montreal, gli ispira Terezin: un solo icastico distico: “Nessuna stanza è stata mai silenziosa come la stanza / in cui centinaia di violini sono appesi all’unisono//”. Dopo Auschwitz, dice il poeta, correggendo Adorno, si deve continuare a fare poesia, ma questa deve cambiare, deve essere in grado di gettare lo sguardo su quanto c’è di peggio e quel peggio per noi è Auschwitz. Se la poesia non fissa il suo sguardo sul male, “a full look at the worst”, come aveva già indicato Thomas Hardy, non ha ragione di essere. (Intervista a chi scrive, Lo Straniero, n.71 2006)

6. Le raccolte del nuovo millennio

The Weather in Japan (2000) e Snow Water (2004) contengono delle novità in termini stilistici. Si predilige il componimento breve, un’economia linguistica essenziale, che ben si attaglia sia all’approccio basato sulla vista esplosa sia a una concezione dell’arte come equilibrio precario e delicatissimo, attività naturalmente votata alla restaurazione a livello simbolico di un ordine sconvolto. Vi troviamo ribadita la fede nella poesia – lifesaving sarà definita nella poesia “I sonetti” in Angel Hill – e in particolare nell’elegia come strumento di elaborazione della perdita, nella forza terapeutica che i versi possiedono nel ricostituire sulla pagina quanto è stato spezzato e frantumato nella vita.

La tensione elegiaca e i componimenti dedicati a flora e fauna si intensificano nelle ultime raccolte, in particolare Angel Hill (2017) e The Candlelight Master (2020) e nell’ultima fresca di stampa, The Slain Birds. Vi sono cantati, nella prima, i fanti del primo conflitto sepolti nel cimitero da cui la raccolta prende il titolo o il figlio pianto dalla madre, nella versione libera della poesia di Peadar Ó Doirnín, “Il lamento della madre” che tale raccolta chiude. Mentre nella seconda, sono onorati pittori in tarda età figure che rispecchiano l’indomito impegno di Longley, che continuano a lavorare infaticabili, Matisse, Orpen, Bonnard (“È tutta la vita/ che tento di capire/ il segreto del bianco), o amici scomparsi, Seamus Heaney, in primis, nella poesia “Sedge-Warblers” – Forapaglia –  in cui il modello è Callimaco che piange per Eraclito:

Callimaco che pianse Eraclito dicendo

che le sue poesie erano usignoli

che la morte non avrebbe mai ghermito

si unisce a me sulla tua tomba.

Non ci sono usignoli in Irlanda,

ma la notte a volte cantano i forapaglia

e sono scambiati per usignoli.

La morte, quindi, che agguanta ogni cosa

lascerà a Bellaghy intatte

le tue poesie, il canto del forapaglia.

 (“I forapaglia”, The Candlelight Master)

Anche questa poesia, come “The Linen Industry, è un altro degli esempi delle genealogie del poeta, del raffinato gioco intertestuale con la tradizione. La definizione ironica di usignolo irlandese per il forapaglia viene, infatti, da una poesia dello stesso Seamus Heaney, “Serenades”, in Wintering Out (1972): “L’usignolo irlandese/ è un forapaglia / un uccellino con una voce grossa/ che schiamazza tutta la notte”. E ancor prima, dalla poesia di Edward Thomas, un poeta come abbiamo visto molto caro a Longley, intitolata appunto “Forapaglia”: “La loro canzone priva di tutte le parole, di tutta la melodia/ quasi di tutta la dolcezza/ mi era ora più cara/della voce più dolce che intona parole soavi.”

Il titolo dell’ultima raccolta, The Slain Birds, è preso dal verso che chiude una poesia molto nota di Dylan Thomas,”Over Sir John’s Hill” . Il verso recita: “for the sake of the souls of the slain birds sailing (“per amore delle anime in volo degli uccelli uccisi”). Si tratta innanzi tutto di un omaggio a una figura straordinaria di poeta che ebbe un profondo influsso sulla poesia in lingua inglese, scossa dalle fondamenta dal genio straordinario del poeta gallese e dal suo “esplosivo talento”, come lo ha definito Derek Mahon. Tanto più appropriata questa scelta, perché quel titolo e quei versi, che rimandano alla preoccupazione del poeta sul futuro del pianeta, sono in origine per Dylan Thomas provocati dalla prefigurazione del disastro nucleare, in quegli anni assillo reale e diffuso. Nella poesia di Thomas, il nucleare “falco in fiamme”, nella sua “nuvola innalzata”, minaccia gli uccellini della baia. Anche per Thomas, dilettante ornitologo anche lui, il paesaggio stesso, che ospita e nutre variegate forme di flora e fauna, puntualmente osservate e nominate nelle loro innumerevoli manifestazioni e sviluppo, vive di una sua propria vita.

Nella sua ultima raccolta, Il poeta è attorniato dai nipoti che ne seguono le orme, in profonda empatia con il nonno di cui sembrano condividere le inquietudini. Sembrerebbe quindi anche una sorta di testamento spirituale, non estemporaneo ma frutto di preoccupazioni e assilli su cui Longley riflette da una vita e che costituiscono parte integrante della sua poesia.

Nel tributargli il Pen Pinter Prize, nel 2017, la giuria riconosceva in Longley quello “sguardo indefettibile”, auspicato da Pinter per scrittori e poeti. Uno sguardo che non solo non si ritrae davanti a quanto c’è di peggio, ma che spesso si appunta su figure marginali e in ombra le cui vite sono raramente turbate da descrizioni letterarie. Si tratta del dovere cruciale come sosteneva Pinter nel discorso di accettazione del Nobel di mostrare quella “incrollabile determinazione come cittadini a definire la verità vera delle nostre vite e delle nostre società”.

The Linen Industry

 Pulling up flax after the blue flowers have fallen

And laying our handfuls in the peaty water

To rot those grasses to the bone, or building stooks

That recall the skirts of an invisible dancer,

.

We become a part of the linen industry

And follow its processes to the grubby town

Where fields are compacted into window-boxes

And there is little room among the big machines.

.

But even in our attic under the skylight

We make love on a bleach green, the whole meadow

Draped with material turning white in the sun

As though snow reluctant to melt were our attire.

.

What’s passion but a battering of stubborn stalks,

Then a gentle combing out of fibres like hair

And a weaving of these into christening robes,

Into garments for a marriage or funeral?

.

Since it’s like a bereavement once the labour’s done

To find ourselves last workers in a dying trade,

Let flax be our matchmaker, our undertaker,

The provider of sheets for whatever the bed –

.

And be shy of your breasts in the presence of death,

Say that you look more beautiful in linen

Wearing white petticoats, the bow on your bodice

A butterfly attending the embroidered flowers.

.

L’industria del lino

Caduti i fiori azzurri, sbarbiamo il lino

e a piene mani lo immergiamo nell’acqua torbosa

a marcirne le fibre fino al midollo, o innalziamo covoni

che ricordano le gonne di un’invisibile danzatrice.

.

Partecipiamo, così, anche noi dell’industria del lino

e ne seguiamo la lavorazione fin nella città sudicia

i cui campi sono ridotti a fioriere dove

scarso è lo spazio che resta tra le macchine.

.

Ma anche nella nostra mansarda sotto il lucernaio

facciamo l’amore su un prato di candeggio, coperto

per intero di panni che ilo sole sbianca come se

i nostri abiti fossero di neve riluttante a sciogliersi.

.

Cos’ è la passione se non una battitura di steli tenaci,

e poi una pettinatura delicata di fibre come capelli

da intrecciare in vesti battesimali,

in abiti per matrimoni o funerali?

.

Dato che equivale a un lutto, terminata l’opera,

scoprirsi gli ultimi praticanti di un mestiere morente,

che sia il lino il nostro sensale, il nostro necroforo,

il fornitore di lenzuoli per un letto qualunque –

.

e copriti i seni davanti alla morte,

di’ che il lino ti rende più attraente

in sottovesti candide, il fiocco sul corsetto

una farfalla posata sui fiori del ricamo.

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