Prospettive a distanza -Di nuovo in DAD alla secondaria di primo grado –
Premessa
Provo molto invidia per chi ha risposte certe anche in una situazione complessa come quella che stiamo vivendo, riuscendo a polarizzarsi tra “dobbiamo lasciare aperte le scuole di ogni ordine e grado” e “dobbiamo chiuderle tutte, anzi mai avremmo dovuto riaprirle”. Da una parte la situazione che vivo è così stressante e precaria che mi trovo a desiderare la chiusura, dall’altra lo sguardo dei ragazzi l’ultimo giorno di lezione giovedì e la forza con cui si sono attaccati alla scuola a settembre mi ricordano cosa significhi per loro non mettere piedi in aula. In questo momento non abbiamo il lusso della decisione giusta e incontrovertibile, possiamo solo scegliere il male minore o il bene maggiormente sacrificabile: sembra di stare dentro una suasoria del tipo “deve Cicerone bruciare tutte le sue opere in cambio della salvezza?”, con la differenza che questa è vita reale.
Venerdì 6 novembre: zona rossa
Da venerdì 6 novembre i ragazzi delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado sono tornati a studiare a casa: il dpcm firmato mercoledì 4 impone alle zone rosse la didattica a distanza. In due giorni, è stato rivoluzionato il modo di fare scuola, giacché, sul piano organizzativo, peggio di “tutti in didattica a distanza” c’è solo “ due terzi in classe e un terzo a casa”. C’è stato concesso un giorno per salutare i ragazzi: tutto è stato meno improvviso del 21 febbraio, ma, d’altro canto, docenti, studenti e famiglie hanno ora la consapevolezza di cosa significhi questa chiusura e il desiderio che non si replichino i tentennamenti della scorsa primavera.
Un passo indietro
In questa estate di progettazione, la schizofrenia è regnata sovrana: quella stessa didattica a distanza, definita eroica e salvifica mesi prima, è stata accantonata al refrain de occhi negli occhi, scuola in presenza o niente. Le scuole non si sono fermate, hanno progettato e hanno chiesto tre cose: certezza dei docenti all’inizio della scuola, possibilità di spazi e distanziamento, soluzione del problema dei trasporti. L’organico completo si è avuto a inizio ottobre, spazi in più non sono stati definiti e previsti, i trasporti manco a parlarne: abbiamo impostato tutto il dibattito sui banchi a rotelle, che sono arrivati, dove sono arrivati, ben dopo l’aperture delle scuole. Il bonus connettività, più volte invocato visto che i problemi più grandi per le famiglie sono proprio la connessione e i device, è attivo dall’8 novembre e solo per ISEE fino a 20000 euro: come a dire bicicletta per tutti, ma pc e internet solo per alcuni, fingendo di ignorare che, in una famiglia di tre figli e due genitori in smartworking, la didattica a distanza significa cinque device, una connessione che li regga e, non da ultimo, spazi per tutti.
Le scuole hanno preparato protocolli per la didattica integrata, prevedendo scenari diversi: classi quarantenate, studenti a distanza e classe in presenza, didattica a distanza per tutti. Fondamentali si sono rivelate la creazione e il consolidamento di un team per la didattica digitale in grado di sostenere i colleghi, disseminare buone pratiche, risolvere i problemi, l’analisi di cosa sia funzionato meglio e cosa invece è andato storto durante i mesi a distanza e anche l’aver dedicato i due mesi in presenza per consolidare quanto appreso a distanza sull’uso della piattaforma e dei software.
Era difficile immaginare che un decreto avrebbe imposto due terzi della scuola a distanza e un terzo in presenza, con i conseguenti problemi organizzativi, buttando all’aria quanto previsto solo pochi mesi prima, ma la nostra realtà ora è questa ed è necessario fare quello che si può, al meglio possibile, con la collaborazione e la fiducia di tutti.
La DAD della prima ora alla scuola secondaria di primo grado
La scuola secondaria di primo grado è fondata sul tempo: tempo disteso per sperimentare in classe, per il confronto coi compagni, per lo scambio e, anche, lo scontro. Sono tre anni nei quali si consolidano gli apprendimenti di base attraverso la ripetizione, la routine, la sperimentazione: abbiamo tempo per scrivere in classe, per la lettura ad alta voce e quella autonoma, ma anche per smontare e rimontare un testo, per scoprire come si possa comprendere e ripetere efficacemente un’argomentazione, per imparare a studiare, senza troppo affanno rispetto a programmi o periodizzazioni. Replicare tutto ciò a distanza è stato molto complicato, per questo credo si possa dire che abbiano funzionato meglio i progetti da realizzare in modo autonomo e creativo (video, presentazioni, audio, costruzioni e plastici), la scrittura di testi condivisi e non, la lettura ad alta voce e il commento scritto attraverso la chat. La scrittura certamente ne ha beneficiato perché i suggerimenti del docente erano immediati e aumentava il tempo dedicato alla correzione e alla riscrittura, sfruttando anche le consulenze personalizzate nei momenti di “incontri individuali o a piccolo gruppo”.
Di contro ciò che ha bisogno di far sedimentare gli apprendimenti, della routine e della ripetizione, penso alla riflessione sulla lingua, ma anche allo studio individuale, già tallone d’Achille della scuola in presenza, sono stati compromessi dalla distanza. Quello che si fa in classe insieme non può essere automaticamente sostituito dal lavoro a casa, mancano l’autonomia e la spinta del docente: va da sé che chi ha famiglie più attente sarà più avvantaggiato. Si è parlato molto di come la didattica a distanza abbia lasciato indietro molti ragazzi e l’accento è stato sempre messo sulle dotazione di strumenti e della connessione, non va dimenticato, pensando al mio ordine di scuola, che le differenze sono legate anche alla possibilità di avere una famiglia attenta, di avere un luogo sereno e accogliente in cui studiare, al pungolo costituito dal docente e dalla classe. Davanti al pc per studiare sei solo e devi saperci e volerci stare: se nessuno ti stimola e si prende cura di te è facile che tu lo tenga spento, anche se il pc te lo ha fornito la scuola. Durante il periodo del lockdown a molti studenti è cambiato il ciclo sonno veglia, dal momento che, per privilegiare i fratelli più grandi alle prese con la didattica, abbiamo spostato le lezioni al pomeriggio: insomma la routine scolastica, che è uno dei pilastri dell’apprendimento nei preadolescenti, è completamente venuta meno, senza che noi siamo riusciti a impostarne un’altra. Di un altro problema si è parlato poco: la didattica a distanza annulla la distanza tra casa a scuola. La classe rappresenta una bolla altra dalla famiglia, in un certo qual modo un’evasione, un luogo in cui ci sono altri adulti e in cui il confronto coi pari è centrale. Durante la didattica a distanza la casa diventa scuola e viene meno quell’altrove in cui costruire se stessi: la casa, ambiente noto e in adolescenza nemmeno sempre così amico, è l’unico orizzonte possibile e non sempre è un bene.
E ora?
Eccoci ancora in una didattica in emergenza, senza una tradizione a cui aggrapparci e solo con qualche consapevolezza in più. La scelta è stata quella di provare a riproporre la routine scolastica, prevedendo una durata oraria più breve, pause più frequenti, ma mantenendo il lavoro di classe, perché ora è questa la loro classe. C’è una grande differenza tra seguire un corso di formazione on line, dove lavori per te e non conosci nessuno, ed essere una classe che si ritrova a distanza: mi è parso chiaro stamattina, quando, dopo aver dato ai ragazzi una consegna, mi sono allontanata un attimo e subito hanno iniziato a parlare tra loro a darsi suggerimenti, esattamente come avveniva in presenza. Forse è vero che i più a disagio siamo e restiamo noi adulti, i ragazzi naturalmente sono portati ad accettare e plasmare il cambiamento. Molti hanno visto nelle ore che i ragazzi passano online l’esigenza di controllo da parte scuola, ma se invece ci fosse semplicemente il desiderio di accompagnare e abitare insieme un nuovo luogo e di provare a costruire una classe attraverso mezzo diverso?
Senza alcune pretesa di esaurire l’argomento, forte delle considerazioni sull’esperienza precedente provo qui a tratteggiare alcune strategie che metterò in atto. In questi mesi a distanza scriveremo come sempre molto: durante il momento della scrittura resterò sempre connessa, mentre i ragazzi potranno lavorare autonomamente richiedendo consulenza, entrando ed uscendo dalla classe virtuale. Per ogni file verranno fornite precise indicazioni di formattazione e lo strumento della condivisione mi permetterà di annotare e commentare quasi in tempo reale e ai ragazzi di focalizzarsi sulla riscrittura e sulla correzione. Stamani, ad esempio, ho assegnato ai ragazzi la scrittura di un testo in cui avrebbero raccontato il percorso che li aveva portati alla stesura del testo poetico consegnato la settimana precedente e fornito un commento e una chiave interpretativa del loro testo: potevano scegliere se restare connessi oppure spegnere e riconnettersi alla fine del lavoro. Nessuno se ne è andato, ciascuno ha ascoltato i consigli dati agli altri e ha suggerito a sua volta.
La lettura ad alta voce, che ha necessità della presenza e della voce, sarà sostituita da file audio: nei nostri incontri a distanza discuteremo a partire da quell’ascolto, certo in alcuni momenti e su testi più brevi leggerò ancora alla classe come se fossimo in presenza. Una buona soluzione mi pare anche la possibilità di creare stanze cooperative, in cui i ragazzi lavoreranno in piccolo gruppo su quanto spiegato a lezione e sul materiale condiviso. Prevista è anche la possibilità di ore salvagente in cui, a piccoli gruppi o con lezioni individuali, si potrà recuperare quanto non compreso.
Viste le difficoltà riscontrate nello studio e nella riflessione sulla lingua cercherò di muovermi in tre direzioni (che erano le stesse di quando potevo usare la piattaforma solo come integrazione al lavoro d’aula): creazione di brevi video di spiegazione da guardare autonomamente, commento e riflessione in classe, esercizi graduati di consolidamento (da svolgersi al pc), applicazione in situazione. Ho anche intenzione di suddividere la classe in gruppi di apprendimento con cui affrontare argomenti diversi che, una volta appresi, saranno loro a spiegare al resto della classe.
L’uso intensivo della piattaforma sarà l’occasione per discutere di comunicazione on line, di uso delle fonti e delle informazioni, di tutto ciò che la rete ci mette a disposizione e di come poterlo selezionare.
Per quanto riguarda la lettura individuale, prima della chiusura, sono riuscita ad affidare a ciascuno due libri da leggere: al solito ci troveremo nei nostri circoli (ora virtuali) per discutere, scriveremo recensioni sul nostro file di recensioni condiviso e poi la loro sfida sarà costruire una lista dei libri che vorrebbero nella biblioteca di quartiere che abbiamo il sogno di aprire appena potremo tornare alla vita normale.
E la lezione frontale? Non sparisce certo, ma si correda di materiale lasciato in piattaforma, di possibilità di percorsi di ricerca e di spiegazioni individuali.
La valutazione, ma ci vorrebbe un altro articolo, non potrà non tener conto di questo cambio di mezzo che diventa cambio di messaggio e contesto. Utilizzerò la modalità test e verifiche on line per aiutarli ad apprendere e a far proprio l’argomento, la valutazione finale però avverrà attraverso attività progettuali: gli articoli per il nostro giornalino on line, la realizzazione di video, le lezioni tenute ai compagni. Non ho mai avuto l’ansia del controllo, il mio obiettivo sarà insegnare loro ad abitare in modo consapevole e da protagonisti questo nuovo spazio.
E speriamo di tornare in presenza prima possibile perché siamo animali sociali e abbiamo bisogno di stare insieme. É buffo che nei venti minuti di pausa ad ogni lezione, me li ritrovo ancora insieme, come se fossero all’intervallo, che ridono e scherzano e qualcuno riesce anche a vedere gli aspetti positivi della situazione perché “Prof almeno così nessuno mi frega la merenda!”. Una sola cosa so per certo: non è vero che questa non è scuola, questa è la scuola che possiamo fare adesso, con umiltà, misura e al meglio possibile.
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