Tutto e subito? Riflessioni post-DaD sulla didattica della scrittura
Quando, sei anni fa, ho iniziato ad insegnare italiano nel triennio di un liceo linguistico, ho impostato – ligia anche alle indicazioni del mio Dipartimento – un percorso di didattica della scrittura che prevedeva di cominciare, in terza, dall’analisi del testo letterario (magari con un breve ripasso mirato di riassunto e parafrasi, se necessario), per poi introdurre, alla fine dell’anno o all’inizio della quarta, le tipologie più propriamente argomentative (allora saggio breve/articolo di giornale e tema).
Nel breve giro di un paio d’anni, però, complice sia il variare delle classi, sia la mia crescente insofferenza verso tipologie così rigidamente imbrigliate, mi sono resa conto che qualcosa non andava: nonostante il lavoro in classe e il tempo speso nella correzione degli elaborati, la qualità media della scrittura dei miei studenti rimaneva piuttosto bassa.
Crisi da DaD
L’anno scolastico da poco passato è stato quello della rottura, complice una nuova terza potenzialmente molto valida, ma con pochissimo lavoro di scrittura alle spalle nel biennio. Nonostante io avessi dedicato, per tutto il primo trimestre, un numero di ore più consistente del solito al lavoro in classe, i risultati sono stati decisamente deludenti: enormi difficoltà nella strutturazione di testi coerenti e coesi, errori madornali nella gestione dei modi e dei tempi verbali e delle subordinate, scorrettezze morfologiche e lessicali, trascuratezza ortografica – anche da parte di studenti e studentesse capaci di sostenere in modo più che soddisfacente un’interrogazione di letteratura.
Venerdì 21 febbraio 2020 sono uscita da scuola dopo aver infilato in borsa un plico di analisi del testo, appena ritirate: avevo in mente di iniziare a correggerle immediatamente dopo il ponte di Carnevale, e di restituirle nei primi giorni di marzo. Ovviamente, non potevo immaginare che sarebbe successo quello che è successo.
La correzione, in periodo di lockdown e DaD, è stata infinita e penosa, sia per la quantità e gravità degli errori formali (che mi costringevano alla riscrittura di interi passaggi) sia, soprattutto, per il pochissimo tempo lasciatomi dalla gestione delle attività didattiche a distanza, durante le quali avevo assegnato anche una serie di brevi produzioni scritte finalizzate a recuperare e consolidare i “fondamentali”: parafrasi, riassunti, brevi commenti a testi letti insieme. Insomma, in capo ad un mese e mezzo circa, avevo per le mani parecchie decine di elaborati, in cui, seppur con alcuni sporadici progressi, ritornavano sempre gli stessi errori, come in una sorta di coazione a ripetere.
Ero sinceramente scoraggiata: sapevo che i miei studenti avevano bisogno di scrivere scrivere scrivere, ma io ero davvero nauseata dalle interminabili ed infruttuose ore di correzione. Inoltre, mi rendevo conto che anche i ragazzi stavano cominciando a patire molto i compiti di produzione scritta e a sentirsi demotivati, e io avevo invece bisogno che “facessero pace” con la scrittura, che ricominciassero (o iniziassero) a concepirla come uno strumento espressivo, che – soprattutto in quella particolare situazione – avrebbe potuto davvero fare la differenza.
Istantanee dall’isolamento
Così, dopo una lunga riflessione e il confronto con una carissima collega (grazie, Antonia!), ho deciso di buttare a mare tutte le mie remore sulle tipologie testuali, sull’analisi del testo, la difficoltà delle prove, le valutazioni formali e informali e ho assegnato, sia alla terza che alla quarta (anch’essa un po’ in sofferenza, benché in misura minore) tre Istantanee dall’isolamento, a scadenze abbastanza regolari di 15-20 giorni l’una dall’altra, con la seguente consegna:
Ti chiedo di scrivere una riflessione a tema libero che sia una “fotografia” di questo periodo. Puoi scrivere una pagina di diario, un articolo di giornale, un testo autobiografico, narrativo, riflessivo, argomentativo o poetico.
Trova la tua ispirazione in quello che stai facendo, guardando, leggendo e pensando in questi giorni: un fatto divertente, un film, una serie tv, un programma televisivo, un libro, un articolo, una canzone, un ricordo, un oggetto, una riflessione personale… (ricordo la pagina Netboard in cui sto raccogliendo articoli vari su questo periodo).
Hai completa libertà nella scelta dell’argomento e della forma, ma ricordati che quello che scrivi verrà letto da qualcun altro (me), quindi:
1) scegli qualcosa che ritieni possa essere interessante e originale, nell’argomento o nella forma;
2) fai attenzione alla correttezza formale del testo (ortografia, morfosintassi…); ti è concesso anche un registro linguistico più colloquiale, ma cerca di non scadere nel turpiloquio;
3) cerca di dare un minimo di coerenza al tuo testo: i pensieri sparsi possono essere in sé interessanti, ma devo poter comprendere il procedere delle tue riflessioni.
Ti è consentito modificare la realtà, inventare, mentire: la letteratura, del resto, è finzione!
LUNGHEZZA MINIMA: 200 parole (a meno che non si tratti di un testo poetico/canzone).
Tra i materiali allegati trovi alcuni esempi di scritture personali, reali (Leopardi, Zola, Kafka, Pavese, Frank, Dahl, Canetti) o fittizie (Kristof, Queneau, Perec), che possono darti qualche idea, sia sul contenuto che sulla forma da adottare.
Entrambe le classi (che hanno consegnato senza bisogno di sollecitazioni, spesso in tempi brevissimi), hanno sfruttato un’estrema varietà di forme e modalità espressive: riflessioni libere, pagine di diario, lettere, pezzi autobiografici, racconti, poesie, argomentazioni, recensioni; c’erano l’ironia, il sarcasmo, la comicità, l’invettiva, la serietà, la tristezza, la malinconia; qualcuno ha variato il punto di vista o il narratore, qualcuno ha cercato di variare lo stile o di trovarne uno personale. Ma, soprattutto, praticamente tutti hanno scritto tanto (spesso tantissimo, altro che le duecento parole richieste!) e bene: ho letto elaborati con un inizio, uno sviluppo, una fine, dal lessico adeguato e dall’ortografia corretta, e con pochissimi errori gravi di sintassi e coesione – ovvero quelli che avevano inficiato, perlopiù, le prove svolte fino a quel momento; i risultati sono stati davvero soddisfacenti per tutti, con alcune punte davvero notevoli (qui trovate uno degli elaborati, pubblicato sul sito della scuola).
Sono davvero pronti?
Pur senza sottovalutare la diversa complessità dell’analisi di un sonetto petrarchesco rispetto al racconto di una giornata di lockdown, la netta differenza rispetto alle produzioni precedenti e il deciso salto di qualità verso una forma più corretta e scorrevole (quella che avevo, spesso invano, cercato di “forgiare” per mesi con il lavoro in classe e a casa) mi ha colpito profondamente.
Così ho cominciato ad interrogarmi sulla validità della mia didattica della scrittura nel triennio (o forse dovrei dire “della nostra”, date le lamentazioni, così simili alle mie, che sento provenire da colleghi e colleghe?): che cosa non funziona? perché non sono mai riuscita ad ottenere, pur con attività progettate e strutturate con attenzione e con correzioni accuratissime, quello che ho ottenuto, in pochissimo tempo, con produzioni libere?
Forse, la risposta è banale: non sono pronti. Mi sono resa conto di non aver mai pensato di applicare alla didattica della scrittura l’aureo principio di Louise M. Rosenblatt che anni fa ha rivoluzionato il mio approccio alla lettura, quello della «intellectual, emotional and experiential readiness» dello studente, senza la quale ogni esperienza di apprendimento risulta infruttuosa, se non controproducente. Ho dato a lungo per scontato che gli studenti che approdano ad una terza liceo avessero già acquisito non solo gli aspetti formali della scrittura (e ho dovuto, purtroppo, ricredermi ben presto), ma fossero anche preparati ad affrontare testualità estremamente complesse e strutturate – certo, dovrebbero esserlo, nel migliore dei mondi possibili, ma così non è.
Ho realizzato che proporre quasi ex abrupto, all’inizio del triennio, una tipologia di scrittura ardua come l’analisi del testo, seppur giustificandola con l’idea non peregrina di avere davanti tre anni per poterla esercitare e mettere a punto, è come proporre un trekking himalayano al passeggiatore della domenica. Attenzione, non sto dicendo che non si debba richiedere l’analisi del testo letterario, anzi!, la lettura, comprensione, analisi, discussione e commento dei testi è per me il centro dell’insegnamento della letteratura, è l’attività a cui dedico la stragrande maggioranza del mio tempo in classe, ed è anche il fulcro della verifica orale. Sto dicendo, però, che forse non è così importante, necessario e, soprattutto, efficace, esigerla dagli studenti, da subito (talvolta, fin dal biennio), in forma scritta, perché essa richiede la contemporanea padronanza di competenze linguistiche, testuali e letterarie davvero raffinate – non è un caso che, nel mondo reale, la sua pratica sia di fatto relegata alla redazione dei manuali di letteratura e alla stesura di articoli accademici, e sia quindi in mano a veri e propri professionisti delle lettere.
Probabilmente, allora, e soprattutto nel caso di classi un lavoro preparatorio scarso o poco efficace alle spalle, è più opportuno rimandare a un momento successivo l’approccio diretto con la tipologia A, e allora – mi sono chiesta – cosa potrei fare, in questo nuovo anno, per rendere più efficace la mia didattica della scrittura?
Revisione del percorso di scrittura
Sicuramente, con la ex-terza ormai quarta, proseguirò il cammino intrapreso, lavorando soprattutto sulle strategie di pianificazione testuale (incipit e conclusione, paragrafazione, sviluppo tematico) e su quelle della strutturazione logico-espositiva e argomentativa (tesi-antitesi-confutazione, esemplificazione, fallacie logico-argomentative), avviandoli, di fatto alla tipologia C dell’Esame di Stato. Questo lavoro, però, avrà bisogno di una fase preliminare in cui osservare e smontare testi espositivo-argomentativi per scoprirne i meccanismi interni, ed ecco che staremo già lavorando sulla tipologia B. A questo punto, con l’anno nuovo (o, al massimo, per febbraio-marzo), credo che la classe sarà pronta a lavorare su tutte e tre le tipologie d’esame, scegliendo individualmente e autonomamente quale traccia svolgere tra le varie che normalmente propongo in fase di verifica. Sono pronta a scommettere che anche la tanto ostica analisi del testo ne avrà giovato non poco.
Se avrò anche una nuova terza, partirò dalla testualità più lineare e adattabile, ovvero quella del caro, buon vecchio tema di “cultura generale”, che può essere calibrato su forme più narrative, espositive, persuasive a seconda dell’argomento e dello studente, e che permette di lavorare su pianificazione del testo, strutturazione e paragrafazione, coerenza e coesione.
In secondo luogo, e per ovviare al rischio della banalizzazione, cercherò di attenermi all’aureo principio rem tene, verba sequentur: si può scrivere bene solo se si conosce ciò di cui si scrive, e ciò vale per i professionisti e, a maggior ragione, per i neofiti. Perciò sto pensando di concordare con le classi (con tutte le mie classi), all’inizio dell’anno, una serie di tematiche e argomenti di loro interesse, da cui attingere al momento della formulazione delle tracce, e di creare anche uno spazio condiviso (una cartella di Drive o di Evernote o un Padlet, per esempio) in cui inserire articoli o bibliografie, così che i ragazzi possano leggere, riflettere e trarre da essi idee, aneddoti, dati ed esempi da utilizzare al momento della stesura del testo – en passant: mi è sempre sembrato un controsenso che si chieda agli studenti di cimentarsi in forme di scrittura “documentata” (come il tema argomentativo e come lo era, ed è ancora, soprattutto la tipologia B dell’Esame di Stato), ma poi non gli si permetta mai di cercare e consultare documenti e fonti.
Ma torniamo a noi: dopo che la classe si sarà fatta le ossa sul tema generale, come avviarla alla complessità della tipologia A? Innanzitutto, coltivando da subito la pratica dell’analisi del testo letterario svolta oralmente, magari anche su testi non noti di autore noto: di solito, nelle interrogazioni, noi insegnanti ci limitiamo a chiedere l’analisi di quanto già letto, analizzato e commentato in classe, ma perché non selezionare, con criterio, un certo numero di testi nuovi, da sottoporre agli studenti al momento dell’interrogazione? Durante la DaD ho sperimentato un’attività simile, proponendo una decina di sonetti petrarcheschi, corredati da una minima sitografia di riferimento, tra cui scegliere quello da analizzare, e i risultati sono stati buoni: quindi, perché non tentare anche in presenza? La prova orale, ovviamente, dovrà essere riprogrammata nei tempi per ricavare una decina di minuti in cui lo studente possa leggere e riflettere con calma sul testo, ma, nel frattempo, si potrà procedere con alcune domande generali agli altri interrogati.
Bisognerà poi allenare i ragazzi a scrivere di letteratura, pratica di certo non banale, e allora perché non riesumare anche l’antico “tema di letteratura”? Se lo studente sta lavorando con continuità, non dovrebbe avere troppe difficoltà a reperire nella sua memoria almeno le linee fondamentali della rem e potrebbe così concentrarsi sui verba, in particolare sull’organizzazione di un testo espositivo e sull’uso del lessico astratto e di quello specifico della disciplina. Si potranno poi proporre, via via, analisi del testo “libere”, ovvero senza domande predefinite nella traccia (che tra l’altro, da normativa, dovrebbero essere una semplice “guida all’analisi”, non un simil-questionario!), avendo stabilito preventivamente su quali aspetti del testo lo studente debba soffermarsi, così che egli possa organizzare autonomamente lo sviluppo del testo (già da qualche anno ho predisposto una “traccia universale per l’analisi dei testi”, in cui sono elencati gli elementi che possono essere oggetto di analisi nei testi poetici, narrativi o saggistici). Altra attività che con le mie classi ha di solito un certo successo, e che quindi potrei utilmente potenziare, è l’esercizio di attribuzione, in cui chiedo di confrontare due testi (generalmente poetici, per brevità) e di attribuirli all’uno o all’altro autore: è un esercizio che, oltre a presumere una buona conoscenza, anche teorica, dello stile del singolo autore, richiede solide competenze di analisi testuale e di argomentazione, perché, ovviamente, l’attribuzione deve essere adeguatamente motivata.
Solo a questo punto, dopo un lungo apprendistato che va dal generale al particolare, riproporrò l’analisi del testo come da tipologia d’Esame. E credo che sì, saremo giunti probabilmente a metà del quarto anno, ma credo anche che, nel frattempo, gli studenti avranno acquisito solide abilità di scrittura, che potranno essere fruttuosamente spese non solo nel già consolidato tema di tipologia C (sia esso di argomento generale o storico), ma anche nella nuova tipologia B, che richiede comunque, nella sua prima parte, comprensione ed analisi testuale, seppur di taglio non strettamente letterario.
Ovviamente, dovrò sperimentare e mettere a punto (ed eventualmente correggere) il percorso sul campo, ma sono disposta alla temporanea rinuncia alla tipologia A, in cambio di un consolidamento generale delle abilità di scrittura, che, è ben ricordarlo sempre, dovrebbe essere – al di là di questa o quella tipologia – uno degli obiettivi fondamentali, se non il principale, dell’insegnamento dell’italiano.
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