Narratori d’oggi. Intervista a Eraldo Affinati
A cura di Morena Marsilio
1. Sui generi letterari
Negli ultimi vent’anni la narrativa italiana sembra essere stata egemonizzata da due generi dallo statuto ibrido, la non fiction e l’autofiction. Il primo sembra porre al centro del racconto, seppur con diversi “effetti di narratività”, la ricostruzione di fatti di cronaca, l’attraversamento in chiave saggistico-riflessiva di temi legati all’attualità, il diario di viaggio, la rielaborazione di un’inchiesta; il secondo, invece, è la risultante dell’operazione in parte mistificante da parte di un “trickster” (Siti), ossia di un io-narrante che mescida liberamente fatti realmente accadutigli e fatti inventati.
Come si pone rispetto all’uno e all’altro genere? Li sente consoni al suo modo di rappresentazione del mondo?
EA – Per quanto mi riguarda, credo di dover partire sempre da un’esperienza che, nel momento della composizione, sento come vera. In questa chiave a mio avviso la distinzione proposta perde fondamento. Conta ciò che resta sulla pagina a prescindere dai modi in cui la scrittura è scaturita.
2. Sulla finzione
Non è tuttavia venuta meno la scrittura di romanzi e di racconti “tout court” in cui nel trattamento del tempo, nella costruzione dei personaggi e nel patto con il lettore agisce quella “sospensione dell’incredulità” che già due secoli or sono Coleridge aveva indicato come tratto distintivo dell’opera finzionale. Qual è la sua posizione in proposito? Crede che la finzione sia ormai colonizzata dall’intrattenimento o che mantenga viceversa un proprio potere di rivelazione e di verità?
EA – Anche di fronte alla rivoluzione informatica la letteratura continua ad assumere un ruolo decisivo di interpretazione della realtà: forse oggi più di ieri. Le forme liriche e narrative si riposizionano continuamente con esiti a volte sorprendenti e imprevedibili.
3. Passato e presente
Gli autori contemporanei tendono ad avere un forte legame con forme di espressione extraletteraria e non necessariamente italocentrica: i frequenti riferimenti vanno alla musica, ai fumetti, al cinema, alla fotografia oltre che alla letteratura straniera, specie nordamericana. Quali sono i suoi modelli prevalenti, letterari e non? Ritiene che la condizione visiva e multimediale dell’immaginario abbia interrotto l’eredità dei padri e la duplice tradizione del realismo e del modernismo?
EA – Ogni scrittore incarna lo spirito del tempo in cui vive e prende posizione rispetto alla tradizione letteraria: in qualche modo, la modifica anche impecettibilmente. Negli anni ci si costruisce una famiglia estetica ideale di riferimento che, nel mio caso, comprende testi svariati. In particolare da ragazzo la letteratura russa dell’Ottocento e quella americana del Novecento hanno contato molto per me, anche se avrei difficoltà a indicare modelli specifici. La stessa cosa potrei dire per il cinema.
4. “Scritture di resistenza”
Più di un critico parla, a proposito della postura di molti scrittori contemporanei, di una ‘partecipazione civile’ e di una ‘responsabilità’ che, seppure con sfumature difformi, lo porta a «prendere la parola sul presente» (Donnarumma). Ritiene anche lei che la narrativa italiana degli ultimi vent’anni si ponga come una forma di «scrittura di resistenza», come uno dei pochi modi possibili rimasti all’intellettuale per realizzare una «sfida politica» che consiste non nella restituzione testimoniale dei fatti ma «nell’apertura di uno spazio altro, che sposta lo sguardo e complica le cose» (Boscolo-Jossa)?
EA- Penso di sì, anche se la responsabilità civile di uno scrittore si misura nella sua capacità di controllo stilistico del tema che ha scelto. Vado quindi alla domanda successiva.
5. Sullo stile e la ricerca linguistica
Studiosi della lingua come Giuseppe Antonelli o Maurizio Dardano parlano, a proposito della mancanza di stile diffusa nella narrativa più recente, di “traduttese” o di “stili provvisori”. Eccezion fatta per quella narrativa di consumo poco incline a una ricerca espressiva di qualità, a noi sembra invece che sia in corso un’inversione di tendenza rispetto a questa visione piuttosto riduttiva. Quale ruolo attribuisce all’aspetto stilistico del suo lavoro? Quali sono gli elementi preponderanti su cui fonda la sua espressione linguistica (sperimentazione e/o pastiche linguistico, uso insistito di artifici retorici, mimesi del parlato o, al contrario, lo “stile semplice” di cui ha parlato Testa)?
EA – In letteratura lo stile è tutto. Il timbro di voce. Il colore della visione. Per capire se una pagina funziona oppure no, bisogna verificare fino a che punto essa sia rappresentativa della struttura in cui è inserita: chi può esercitare tale giudizio? Oggi i luoghi e i ruoli della critica sembrano non essere più quelli di un tempo. Questo apre un altro campo di riflessione.
6. Sui temi
Nei romanzi scritti a partire dagli anni Zero anni pare possibile individuare un nucleo di tematiche ad ampio spettro antropologico e al contempo fortemente radicate nella condizione presente. La sua sensibilità di narratore quali temi le fa sentire particolarmente vicini al suo modo di rappresentazione della realtà?
EA – Essendo uno scrittore autobiografico, mi alimento in special modo dalla mia attività di docente che, negli ultimi anni, ha riguardato soprattutto l’insegnamento della lingua italiana ai ragazzi immigrati.
7. Sullo storytelling
Negli ultimi decenni la narrazione è stata “esportata” massicciamente, dando luogo a uno storytelling diffuso. Ogni “discorso” viene narrativizzato, dalla politica al marketing, per approdare alle «convergenze» che Ceserani ha segnalato tra le molte discipline, anche di area scientifica e tecnica, e la letteratura, capace di “prestare” loro potenti strumenti espressivi. Ritiene che questo sconfinamento della narratività sancisca un suo punto di forza o che, viceversa, ne riveli la crescente debolezza in un mondo sempre più assediato dall’immaginario?
EA – La caratteristica fondativa della letteratura è proprio quella di dare forza espressiva ai più diversi scibili del sapere, quindi ritengo che oggi gli scrittori abbiano, almeno potenzialmente, un campo operativo più esteso rispetto al passato.
8. Lettori in formazione
Nonostante la diffusa disaffezione delle giovani generazioni per la pratica della lettura, la scuola resta un importante baluardo per cercare di innescare un circolo virtuoso tra giovani e lettura, soprattutto facendo leva su quello spazio, insieme periferico e centrale, di libertà costituito dalle letture personali assegnate nel corso dell’anno scolastico. È in questo ambito, inoltre, che, accanto ai classici, si potrebbe utilmente mettere in contatto i ragazzi con la narrativa dell’estremo contemporaneo. Potrebbe indicare tre romanzi o raccolte di racconti italiani o stranieri degli ultimi vent’anni, a suo parere irrinunciabili, che proporrebbe in lettura ad adolescenti tra i 16 e i 18 anni?
EA – Irrinunciabili è una parola grossa. Dovendo scegliere nella narrativa degli ultimi vent’anni, sarebbe bello se un adolescente di oggi potesse leggere con profitto Bianco su nero di Rubén Gallego, Canada di Richard Ford e La strada di Cormac McCarthy. Sarebbe un modo per farlo diventare adulto.
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