La vita da una “Rolls Royce”: l’opera di Giorgio Bassani tra luoghi della mente e delle memoria, eterotopie e paesaggio italiano
Architettura complessiva dell’opera
Giorgio Bassani è conosciuto soprattutto come autore di racconti e romanzi che hanno trovato sistemazione definitiva dopo varie riscritture con il titolo comprensivo Il Romanzo di Ferrara; meno conosciuta è la sua poesia, esperienza che precede e poi chiude l’intera stagione letteraria. Su di essa ha recentemente riportato l’attenzione la pubblicazione di tutte le poesie in un unico volume a cura di Anna Dolfi(Giorgio Bassani, Poesie complete, Feltrinelli, Milano, 2021, volume a cui rimandano le pagine indicate di seguito alle poesie citate), che, grazie a uno scrupoloso lavoro filologico, ci ha fornito un prezioso apparato critico.
Di indubbia originalità è soprattutto l’ultima produzione lirica in cui risultano importanti non solo i legami intertestuali con altri testi, ma anche i vivaci temi del dibattito politico, culturale e sociale legati all’attualità dell’autore. A tale proposito ci offrono un ulteriore paratesto gli articoli e gli interventi nelle sedi istituzionali e nelle tavole rotonde negli anni della sua Presidenza di “Italia Nostra” raccolti in Giorgio Bassani, Italia da salvare, Feltrinelli, Milano, 2018.
Bassani merita di occupare un posto centrale nella letteratura del secondo ‘900 per l’importanza e la bellezza dell’intera sua opera e per l’acuta ricostruzione storica in essa presente, in cui si incarna la lezione dell’idealismo e dello storicismo crociano appreso attraverso l’insegnamento di due grandi storici dell’arte, Roberto Longhi e Carlo Ludovico Ragghianti; insegnamento a cui è strettamente riferibile l’antifascismo che ha fortemente improntato la sua poetica.
Il certosino labor limae, il continuo lavoro di richiami interni e connessioni del Romanzo di Ferrara, la pubblicazione dell’opera completa in versi nel 1982 In rima e senza e quella dei suoi saggi in Di là dal cuore nel 1984, attestano che Bassani ha voluto lasciarci il più possibile tutta la verità su se stesso:
Nel volume che raccoglie tutte o quasi le mie poesie, “In rima e senza”, e nell’altro che raccoglie quasi tutti i miei saggi, “Di là dal cuore”, ho cercato di dire ciò che non ero riuscito a dire (di me, in particolare) nel “Romanzo di Ferrara”. […] Ho scritto e riscritto allo scopo di dire, attraverso l’opera mia, la verità. Tutta la verità. (In risposta VII, in Bassani, Opere, Mondadori, Meridiani, Milano, 1998, pp.1322-1328)
Il percorso dell’io all’interno dell’intera opera
Il rapporto tra l’io narrante e l’io scrivente, fondamentale per intraprendere il viaggio all’interno dell’intera opera letteraria di Bassani, non si è fermato al Romanzo di Ferrara, ma è continuato nell’innovativa poesia di Epitaffio e In gran segreto (che fanno parte della sezione Senza della raccolta) in cui l’autore ha cercato di eliminare qualsiasi diaframma temporale e spaziale anche tra l’io narrante e l’io vivente senza riuscirci completamente ché altrimenti avrebbe prodotto delle cose che non hanno niente a che fare con la lirica e con l’arte, che nonostante ogni sforzo, non è la vita, ma il suo contrario sia pur vicino (intervista rilasciata a Anna Dolfi, «Meritare» il tempo ne Le forme del sentimento, Liviana editrice, Padova, pp.89-90), processo iniziato con le ultime prove narrative.
Nelle poesie di Epitaffio e In gran segreto ad occupare la scena non è soloFerrara con i suoi spazi, con le eterotopie del cimitero e del giardino, con i suoi abitanti e la sua storia. Ora, cambiata ormai la postura dell’io rispetto alla materia trattata, il poeta parla di sé come è adesso; il suo sguardo coglie le modifiche del territorio intorno a Ferrara, la terra desolata del suo ultimo romanzo, L’airone, e, estendendo lo sguardo all’Italia, all’Europa e all’America – molte poesie di In gran segreto sono state scritte nello stato dell’Indiana, dove Bassani tenne un corso di letteratura -, moltiplica i luoghi della sua geografia esistenziale, a cui si aggiungono spazi anonimi e non luoghi: troviamo le belle spiagge del Tirreno nella poesia I grandi (p.208), la ipnotica boeckliniana isola dei morti in Isola Bisentina (p.183) e l’enorme parallelepipedo dello Shattuck Hotelin In gran segreto (p.266).
Possibilità espressive dell’epitaffio
Come l’epitaffio greco, anche quello di Bassani si apre a una pluralità di possibilità espressive, usa imprecazioni e invettive contro i violatori del sepolcro, inserisce ricordi del passato e indovinelli. Secondola tradizione dell’epigramma latino, soprattutto quello di Catullo, a un tonodi benevola e indulgente ironia (gli epitaffi A Franco Fortini, p.150, p.239) si affiancano gli attacchi diretti contro la metamorfosi di alcuni accademici (A un professore di filosofia, p.145), contro l’ipocrita comportamento di alcuni intellettuali come Cesare Garboli (A un letterato e Allo stesso, pp. 225-226), suo ex amico, e Natalia Ginzburg (A Natalia Ginzburg e Alla stessa, pp. 223-224), infine contro l’incompetenza di sedicenti critici, che raggiunge il vertice dell’aggressività verbale fino alla scatologia e al turpiloquio in A un giovane giornalista indiscreto (p.263).
L’originalità di questa Spoon River italiana consiste nel fatto che a parlare non è un morto ma un vivo che si pone dalla parte della morte; gli epitaffi bassaniani sono dei tecnopaegnia che non presentano punteggiatura, che parlano dell’autore al presente e che riproducono clessidre per alludere allo scorrere del tempo, o imbuti, forma geometrica riprodotta dall’autore nella lunghissima carrellata cinematografica de La Passeggiata prima di cena, a proposito della qualeriferisce in Laggiù in fondo al corridoio:
Il passato non è morto – asseriva a suo modo la struttura medesima del racconto – non muore mai. Si allontana bensì: ad ogni istante. Recuperare il passato è dunque possibile. Bisogna tuttavia se proprio si ha voglia di recuperarlo, percorrere una specie di corridoio ad ogni istante più lungo. Laggiù in fondo al remoto soleggiato punto di convergenza delle nere pareti del corridoio, sta la vita, vivida e palpitante come una volta quando primamente si produsse. (Bassani, Opere, p. 939)
Nei racconti e nei romanzi l’io narrante ha percorso il lungo corridoio del passato degli altri per restituirlo alla vita, come fanno i poeti Orfeo e Dante, poi nell’ultima stagione poetica, si fa archeologo di se stesso riportando alla vita la sua storia privata e pubblica con un viaggio a ritroso nelle epoche e nei luoghi della propria vita, come in La Porta Rosa (p.203)
Quando mi rimproveri di non occuparmi nei miei libri
che di Ferrara e del territorio immediatamente limitrofo
[…]
dovresti ricordarti della nostra gita dell’estate scorsa alle rovine
di Velia
[…]
Non lasciarmi solo a scavare nella mia città a resuscitare
grado a grado alla luce
ciò che di lei sta sepolto là sotto il duro
spessore di ventimila e più giorni
È là Rosa mia mia Regina che io sono giovane e bello e puro/
ancora
là l’esclusivo padrone e signore per sempre il solo
Re
In Rolls Royce (p.164) duranteil tragitto della berlina, contemporaneamente in avanti, in uno spazio scandito da precisi riferimenti topografici di Ferrara, e all’indietro nel tempo, l’io del poeta rivede e sente con struggente malinconia, attraverso i cristalli del parabrise, la vita infantile prima di uscire completamente di scena nella terra desolata dei morti.
Subito dopo aver chiuso gli occhi per sempre
eccomi ancora una volta chissà come a riattraversare Ferrara in macchina
-una grossa berlina metallizzata di marca
straniera dai grandi
cupi cristalli forse una
Rolls-
[…]
Quasi sospinta dal suo stesso soffio lussuoso infine la Rolls svoltava
laggiù per via Madama e di lì a poco in via
Cisterna del Follo
e a questo punto ero io non più che decenne
le guance di fuoco per timore d’arrivar tardi a scuola
a uscire in quel preciso istante coi libri sottobraccio
dal portone numero
uno
[…]
Avrei voluto gridare alt al rigido
chauffeur e scendere ma la Rolls
sobbalzando mollemente già lungheggiava
il Montagnone anzi ormai fuori
Porta già volava per strade ampie deserte
prive affatto di tetti ai lati e affatto
sconosciute.
Con lo scrupolo dello storicista, come già nella narrativa, riesce a rappresentare, partendo dal particolare della sua città, l’universale di una società borghese che prima ha preparato l’avvento del fascismo, poi ha imposto le leggi razziali e dopo la guerra farisaicamente non ha fatto i conti col suo passato, senza trascurare la tragica ottusità della borghesia ebraica che era stata fascista fino alle leggi razziali (Le leggi razziali, p.173)
La magnolia […]
la piantammo nel ‘39
pochi mesi dopo la promulgazione
delle leggi razziali […]
in barba al noioso ebraismo
metastorico.
Negli Ex fascistoni di Ferrara (p.141), Bassani guarda con rammarico a un presente che ha deluso le aspettative di chi come lui aveva lottato contro il fascismo da antifascista ancor prima della promulgazione delle leggi razziali. Così gli ex fascistoni, di quelli del ‘39, gli buttano le braccia al collo come a Geo Josz, il protagonista di Una lapide in via Mazzini, gli propongono l’invito a pranzo con gli strabiondi teen-agers, quelli, per capirci, che, incuranti del funerale della compagna Clelia Trotti (Gli ultimi anni di Clelia Trotti), rombavano con la Vespa, ipocritamente contenti di aver incontrato il compagno di scuola bravo, il romanziere, il presidente… (alludendo alla presidenza di Italia Nostra o alla vice-presidenza della Rai, da cui si dimetterà presto)
L’impegno civile: confronto con l’ultima stagione poetica
La sua dimensione letteraria si completa con le scelte in campo pratico-operativo: un impegno civile e politico nel senso alto del termine, che dalla sua militanza antifascista prosegue coerentemente e attivamente nell’associazione “Italia Nostra”, di cui è stato uno dei fondatori nel 1955, poi presidente dal 1965 al 1980.
Come Presidente di Italia Nostra insieme ad altri soci dell’Associazione, formati dall’esperienza antifascista, nel 1967 promuove una mostra itinerante dal titolo Italia da salvare, che partita da Milano attraversa tutta l’Italia e giunge anche in America, per denunciare gli scempi edilizi e urbanistici e per sensibilizzare il mondo intero sull’importanza della salvaguardia del Paese “sacro”. Nell’intervento di ringraziamento al Touring Club per la realizzazione della mostra dichiara
Siamo qui perché la democrazia italiana sia una democrazia di uomini interi e liberi e non una democrazia soltanto di nome (in Giorgio Bassani, Italia da salvare, p.55).
Sostiene in un’intervista rilasciata a Stelio Cro nel 1978:
Non ho una penna per la prosa, una penna per la poesia, una penna per i saggi critici, una penna per le lettere. Sono sempre io. Questa unità sostanziale nella diversità del mio spirito mi viene in sostanza dalla mia formazione iniziale idealistica, storicistica.
I suoi interventi si prefiggono lo scopo di creare consapevolezza e più spesso, caratterizzati da un piglio polemico, si rivolgono ai rappresentanti delle istituzioni perché assolvano al loro dovere nella tutela del patrimonio “sacro” dell’Italia da difendere per tutta l’umanità dai pericoli e dalle sopraffazioni del boom economico e delle avidità locali. Non si stanca di ribadire che
L’Italia è il paese dove è accaduto il Rinascimento, cioè il ripensamento critico del mondo antico. Siamo dei conservatori perché siamo dei progressisti. Il mondo è diventato moderno perché la storia è passata veramente di qua
Tensione vita/morte e arte/vita: il destino dei centri storici
La sua coerenza è evidente nella stretta relazione tra alcuni temi presenti nell’opera poetica e nel suo impegno civile, motivi che ritornano, pur nella distinzione dei piani teoretico e pratico.
La tensione vita/morte e arte/vita, alla base della sua poetica, ritorna nei dibattiti per la salvaguardia dei centri storici e dell’edilizia cosiddetta minore. Leggiamo quello che dice a proposito dei centri storici, di Venezia e non solo, in un intervento alla tavola rotonda sul problema del centro storico di Taranto del 1969:
I centri storici vanno preservati non soltanto per ragioni di ordine estetico…L’uomo non può vivere in una città qualunque, muore [….]. La vita, la vita vera non è mai pittoresca: con buona pace degli esteti a livello del turismo di massa. (Giorgio Bassani, Italia da salvare, pp. 85-87)
E nel 1974, in un seminario dedicato al centro storico di Roma:
Nelle città italiane bisogna fare di tutto perché accanto alle opere d’arte sublimi dei centri storici continui ad esserci la vita. Una delle caratteristiche essenziali dei centri storici italiani è proprio questa compresenza della vita e dell’arte, due cose in un certo senso opposte. (Giorgio Bassani, Italia da salvare, p.191)
Nel 1978 nel congresso internazionale degli “Amici dei musei”:
Il maggior pericolo che incombe su Venezia proviene dall’estetismo mondano e internazionale che continua a tutt’oggi a considerarla un posto dove si va per amare e per morire. Tutto, viceversa, a Venezia parla della vita. La sua bellezza è, anzi, quella stessa della Vita che soltanto la poesia vera è capace di restituire. (Giorgio Bassani, Italia da salvare, p.227)
Una caratteristica dell’epitaffio che ricorre negli interventi e nei dibattiti: l’invettiva
Il piglio polemico che assume il tono aspro dell’invettiva, ingrediente presente nelle poesie di Epitaffio e In gran segreto, lo ritroviamo nei suoi interventi pubblici nei luoghi istituzionali e nelle lettere di denuncia rivolte ai rappresentanti delle istituzioni spesso collusi o indifferenti agli scempi operati sul Paese “sacro” da malfattori e profittatori in nome del progresso industriale. A titolo esemplificativo citiamo la lettera inviata al ministro della pubblica istruzione nel 1971 – ministero che aveva allora competenza anche sui beni culturali – a proposito dell’incessante serie di furti d’opere d’arte nei musei, nelle zone archeologiche e nelle chiese e, nello specifico, del furto della ‘Madonna con bambino e santi’ di Tiziano nella chiesa di Santa Maria Nascente a Pieve di Cadore. La pesante denuncia delle responsabilità è resa con l’incalzante anafora del “Lei non” e dall’accusa finale di ignoranza:
A proposito delle coste osserva:
Nel nostro paese non soltanto il patrimonio artistico dovrebbe esser considerato sacro, ma anche quello naturale, con particolare riferimento al territorio e al suo uso. Italia nostra oltre che delle periferie urbane cresciute selvaggiamente si è occupata delle coste, di quelle sabbiose in particolare. (Relazione al II congresso del Rotary internazionale sul tema “La tutela del patrimonio culturale”, Giorgio Bassani, Italia da salvare p. 266)
Attacca, chiamandoli sarcasticamente socio-geometri italiani e socio-architetti, i costruttori di villini arabizzanti che hanno infestato a decine di migliaia le coste meridionali.
Gli epitaffi recepiscono gli scempi sul territorio, gli effetti della lebbra cementizia, come in Santa Severa (p.182) ed esprimono anche il rammarico, reso spesso con sferzante ironia, per l’avvilente cedimento a un imborghesimento delle scelte, da parte di alcuni intellettuali amici, da cui il poeta stesso sente di non essere immune Villino tricamere (p.187) .
A stargli a cuore sono l’uomo nelle diverse età della vita e lo spazio che lo circonda. Già nel 1962, nell’intervento al consiglio comunale di Ferrara, si era occupato degli spazi verdi che devono poter rispondere ai bisogni effettivi dei bambini e dei vecchi, dei vecchi soprattutto, ai quali vorrebbe fosse risparmiata la panchina della desolazione.
Nel 1972 Bassani, in America per una mostra da allestire al Metropolitan Museum, rilascia un’intervista al “The New Yorker”
:Il paesaggio appartiene al popolo, ma non come un quadro che sta in un museo: è fatto per la nostra vita e il nostro riposo. Nella storia la Natura è stato il nemico da domare. Ora è stata domata e le cose devono cambiare. Un paese che distrugge i propri monumenti si taglia fuori dal passato e perde l’identità. E un Paese che tratta i monumenti con la stessa superficialità con cui tratta gli anziani-perché non sarebbe carino ucciderli direttamente-non è un paese civile. I monumenti non sono esche con cui attrarre il turismo o prostitute di pietra tenute a stento in vita da uno stato-pappone. Sono dei promemoria contro la follia edificatoria. Ora dobbiamo tornare a considerare l’erba e gli alberi come autentiche fabbriche di ossigeno e cibo, autentico scenario per la poesia, la meditazione, la pittura, perfino la musica. La natura è oggi il sottoproletariato dei lavoratori e dei costruttori di paradisi-la terra della feccia-(efficace antimetàbole)
In una toccante poesia di In gran segreto, Attenti! (p.219) si esprime la premura nei confronti degli anziani, il timore che si possa essere insensibili nei confronti della vecchiaia:
Non lo si lasci andare da solo l’uomo vecchio attenti
che non s’allontani senza compagnia lungo un
viottolo fiancheggiato di qua e di là da giovani
alberi
non importa se per compiere-come potrebbe al caso garantire-due piccoli
passi e basta
Attenti a non permettere che lui affronti senza una mano
amica stretta nella propria il deserto
crocicchio urbano domenicale pur se verde il semaforo
lo inviti bonario
a traversare[…]
Versi ancora più toccanti se si pensa che Bassani avrebbe saputo di lì a poco di soffrire di una forma di arteriosclerosi combinata con il morbo di Alzheimer.
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