Laval-Vergne, Educazione democratica. La rivoluzione dell’istruzione che verrà
Per Novalogos è uscito Educazione democratica. La rivoluzione dell’istruzione che verrà di Christian Laval e Francis Vergne. Il 28 febbraio 2022 avevamo già pubblicato una recensione all’edizione francese del libro, a firma della traduttrice Rossella Latempa. Ringraziamo l’editore e i traduttori (oltre a Latempa, Davide Borrelli), per averci concesso di pubblicare la prefazione all’edizione italiana degli stessi Laval e Vergne.
Prefazione all’edizione italiana
Innanzitutto, desideriamo esprimere la nostra gratitudine a Rossella Latempa e a Davide Borrelli per aver generosamente tradotto questo libro in italiano, e all’editore per aver accettato di pubblicarlo. Ci fa piacere che varchi le frontiere geografiche e linguistiche in un momento in cui gli Stati nazionali si stanno chiudendo in se stessi e il risentimento nazionalista guadagna terreno in gran parte della popolazione. In questa nuova era di guerra, di crescente miseria materiale e morale, di crisi e di odio, la necessità di ripensare l’educazione come esperienza democratica fondamentale s’impone in tutti i Paesi. Dovrebbe addirittura essere considerata un’emergenza politica globale, non diversamente dalla lotta al riscaldamento globale.
Oggi in Europa il sistema dell’istruzione sta sprofondando in una crisi radicale. Aumentano le disuguaglianze tra le istituzioni formative e tra gli studenti, sta scomparendo il senso della professione docente, si accentua il declino degli insegnanti. La crisi non è estranea alla presa di potere da parte dell’autoritarismo neoliberale sulla società nel suo complesso, che a sua volta alimenta un po’ ovunque l’ascesa dell’estrema destra: è il senso stesso della vita comune che è stato attaccato dalla logica generalizzata della competizione. L’indebolimento della scuola pubblica e il ruolo crescente di quella privata hanno aumentato i fenomeni di segregazione sociale e di divario culturale tra i gruppi sociali. Le «soluzioni» neoliberali in Francia e in Italia non fanno che rafforzare la crisi. Far credere, come Macron, che le start up salveranno la scuola e che basti aumentarne i finanziamenti per «accrescere l’efficacia degli apprendimenti» testimonia la persistenza delle illusioni tipiche dell’«Eductech». Quanto ai ripetuti tentativi di istituire nuove forme di gerarchizzazione nel corpo docente, come in Italia con il progetto del «docente esperto» o in Francia con l’idea di differenziare le retribuzioni dei docenti in base alle «missioni» che accettano di svolgere, essi non fanno che riproporre le false idee sulle virtù delle disuguaglianze salariali in materia di motivazione professionale.
Il nostro libro si colloca volutamente in una prospettiva internazionalista e cosmopolitica, sulla quale stiamo tornando. L’unica via d’uscita dalla crisi generale delle fondamenta delle società capitalistiche è l’azione collettiva transnazionale. Vale ovviamente per le questioni ecologiche ed economiche, ma anche per qualsiasi altro ambito. La pandemia di Covid ha dimostrato che solo una risposta sanitaria planetaria può farvi fronte con determinazione. Lo stesso vale per l’istruzione. Questo è vero in due sensi. In primo luogo, l’educazione nel XXI secolo non può più essere confinata all’interno del recinto nazionale-statale, che corrispondeva a un periodo di costruzione e consolidamento degli Stati nazionali. I compiti politici che ci troviamo ad affrontare devono avere una portata che vada oltre il quadro nazionale e un contenuto che miri a rispondere concretamente alla sfida posta dalle politiche pubbliche neoliberali che si muovono quasi tutte nella stessa direzione su scala globale. I problemi sono globali, e tali devono essere anche le risposte politiche. Tale approccio, a nostro avviso, è anche il modo migliore per fermare l’avanzata globale dell’educazione di mercato e della «mercificazione» dell’istruzione.
Si tratta di pensare come ogni ambito di attività sociale e culturale possa e debba contribuire a instaurare un nuovo ordine politico fondato sulla decisione collettiva, sulla riflessione in comune, sulla cooperazione generale dei popoli puntando all’estensione del libero accesso e all’effettiva universalità dei diritti. Si dirà a ragione che oggi tutto sembra procedere contro questa prospettiva. Ma è proprio perché il mondo «va in senso inverso», devastato dalla mercificazione e dalla competizione capitalistica, e minato dagli autoritarismi e dai neofascismi, che dobbiamo riaffermare ovunque e con forza l’assoluta necessità di una rifondazione democratica e cosmopolitica delle istituzioni politiche a tutti i livelli, locali, nazionali, europei e globali.
Come dimostra la lunga marcia della coscienza ecologica, per troppo tempo denigrata, le idee minoritarie sostenute da un approccio teorico e pratico coerente possono imporsi e rivoluzionare i modi di concepire il futuro.
La realtà è fatta di molteplici possibilità. In campo educativo la costruzione della scuola neoliberale non è affatto inscritta nel destino, e un passaggio storico verso una «scuola altra» e democratica è sempre possibile.
La domanda che ci ha spinto a scrivere il libro è stata questa: analizzare e criticare le trasformazioni capitalistiche dell’educazione, come abbiamo fatto dalla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 in una lunga serie di interventi, articoli e libri, è sufficiente a bloccare il processo? No, siamo stati costretti a concludere. La riflessione critica e l’opposizione pratica sono essenziali, naturalmente, ma non sono sufficienti. Questa è una delle lezioni da trarre dalle resistenze e dalle numerose lotte che si sono svolte in tutto il mondo negli ultimi decenni e che hanno riguardato sia gli studenti – si pensi alle lotte contro l’aumento esponenziale delle tasse universitarie – che i ricercatori e i docenti. La loro legittimità, il loro carattere massivo e spesso radicale, così come la loro creatività nei registri d’azione, devono essere accolti e diventare fonte di ispirazione. Tuttavia, è doveroso constatare che esse non hanno avuto l’impatto sociale e politico atteso, né sono stati in grado di fare breccia in modo duraturo nel dominio neoliberale.
Ecco perché è necessario anche formulare e riformulare costantemente ciò che vogliamo e che non è l’impossibile. La democrazia di cui parliamo, quella che desideriamo, è una possibilità latente che necessita di essere espressa e discussa. Lungi dall’essere un’utopia che non impegna a nulla di concreto, è una possibilità che emerge dall’analisi della realtà (ciò che occorre cambiare) e dalla descrizione delle pratiche concrete (ciò che fa cambiare la realtà). I principi che proponiamo in questo libro, e ancor più i percorsi pratici che evochiamo, non sono dogmatici. Una rivoluzione democratica non può essere dogmatica, ma deve farsi creatrice di un ordine ancora inedito che lasci sempre aperta la questione dell’istituito. Tutte le idee che avanziamo nel libro devono quindi essere intese come un insieme di proposte da discutere.
Nel libro insistiamo molto sulle finalità dell’educazione. Contro le molteplici forme di depoliticizzazione, che vanno dalla «tecnicizzazione pedagogica» all’obiettivo economico dell’«occupabilità», occorre assumere che quella dell’istruzione è una questione fondamentalmente politica. È eminentemente legata alla forma di società che desideriamo. L’abbandono della finalità politica dell’educazione è, del resto, uno dei fattori e dei sintomi della crisi democratica, di cui il neoliberismo generalizzato è una delle cause. Parlare di educazione democratica non significa solo lottare contro le crescenti disuguaglianze educative, ma collocare questa necessaria battaglia all’interno di una rivendicazione più globale per una società veramente democratica, basata sull’autogoverno delle istituzioni sociali, politiche ed economiche. Si tratta in effetti di dare una direzione chiara alle pratiche in una prospettiva sistemica. Tutto diventa coerente purché si sappia dove ci si dirige: la forma delle istituzioni educative, i loro principi, i contenuti insegnati, le pratiche pedagogiche, i modi di gestire le istituzioni formative. Per certi aspetti il neoliberismo scolastico è un buon esempio di questo tipo di logica globale. Man mano che si è realizzato, si è delineata la coerenza di un progetto che all’inizio non era del tutto identificabile. Del resto, dobbiamo dare alle istituzioni per come le vogliamo una coerenza che sia al tempo stesso oppositiva e alternativa. Una società democratica presuppone individui preparati alla deliberazione e al processo decisionale collettivo, dotati della necessaria cultura comune, disposti a impegnarsi in attività collettive, preoccupati del bene comune. L’educazione, insomma, deve essere concepita come il luogo di un tale apprendimento e di una tale esperienza preparatoria. La tutela dei principi stessi dell’educazione impone che gli obiettivi economici a breve termine ispirati dai datori di lavoro e dai «responsabili» politici siano razionalmente denunciati. La nostra responsabilità è quella di educare i cittadini del mondo di domani, che dovranno affrontare problemi di una portata e di una gravità forse mai viste prima nella storia dell’umanità.
Christian Laval e Francis Vergne, settembre 2022
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