Perché leggere “Non leggerai” di Antonella Cilento
La lezione di Tecniche turistiche e Cultura generale volgeva ormai al termine nell’assolata aula napoletana. Un esercito di nubi candide come sottovesti di un allegro corpo di ballo traversava il cielo sopra la Sanità.
La classe, bollita e annoiata, spiava da un’ora sui cellulari le note al video sulla lavagna elettronica: una trafila di templi greci, attori in calzamaglia, anime giapponesi, riprese di droni, cattedrali e spiagge riempiva il muro scrostato del vecchio Istituto Onnicomprensivo Pino Daniele, una delle cinque Scuole Riassunto che gestiva la sterminata platea degli studenti napoletani.
La Scuole Riassunto erano dislocate, di solito, nelle periferie urbane o nei quartieri popolari, profittando di palazzi abbandonati: la Pino Daniele si trovava in un antico e decrepito ex reclusorio femminile, ch’era stato anche ospedale.
Volte scrostate e un cortile pieno di sterpaglie e statue decapitate, soprannominato dagli studenti il Cortile dei Passi Perduti, racchiudevano le aule, ricavate in tristi cellette con gli infissi d’alluminio scassati, dove anche le attrezzature elettroniche dei Mondi Occidentali risultavano vetuste.
<< … e ora qualche rapido cenno a una materia morta, la letteratura: come sapete, dopo lunghi millenni di oralità l’uomo è passato ai libri. Anche quest’esperienza, rivelatasi molto pericolosa, si è però conclusa e ora siamo nell’era dei video…˃˃
Perché ci fa riflettere sui doveri della letteratura
Nel romanzo “Non leggerai”, la scrittrice napoletana Antonella Cilento riscrive e attualizza uno dei classici della letteratura del Novecento, “Fahrenheit 451”.
La democrazia futura dei Mondi Occidentali costituisce la cornice della storia, ambientata in una Napoli distopica. I nuovi valori democratici vengono sintetizzati nei comandamenti che le videocornici, appese in ogni dove, trasmettono di continuo: “NON LEGGERAI. NON VEDRAI I MORTI. NON AMERAI SENZA SCOPO”. In questo mondo, ogni riferimento alla parola scritta sui libri rientra nella categoria giuridica di “Reato Letterario”. Iolanda, la nonna di una delle protagoniste, descrive così l’origine del risentimento che trasforma la lettura in crimine:
˂˂ (…) Poi era iniziato il lamento: i lettori calano, gli editori muoiono, bisogna investire in cultura… E più dicevano così, meno gli studenti leggevano, anzi a leggere meno di tutti erano proprio gli insegnanti! Tuo nonno, gli ultimi tempi, era seppellito dalla burocrazia.
(…) Era incominciato il Tragico Dibattito: colpe che si scaricavano di qua e di là… La scuola, i genitori, le case editrici, la Rete, la globalizzazione, il diavolo maledetto! Ma la verità era che gli editori smerciavano porcherie sempre più immonde e vendevano sempre meno!”
L’imposizione delle nuove regole era seguita ad un clamoroso attentato terroristico letterario: il suicidio di alcune bibliotecarie che protestavano contro le chiusure e i divieti di lettura, e si erano uccise durante una visita del Ministro dell’Istruzione, morto insieme a loro. Tuttavia, era stata preparata da un progressivo svilimento della letteratura:
(…) Ad esempio, un attimo prima che sparissero i libri, tutti, ma dico tutti, avevano cominciato a scrivere le loro vite. Era una moda. Come avevano perso il padre, smarrito la madre, superato il cancro, cresciuto o non cresciuto i propri figli… Era difficile, ormai, distinguere uno chef da un attore, un giornalista da un insegnante, un contafrottole da uno scrittore. (…) I veri scrittori, dunque, si smarrivano. Nessuno badava più a loro. Gli scrittori di scarso talento avevano molta più fortuna di che ne aveva di profondo. (…)
Un’intera generazione, ai miei tempi, credeva di non aver più bisogno delle avventure dei libri per crescere semplicemente perché non voleva crescere. Non sapeva più come si faceva, non aveva idea di sacrifici, fatica, perdita e morte. (…) La letteratura, invece, chiede che il nostro bambino interiore sia libero ma che il nostro mondo di adulti faccia esperienza, invecchi, muoia.
Dal rifiuto del libro nasce un mondo disseminato di filmati, videocamere, videotracce, pannelli pubblicitari che inseguono gli automobilisti, auto volanti. Un mondo in cui, dopo l’approvazione della legge “Difendi la tua casa e la tua famiglia”, le pistole sono in vendita dai tabaccai e i proiettili si acquistano nei distributori automatici. In cui la popolazione giovanile è soggetta all’ente che controlla l’Equilibrio Morale degli Adolescenti (EMA), e è in vigore anche l’obbligo di connessione e di presenza sui social per i cittadini.
Non è difficile, in questa storia, seguire due tipi di tracce. Da una parte, quelle narrative tratte da “Fahrenheit 451”, perché il lettore di Bradbury si appassiona a cercare calchi, echi e riferimenti intertestuali più o meno dissimulati. Dall’altra, quelle etiche e culturali, perché la Napoli distopica di Cilento ha molte affinità con il mondo immaginato dallo scrittore, e ne ha altrettante con quello che abitiamo oggi.
Perché le belle fiabe ci fanno crescere
L’istituzione scolastica, in un mondo simile, ha totalmente rinunciato a qualsiasi compito educativo e formativo (nei Mondi Occidentali è sancito per legge il “diritto all’ignoranza”). Vi si insegnano materie come “Storia di Youtube” o “Corso base per diventare informatico politico o di Partito”, e le classi sono concepite in relazione alle realtà locali: a Napoli, oltre alle “normali” classi differenziali per gli stranieri, esistono gruppi in cui “studiano” figli e figlie dei camorristi più importanti. Le lezioni si svolgono prevalentemente con proiezioni di video di intrattenimento, e i compiti si eseguono solo sotto forma di video (“devo fare i videocompiti”). Il rapporto con le famiglie è segnato da eccessi di diverso genere: da una parte sono obbligatori gruppi di comunicazione aperti e i docenti sono sempre reperibili, dall’altra l’istituto Pino Daniele ha in corso circa 1000 cause con i genitori (dopo le 1500 è previsto un taglio dei fondi), e sono previste multe per le famiglie i cui figli superano i 100 Bing (un Bing è una segnalazione/ nota). Nelle scuole l’unico elemento di valutazione è costituito dalla presenza fisica; alla Pino Daniele è previsto il blocco dei finanziamenti se ci sono più di venti assenze. Gli istituti con poche presenze vengono chiusi, e i professori licenziati.
In questo contesto sociale e scolastico agiscono le eroine della storia: Help Sommella e Farenàit Lopez (un nome voluto dal nonno, insegnante di Greco) sono due ragazze un poco strambe, accomunate ai loro coetanei solo dalla pressoché totale assenza di figure genitoriali affidabili, perché la puerilità contraddistingue gli adulti, nel mondo costruito da Cilento. Esse sono protagoniste di una rivolta quasi involontaria contro lo sfascio che le circonda. Il furto di un’auto funebre, di cui si rendono protagoniste per il desiderio di infrangere il tabù della morte imposto per legge, le coinvolge in una torbida storia di gang giovanili e di camorra, che costituisce il filone avventuroso e poliziesco della vicenda. Scelgono come nascondiglio per l’auto rubata la grotta della tomba di Virgilio, ma scoprono che la bara che hanno sottratto non contiene una persona morta, ma decine di libri. Con il loro furto, infrangono quindi tutti i tabù sociali in vigore: il desiderio di vedere la morte le conduce a leggere e possedere libri e, infine, ad amare senza scopo. I libri vietati si dimostrano infatti oggetti magici: passando di mano in mano, toccano il cuore di molte persone e le conducono le une verso le altre. La storia avventurosa volge rapidamente verso un finale fiabesco e sentimentale: le ragazze e i ragazzi che si amano vivono la loro passione, resa possibile e accompagnata dalle parole delle grandi scrittrici e dei grandi scrittori. In questa prospettiva, la figura chiave è l’anziana scrittrice Luciana Astarita, che emerge dal suo nascondiglio per aiutare i buoni in difficoltà e realizza il suo sogno: fuggire alle isole Samoa, in pellegrinaggio sulla tomba di Stevenson (Tusitala, il narratore di belle storie), in un luogo dimenticato dal potere.
Perché è un gioco divertente
Un vivace senso dell’umorismo percorre la narrazione, in modi e a livelli differenti.
Prima di tutto, è divertente il gioco delle citazioni esplicite (spesso lunghe) e dei frequenti riferimenti letterari, che attingono a piene mani al patrimonio del romanzo, all’anagrafe di scrittori e scrittrici, al mondo dei personaggi: questi richiami sono sempre intimamente legati alle vicende e alle situazioni delle eroine e dei loro comprimari e, con garbo, spingono chi legge a ritornare con la memoria alle sue letture e alle sue passioni. L’ondata di Reati Letterari che invade la Rete nella conclusione viene descritta in questi termini:
(…) il giorno seguente ecco che sul sito della scuola Pino Daniele nelle graduatorie degli insegnanti sono apparsi frammenti del turpe Bel Ami di Guy de Maupassant e, quasi contemporaneamente, la nota catena di supermercati EcoNomico nelle liste delle offerte ha visto apparire brani dall’incomprensibile Finzioni di Jorge Luis Borges. Oggi è stata la volta delle comunicazioni della Marina Militare con l’improbabile Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, dell’esercito con il vergognoso L’armata a cavallo di Isaac Babel, e della polizia, i cui terminali sono intasati dai ridicoli romanzi di Georges Simenon. Si è accorto di questa violazione un appuntato cui arrivavano numerose richieste di intervento per un tal commissario Maigret. E le violazioni non si contano più sui siti privati e sui cellulari dei cittadini comuni: c’è chi segnala disturbi firmati dai ricercati dalla Giustizia Francis Scott Fitzgerald, Leone Tolstoj, Charles Dickens
Si tratta con tutta evidenza di un delizioso rovesciamento della conclusione del romanzo di Bradbury, intimistica, seria e profetica quanto questa è social, ridicola e pop.
Questo lavoro di divertita attualizzazione e contaminazione si traduce in molte pagine in un pastiche linguistico molto spiritoso, in cui si mescolano l’italiano e il napoletano, le citazioni colte, i rap melodici e le banalità social. Le invenzioni linguistiche di Cilento, spesso caratterizzate da una forte evidenza visiva, danno grazia e simpatia anche a particolari descrittivi che potrebbero risultare banali:
Vedeva ora, correndo dietro a Help, che le rose non erano i suoi soli tatuaggi ma che sui polpacci della biondina erano disegnati a sinistra un punto esclamativo e a destra un punto interrogativo.
La punteggiatura si alternò, mentre Help scavalcava con l’esclamativo una carrozzina e con l’interrogativo dribblava un paio di stampelle con gamba ingessata (“Puozze passà ‘nu guaio” le urlarono dietro); quindi, a piazza Dante nella folla nessuno badò più alle fuggiasche e la punteggiatura si ricompose.
˂˂Ce l’abbiamo fatta˃˃ sorrise Help.
˂˂Sei sicura!?˃˃ esclamò Farenàit usando entrambi i segni di interpunzione, all’insaputa dell’amica.
La scrittrice dedica un’attenzione particolare ai fenomeni linguistici legati alla dimensione elettronica della comunicazione, ai nuovi ritmi e modalità imposte dai canali social.
Ne descrive le conseguenze nell’ambito scolastico, dove l’obbligo di amicizia fra genitori e docenti genera interferenze, pressioni e fraintendimenti; più in generale, osserva che nel futuro distopico disegnato dal racconto, dove le stesse professioni si svolgono online, essere interrotti è la norma, e questo determina una comunicazione sincopata e frammentaria, con gli altri e con se stessi.
La sua lettura di quest’aspetto delle relazioni fra le persone è evidente nella denominazione attribuita al social di regime: WasteTime, nomen omen. La lotta per conservare al dialogo e allo scambio di idee dignità e importanza si combatte, nel corso di tutta la vicenda, contro i processi di banalizzazione della lingua, riflesso dell’impoverimento del pensiero. Talvolta la risata sorge spontanea, come quando scopriamo che esiste una app che segnala a chi ha parcheggiato in seconda fila l’esigenza di spostare l’automobile, e che quest’applicazione si chiama, in napoletano, “MoVeng”.
Ma il riso è un modo per far pensare, come la chiave fiabesca, come l’intertestualità, in questo romanzo semplice e profondo.
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