Klara e il sole: un’utopia postumana?
Klara e il sole, uscito da Einaudi con la traduzione di Susanna Basso, rappresenta il ritorno alla narrativa di Kazuo Ishiguro a quattro anni di distanza dall’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura. Il romanzo presenta alcuni punti di contatto con la precedente produzione dell’autore: da più parti sono state rilevate, infatti, le consonanze tra Klara e il Sole e Non lasciarmi (2006) di cui abbiamo parlato qui. Tuttavia nella nuova vicenda pare di poter individuare alcune direttrici, ora tematiche ora narratologiche, che fanno pensare a una diversa fase ideativa per lo scrittore anglo-nipponico.
Il romanzo è incentrato sull’apprendistato di un umanoide tecnologicamente avanzato, Klara, destinato a essere uno degli “Amici Artificiali” che accompagnano i giovani, oramai disabituati a stare con i coetanei, nel corso dell’adolescenza: nel suo caso si tratta di Josie, quattordicenne affetta da un male oscuro che ne minaccia la sopravvivenza. Ambientato negli Stati Uniti, il romanzo è collocato in un futuro prossimo in cui i ragazzi non frequentano più la scuola ma ricevono la loro istruzione a casa, seguendo le lezioni sull’”oblungo”, ossia quanto di più vicino a un cellulare possiamo immaginare. Le famiglie più ricche pagano per far in modo che i loro figli vengano sottoposti a procedure di editing genetico così da superare con facilità i test d’ingresso dei College più prestigiosi.
Il punto di vista assunto è quello di Klara, nei confronti della quale scatta fin dalle prime pagine un processo di immedesimazione da parte del lettore che impara a conoscerne l’empatia, lo spirito di osservazione e, infine, la capacità relazionale: il robot (forse perché è “femmina”?) mostra infatti un’intelligenza artificiale così raffinata da far intuire al lettore di giungere a provare veri e propri sentimenti. In effetti è fittissima la rete di rapporti che il robot intesse e che permette di accostare il suo nome ai numerosi personaggi del libro: quello tra Klara e il Sole è un rapporto di vitale importanza, dal momento che questi automi sono alimentati dall’energia solare: «Quando avevo la fortuna di vederlo così, sporgevo avanti la faccia per assorbire il massimo del nutrimento», afferma fin dalle prime pagine. Ma nel corso della vicenda si costruiscono molte altre relazioni che mettono Klara nella condizione di imparare a capire il mondo degli uomini e tutta la gamma di emozioni e stati d’animo che lo connota: basti pensare a Direttrice, Josie, Chrissie, Rick, Domestica Melania.
Un Bildungsroman per umanoidi
Klara e il sole assume dunque la forma del Bildungsroman: a distanza di tempo l’io narrante ricostruisce e giudica i fatti vissuti da un io narrato inesperto e incauto, fornendo nella parte conclusiva del romanzo alcune informazioni relative al suo stato attuale. Questo espediente narrativo costituisce il punto di forza del libro di Ishiguro. Un lettore odierno è infatti “allenato” a riconoscere i tratti tipici del romanzo di formazione, tende a accogliere il patto di sospensione dell’incredulità e si abbandona al meccanismo di immedesimazione con il protagonista. Tuttavia in questo romanzo, invece di trovarsi di fronte al mondo raziocinante e senziente di un essere umano, si ha a che fare con quello di un robot: l’inaspettata creaturalità di Klara crea un cortocircuito tra dimensione biologica e tecnologica e fa aggallare la domanda che soggiace a tutta l’opera:
Tu credi al cuore umano? Non intendo semplicemente l’organo, è ovvio. Parlo in senso poetico. Il cuore umano. Tu credi che esista? Qualcosa che rende ciascuno di noi unico e straordinario? […] non credi che per imparare Josie davvero non dovresti studiare soltanto i suoi modi ma anche quello che sta dentro di lei profondamente? Non dovresti imparare il suo cuore? (p. 191)
È il padre a porre la questione a Klara, dopo aver scoperto che l’umanoide dovrebbe finire per sostituirsi a Josie assumendone sembianze, movenze, modi di essere e di sentire, una volta che la ragazza dovesse morire. Per quanto il robot si dichiari disposto a diventare la “prosecuzione” di Josie, in linea con gli obiettivi per cui è stata programmata, riesce comunque a contrapporre a una prospettiva così disumanizzante un suo progetto utopico.
Utopia
In questo senso il romanzo di Ishiguro, pur lambendo il tema del disastro ambientale – qui incarnato dall’inquinamento che minaccia la potenza vivificante del Sole – mostra una maggiore apertura alla speranza rispetto alle precedenti opere dell’autore. C’è, in Klara, un modo innocente e utopico di guardare al mondo; il robot congettura infatti una possibilità di azione e di salvezza che mantiene viva la possibilità di conseguire il bene della creatura umana che le è stata affidata.
Se al Sole è affidata la vita di tutti gli esseri umani oltre che dei robot, come ha imparato osservando il mondo dalla vetrina del negozio dove è iniziata la sua esistenza, se addirittura il Sole può restituire la vita come nel caso di Mendicante, allora Inquinamento diventa l’antagonista contro cui Klara tenta un’ingenua resistenza. Coerente con il particolare Bildungsroman che allestisce, Ishiguro affida una prospettiva ideale sul mondo a un personaggio postumano che rivolge al Sole una venerazione simile a quella delle prime civiltà umane. Nella preghiera che Klara rivolge al Sole, entità della vita generosa e potente, è il sentimento che lega Josie e Rick a rappresentare il suggello della sua perorazione:
Ti prego, non andartene ancora, – dissi. – Concedimi un altro istante, ti prego. So di non aver saputo rendere il servizio che ti avevo promesso in città, di non avere il diritto di chiederti altro. […] so quanto è importante per te che chi si ama possa tornare insieme, anche dopo molti anni. So che il Sole augura a quelle persone ogni bene, forse le aiuta perfino a trovarsi. Perciò, ti prego, considera il caso di Josie e di Rick. Sono giovanissimi. Se Josie dovesse andarsene ora, sarebbero separati per sempre. […] Posso garantire io stessa che il loro amore è forte e duraturo. (p. 240)
L’automa, insomma, farà tutto quanto è in suo potere per sottrarre la ragazza alla morte che incombe, dimostrando che anche in un mondo postumano la fiducia e l’amore restano le uniche strade da percorrere per evitare la perdita delle persone più care.
Stato di minorità
A differenza di quanto accade generalmente nei racconti fantascientifici in cui il robot è rappresentato come un essere “avanzato” che costituisce una minaccia rispetto all’umano, nel romanzo di Ishiguro Klara è programmata per volere il bene di Josie; inoltre fin dall’inizio si trova in una sorta di stato di minorità: infatti nel momento stesso in cui si trova nel negozio, in attesa di essere acquistata, la protagonista sa che a competere con lei ci sono androidi di ultima generazione, i B3, dotati addirittura di olfatto.
L’insufficienza della robotica nel sopperire alle molte manchevolezze del mondo degli umani – indifferenti rispetto ai problemi ambientali, cinici e competitivi nelle relazioni – diviene palese nella parte finale del romanzo quando Klara compare finalmente qual è: un umanoide consapevole di aver adempiuto al suo compito ma dismesso. La rievocazione del passato da parte dell’automa, ormai accantonato come ogni dispositivo elettronico che non serve più, avviene cercando di lottare con una memoria che comincia a vacillare e a confondere i momenti trascorsi, come se un morbo simile all’Alzheimer suscitasse in lei un disorientamento progressivo.
Il robot si sforza di rievocare il passato rispetto alla sua inerte inutilità nel presente: riportare ogni momento al suo corretto contesto, infatti, è per Klara un modo per dare un senso a quello che lei stessa è stata, ora che, da oggetto obsoleto, sta “seduta nel Cortile, sulla terra dura” (p. 264):
[…] questo posto mi piace. E ho i miei ricordi da passare in rassegna e mettere in ordine. (p.268)
Intorno a lei, intanto, il mondo degli umani continua imperterrito il suo moto.
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