Sulla prima prova dell’Esame di Stato 2019
Anche quest’anno, come blog, abbiamo deciso di commentare la prima prova dell’Esame di Stato attraverso un punto di vista plurale. Abbiamo chiesto un parere a Emanuela Bandini, Claudia Boscolo, Jacopo Manna, Claudia Mizzotti, Demetrio Paolin, Stefano Rossetti che ringraziamo.
***
Emanuela Bandini
In un anno di grandi cambiamenti, credo che la riflessione sulle tracce d’esame debba partire innanzitutto dalle concrete difficoltà degli studenti che su di esse hanno misurato le proprie abilità di scrittura. Durante lo svolgimento della prova, nella commissione di cui faccio parte come membro esterno, la maggior parte di richieste di chiarimento ha riguardato non tanto gli specifici contenuti delle diverse tracce, quanto la forma e la struttura da dare agli elaborati: «Devo fare un testo unico o rispondere alle singole domande?», «Ma se rispondo alle singole domande finisco per ripetermi: come posso fare?» «Posso inserire delle riflessioni personali nelle singole risposte?». Dubbi del genere sono stati frequentissimi, e denunciano la scarsa abitudine alle nuove tipologie (soprattutto la B), che non hanno avuto sufficienti tempi di “rodaggio” nel lavoro in classe, perché non bastano certo due simulazioni ministeriali per consolidare una pratica di scrittura così impegnativa e complessa. D’altra parte, però, emerge anche una evidente mancanza di chiarezza ed esaustività delle indicazioni delle tracce; o meglio, della congruità di quelle indicazioni con l’obiettivo finale della produzione di un testo argomentativo, benché declinato diversamente. Innanzitutto, manca, anche stavolta, una consegna chiara sulle modalità di svolgimento della tipologia B: testo unico? Testo diviso in due blocchi? Questionario e commento? Questa ambiguità può avere, per il commissario che correggerà, dirette conseguenze sulla valutazione, in particolare dell’indicatore Ideazione, pianificazione e organizzazione del testo, perché è palese che rispondere ad un questionario non implichi la stessa capacità di progettazione di un testo unitario, anche se breve; ciò vale anche per la tipologia A, poiché la capacità di elaborare un’analisi coerente e coesa, anziché delle “semplici” risposte corrette a singole domande, può diventare dirimente ai fini di una valutazione di eccellenza. Per molti candidati, invece, è stata immediatamente percepibile la labilità del confine tra analisi del testo (letterario o saggistico) e riflessione su di esso, con evidenti ricadute sull’organizzazione dei contenuti e sulla coerenza complessiva dell’elaborato. Dubbi speculari («Ma devo riassumere il testo anche se non è richiesto?») sono sorti riguardo alla tipologia C, in cui il testo-spunto ha raggiunto dimensioni monstre, tali da rendere necessario un lavoro preliminare di comprensione non dissimile da quello della tipologia B. La progressiva assimilazione di una tipologia all’altra (la C sempre più simile alla B, la B sempre più simile alla A), dovuta anche all’inadeguatezza delle indicazioni di svolgimento, mi pare il tratto costitutivo di queste tracce e pone un problema di non poca rilevanza, che può ridurre, in prospettiva, la capacità dei nostri studenti di produrre una molteplicità di testi diversi in relazione ai contesti, ai contenuti e agli scopi comunicativi.
Claudia Boscolo
Si tratta di una prima prova piuttosto disomogenea, con due proposte di tipologia A (analisi e interpretazione) di livello molto diverso. Nella prima traccia la scelta di una lirica di Ungaretti che normalmente non compare nei manuali incoraggia a mettere in atto competenze acquisite nel corso dei cinque anni del percorso formativo, dall’identificazione della struttura metrica alla contestualizzazione culturale e storica, e richiede senza dubbio una preparazione attenta e curata. La seconda proposta, invece, asseconda nella consegna lo spirito dei tempi: non si richiede infatti di commentare lo stile e la cultura di Sciascia, ma di concentrarsi su un dialogo estratto dall’opera, apparentando di fatto un capolavoro della letteratura italiana a tanta produzione specialmente televisiva sull’argomento, che in Sciascia ha senz’altro il proprio capostipite e modello. Questa operazione svilisce il testo, riducendone la complessità al livello di un lavoro di analisi che può essere svolto in antologia al biennio: troppo poco per un candidato di maturità liceale. Vi è quindi un dislivello notevole fra le due proposte. Per quanto riguarda la tipologia B, il brano tratto dal bel libro di Montanari propone senza dubbio una riflessione importante sul nostro patrimonio storico artistico, e invita a misurarsi con ragionamenti complessi e interdisciplinari. Ho trovato invece caotica e mal formulata la seconda proposta, in cui si legge addirittura che «la società umana funziona incredibilmente bene, almeno quando non colpiamo con radiazioni le popolazioni indigene», come se le disuguaglianze interne alle società umane, tema più che mai importante oggi, scomparissero davanti al disastro ecologico. Traccia davvero troppo ampia che avrebbe richiesto un taglio forse più filosofico e meno banalizzante, considerato che il libro di Sloman e Fernbach non è di certo così riduttivo. Insomma, nutro qualche dubbio sulla scelta di questo estratto. La terza proposta la trovo davvero deprimente: sembra che a quasi vent’anni dall’inizio del nuovo millennio non si riesca a staccarsi dal Novecento, a storicizzarlo. La pesante eredità per questi ragazzi è la crisi economica del 2008 che ha devastato il mercato del lavoro in tutto l’occidente e non certo lo smarrimento causato dalla caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, eventi tanto distanti da loro quanto può esserlo il Rinascimento. Dare per scontato che i nati nel 2000 si sentano ancora coinvolti in qualche misura negli eventi del Novecento vuol dire non avere capito nulla del loro mondo. Infine, le due proposte della tipologia C (testo espositivo) erano sicuramente fattibili, ma a parer mio non troppo entusiasmanti. Rimane l’amarezza di vedere rappresentata la cultura italiana esclusivamente attraverso voci maschili, quando è ormai prassi consolidata trattare moduli di scrittura femminile nel percorso di studio della storia letteraria, anche in ottica comparatistica. Neppure quest’anno in nessuna traccia si è dato alcuno spazio alla questione di genere, nonostante l’urgenza ormai ineludibile far entrare nel discorso pubblico tematiche come le diseguaglianze e la disparità socio-economica, a beneficio di una obsoleta rappresentazione del mondo a senso unico.
Jacopo Manna
Appena ricevuto il dossier della prima prova ho estratto il telefonino (io potevo farlo), azionato il cronometro e iniziato a leggere. Per finirlo ci ho messo 21’ 15’’ 8’’’ e mi sono detto che questo fascicolo bulimico è di per sé una prova d’esame: selezionerà nettamente fra i maturandi dotati di lettura veloce, tensione mentale, capacità di scelta, e quelli (come sarebbe accaduto a me) che già al temine di quelle nove fitte cartelle si sentono spompati. Veniamo alle tracce. La prima impressione è quella di una medietà rassicurante: analisi provvedute di istruzioni minuziose che già consentono di intascare, seguendole fedelmente come La pista cifrata della «Settimana Enigmistica», una parte del punteggio; consegne di interpretazione e produzione [sic] non costrittive; tono generale di pacato buonsenso. Difficile per il candidato sfuggire alla tentazione dell’adeguamento conformista e del profilo basso. E sì che di punti degni di venire discussi, nelle tracce se ne trovano: davvero il passato “televisivo” di cui parla Montanari è così a senso unico? Davvero, ventitré anni dopo, l’epoca da cui scriveva Stajano si può definire del post-, e non piuttosto delle riemersioni impreviste e della lunga durata? Davvero quella del capitano Bellodi è semplicemente una “cultura della ragione”? Lo studente maturando, comprensibilmente desideroso di non inguaiarsi, è poco probabile voglia prendersi il carico di polemizzare argomentativamente, respingendo la mano tesagli dal MIUR. Peccato; e peccato anche per la clamorosa occasione persa dai compilatori di queste tracce, i quali hanno inserito l’untuosissimo santino, dedicato dal Prefetto Dottor Luigi Viana al generale Dalla Chiesa, nella Tipologia C (“Riflessione di attualità”) anziché nella A (“Analisi testuale”), in quanto il brano costituisce un esempio perfetto della retorica di regime. Avrebbe addirittura meritato una trattazione a sé il mirabolante “si sono immolati nella lotta alla mafia”, riferito a Falcone e Borsellino al posto del più opportuno “sono stati immolati”: che, detto a pochi giorni dalla messa in onda del film-inchiesta di Sabina Guzzanti La trattativa, ha tutta l’aria di una solennissima presa per i fondelli. Ah, ultima cosa: al ministero dovrebbero decidersi ad assumere qualcuno che curi la revisione generale del dossier; il rinvio bibliografico del Giorno della civetta era indifendibile.
Claudia Mizzotti
«Non v’è nulla di più difficile da realizzare, né di più incerto esito, né più pericoloso da gestire, che iniziare un nuovo ordine di cose». Con emozione questa mattina abbiamo assistito del varo del nuovo Esame di Stato, con sollievo abbiamo notato che le tracce proposte dal Ministero per la Prima prova sono state all’altezza della situazione. Il “vecchio ordine” non sarà rimpianto e il nuovo merita d’esser difeso. Colpisce positivamente un elemento di omogeneità fra le tracce: tutte le tipologie (A, B, ma anche C, con brani d’ampiezza maggiore rispetto alle simulazioni, a disattendere l’indicazione di un “breve testo di appoggio” della Commissione Serianni) propongono testi ricchi di suggestioni e spunti, capaci di parlare al cuore, ma soprattutto alla mente dei maturandi, di sollecitare riflessioni su temi cruciali facendo riferimento a “letture, conoscenze, esperienze”. “Pretesti”, dunque, non in senso deteriore (come pezza d’appoggio per avviare una discussione), bensì tali da originare, secondo un metodo induttivo (ormai consolidato nella prassi didattica), un percorso espositivo/argomentativo in linea con il proprio orizzonte formativo e culturale. Le tracce sono pensate per poter essere svolte in tutti i percorsi di studio: la scelta dei testi stimolo è in questo senso particolarmente felice (perché i passi, pur prestandosi ad una lettura approfondita, non escludono gli studenti meno avvertiti da un positivo confronto con il testo), ma è apprezzabile anche la formulazione delle consegne (“chiare, articolate e puntuali” secondo il dettato normativo), soprattutto nella fase strutturata di comprensione: finalmente è stata data esplicitamente facoltà ai candidati di svolgere l’elaborato in modo analitico (“punto per punto”, alla maniera di un questionario), oppure costruendo “un unico discorso” organico, un testo “lineare e continuo, lungo e sintatticamente complesso” (secondo la definizione di Massimo Palermo in Italiano scritto 2.0), antitetica rispetto alla testualità frammentata tipica dell’ecosistema digitale. Anche le consegne relative alla produzione libera sono chiare, ma mi permetto di esprimere due perplessità. La prima: la frase, ricorrente nella sola tipologia B, “scrivi un testo in cui tesi e argomenti siano organizzati in un testo coerente e coeso”, poteva essere almeno parzialmente estesa anche alla tipologia C, cui non sono certo estranei i requisiti di coerenza e coesione (assunto che i caratteri di coerenza e coesione, che attengono alla efficacia testuale, siano ben presenti a tutti i destinatari della consegna). La seconda perplessità riguarda i vincoli posti alla produzione (ma anche alla comprensione per la sola tip. A, sulla “rielaborazione” del testo letterario in forma di parafrasi o sintesi o altro): come è noto, il QdR pubblicato il 26 novembre scorso impone l’utilizzo di griglie con un indicatori generali e specifici. Fra questi ultimi, il rispetto dei vincoli è elemento da valutare obbligatoriamente nella tip.A, non lo è nella tip. B (dove sarebbe forse utile prevedere lunghezza del testo, paragrafazione, presenza di contro-tesi…), torna in parte ad esserlo nella tip. C (formulazione di titolo originale e coerente, presenza di paragrafi…). Sarebbe a mio avviso più opportuno, sia per chi scrive, sia per chi corregge e valuta, non lasciare margini di incertezza e discrezionalità, ove la casistica dei vincoli derivi dai precedenti. Preferirei, per preparare adeguatamente i miei studenti e per valutare equamente i loro elaborati, avere la certezza della presenza dei vincoli per tutte le tipologie di prova, vincoli stilati sulla base di una serie di possibilità, magari anche comuni alle tre tipologie, chiaramente definite e rese pubbliche. Le novità non sono mai soluzioni a problemi complessi, nel caso specifico alla vexata quaestio delle competenze di scrittura delle nuove generazioni. Tuttavia credo che il quadro teorico e la sua declinazione pratica in questa nuova Prima prova indichino una direzione di lavoro proficua, nel cammino verso la meta educativa di lunghissimo termine (e mai definitivamente raggiunta) dell’apprendimento linguistico. Concludo: avrei scelto la traccia B1; l’avrei preferita parecchi lustri fa, come maturanda che all’università avrebbe studiato la storia antica e l’archeologia; a maggior ragione l’avrei scelta oggi, come insegnante che si adopera ogni giorno per superare, insieme ai suoi studenti, la “dittatura totalitaria del presente”, coltivando la consapevolezza del divenire storico e alimentando nel contempo le speranze per il futuro.
Demetrio Paolin
Devo confessarlo, lette le tracce della prima prova di maturità l’unica mia reazione è stato lo sbadiglio. Certo, lo so, che non è così che si affronta un tema così complesso, ma debbo tenere conto di ciò che il corpo mi dice e quindi mi chiedo: «Perché queste benedette tracce mi hanno annoiato solo nel leggerle? Da dove comincio?» Da Ungaretti. Dopo una poesia bruttarella di Caproni, quest’anno i commissari ci riprovano con una lirica di Ungaretti. L’ho letta e non avrei saputo cosa dire: l’Ungaretti del Porto Sepolto è secondo me meno interessante di quello del Sentimento del tempo (forse avrei potuto scrivere solo questo nel mio ipotetico elaborato); tra l’altro i versi della poesia Risvegli sono deboli perché mancano della caratteristica principale dell’arte del primo Ungaretti ovvero l’icasticità delle immagini (il cuore paese straziato, fratelli parola tremante nella notte, l’illuminarsi d’immenso etc etc). A questo si aggiungono le domande, alle quali il candidato deve rispondere; queste hanno due gravi pecche: 1) sposano una linea di lettura del testo molto poco innovativa; 2) imboccano le risposte al nostro ipotetico ragazzo maturando. Insomma ditemi qual è il rischio nell’affrontare un esame dove bisogna analizzare una poesia noiosa, dove tutto è già pre-suggerito nelle domande? Tutte le tracce sembrano suggerire: «Leggete il testo sopra, non fateci troppo caso se avete studiato o meno questo autore o libro, non preoccupatevi, seguite cosa dicono le tracce, mal che vada farete una prova discreta, ma nessun disastro all’orizzonte». Io penso – poi non lo so, io non sono un professore, io non redigo le prove per il ministero -, che la rovina di ogni insegnamento sia il paternalismo. Con queste tracce togliamo di mezzo il rischio, l’azzardo; lasciamo la porta aperta alla comodità di essere mediocri: rispondi alle domande, rispondi così come noi ti suggeriamo e andrà bene. È questa la maturità? Anche il brano di Sciascia (io adoro Sciascia), ma gentili uomini del ministero siamo ancora fermi al Giorno della Civetta? È questo l’unico possibile romanzo di Sciascia da dare in commento ai ragazzi? Vogliamo rendere, ancora, Sciascia schiavo e prigioniero della retorica dell’antimafia? Gli vogliamo fare questo sgarbo, nuovamente e dopo tutti questi anni? Gentili uomini del ministero se proprio volete una bella semplificazione su mafia e antimafia: ci sono i libri di Pif o perché no rispolverate La piovra con il commissario Cattani, ma – se fossi in voi – Sciascia lo lascerei stare. Due ultime notazioni statistiche. La prima: quattro testi citati quattro autori maschi, e anche su questo secondo me un minimo di riflessione dovremmo farcela. La seconda: tra i quattro testi, due di saggistica e due di “immaginazione”, i due libri di immaginazione sono stato pubblicati tra 1916 e 1961. Verrebbe da dire che la letteratura italiana non abbia prodotto nulla di interessante nella seconda metà del 900 e neppure in questi 20 anni degli anni 2000. Ma questo è un altro argomento, non certo adatto alla Maturità.
Stefano Rossetti
Premessa, sui valori Non riesco a scrivere della prima prova riformata senza pensare al percorso che ne ha preceduto l’esordio, caratterizzato da tratti inconsueti nel riformismo italiano. Voglio citarne tre, perché la lettura dei testi proposti stamattina conferma, a mio giudizio, che si tratta di orientamenti culturali profondi:
– l’autorevolezza degli autori della “riforma”, che ha reso possibile una semplificazione non banale
– la moderazione nel cambiamento, che ha consentito agli insegnanti di attuarlo senza traumi
– il riconoscimento della responsabilità professionale dei docenti, evidente nella fase di valutazione.
Da queste premesse discende un giudizio decisamente positivo, che illustrerò brevemente in relazione a tre idee:
1) Scelta di testi di qualità In tutte le tipologie sono stati proposti testi di assoluto valore. Prima di tutto, per la loro significatività rispetto al dibattito culturale attuale. Non c’è stato timore di dare voce ad idee provocatorie ed impegnate. Direi anzi che alcune scelte sono state coraggiose, soprattutto in considerazione dell’idea di una presunta “neutralità” cui si fa spesso riferimento nel dibattito sulla scuola. In secondo luogo, per la loro praticabilità a più livelli: le consegne sono state concepite in modo chiaro, magari anche troppo didascalico. Ho l’impressione che i compiti fossero accessibili a ciascuno studente, e che non inibissero la capacità di collegare e criticare – ciascuno secondo le proprie attitudini – esplicitando la padronanza dei processi argomentativi.Infine, per la vicinanza al vissuto e all’esperienza dei giovani; un tratto evidente soprattutto nella parte di “produzione” argomentativa, in diversi testi.
2) Centralità di una comprensione autentica Le analisi e le produzioni proposte, immediatamente riconoscibili nelle tipologie A e B, più sfumate nella tipologia C, sono un buon esempio di una visione seria ed articolata della competenza di comprensione. Chiedono infatti di coniugare l’ascolto delle idee degli altri e la discussione/ critica di esse, invitando a non sovrapporre i due momenti, a non interpretare senza avere ancora capito.
3) Valore della storia e dell’attualizzazione La prova di stamattina dimostra infine che la Storia non è affatto scomparsa dalla scuola insieme al tema storico.
Ha invece un peso decisivo, nella fotografia che i testi d’esame scattano al percorso di studi dei nostri giovani, sotto due aspetti:
– la conoscenza di fatti, documenti, esperienze
– la capacità di cogliere relazioni fra il passato edì il nostro agire nel presente
Collegare questi due ambiti – saper attualizzare correttamente – è una delle competenze più alte che la scuola possa e debba coltivare. Forse, più che dalle fantasiose trovate del colloquio, sarebbe utile partire dal tentativo, a mio parere riuscito nella prima prova riformata, di dare uguale dignità ad un’idea di scuola più tradizionale e ad un insegnamento aperto al vissuto e alle esperienze di lettura e di visione degli studenti.
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