Parini e noi: un percorso per il quarto anno
di Matteo Zenoni
Parini a scuola
Incassato a metà dell’itinerario di apprendimento di quarta e ignorato dagli estensori delle Indicazioni Nazionali, Parini, dopo le iniziative legate al bicentenario della morte, nel 1999, sta vivendo una stagione di declino o, quantomeno, di stagnazione, come si può rilevare dalle scelte antologiche dei manuali di letteratura italiana più diffusi, che vedono brani ormai cristallizzati, segno di un mancato interesse (anche della scuola) verso lo scrittore lombardo. Tra le ragioni, va sicuramente annoverata l’ostica lingua del Giorno e delle Odi, la cui sostenutezza stilistica classicheggiante risulta un ostacolo non da poco per avvicinare gli studenti allo scrittore di Bosisio. Non secondaria è inoltre l’estensione dei testi pariniani, specie delle Odi, che ne preclude l’inclusione nelle storie letterarie, se non si vuole ridurre l’opera a lacerti di testo che ne fanno perdere il senso complessivo (è quello che avviene, ad esempio, per Il bisogno).
Ma l’ostacolo linguistico non può, a mio avviso, rappresentare un ostacolo per affrontare quello che mi piace definire un “profeta inascoltato” e quindi, munito di due strumenti fondamentali, ovvero le edizioni commentate del Giorno di Marco Tizi e delle Odi di Nadia Ebani, ho pensato a delle modalità alternative per far comprendere il valore attualissimo della poesia pariniana.
Le ragioni di un percorso
Come docenti siamo chiamati a stendere a inizio anno la programmazione di classe di Educazione civica, basandoci, da settembre, sulle discusse nuove Linee guida del Ministro Valditara. Mettendo da parte le polemiche su alcuni snodi di queste ultime, così come le mie personali riserve sul senso di una materia in cui ognuno versa un po’ d’acqua nel secchio comune (prendo l’efficace immagine dall’articolo di Orsetta Innocenti, Il metodo dell’ultimo biscotto. La ‘novità’ dell’Educazione civica a scuola, «Le parole e le cose», 16.07.2020), ho deciso quest’anno di recuperare le mie conoscenze universitarie (sono laureato sugli echi tassiani nel Giorno) per progettare un percorso incentrato su Parini che intrecciasse sì tematiche di Educazione civica (nello specifico le competenze 4 e 6 delle nuove Linee guida), ma soprattutto mettesse al centro la salute, intesa in senso generale, quindi non solo degli individui, ma anche degli ecosistemi.
Le emergenze di cui parla Parini principalmente nelle Odi, ma anche in alcuni passi del Giorno,intrecciano poi diversi obiettivi di Agenda 2030 e, soprattutto, consentono collegamenti interdisciplinari con temi di Scienze naturali. Gli Obiettivi Specifici di Apprendimento di Lingua e letteratura italiana inseriti nelle Indicazioni nazionali dei Licei sono scritti con lo “stampino” e si ripetono identici nei diversi indirizzi liceali; tuttavia credo che, come docenti, dovremmo cercare, nel limite del possibile, di curvare la disciplina all’indirizzo in cui insegniamo, nel mio caso, il liceo scientifico; ciò risulta anche proficuo per gli studenti a cui, nel colloquio dell’Esame di Stato, richiediamo collegamenti e connessioni con altre materie che noi stessi fatichiamo a pensare, come docenti, nella stesura della programmazione di classe.
Uno schema di lavoro
Buttare gli studenti nell’alto mare della poesia pariniana sarebbe però a rischio annegamento e quindi, prima di iniziare l’approfondimento assegnato ai diversi gruppi (che doveva portare alla creazione di una pagina web per un blog), ho previsto una tabella in cui, al testo assegnato, fossero affiancate una serie di domande-stimolo, volte a far interagire l’ostica poesia pariniana con l’attualità e, soprattutto, con argomenti scientifici concordati in via preventiva con la collega di Scienze naturali.
Il rischio, lo anticipo, è quello di appiattire il testo al presente e che si perda la sua storicità, ma credo che in questi casi il ruolo del docente sia fondamentale nel saper gestire quelle attualizzazioni che risultino improprie o indebite. Nei prossimi paragrafi si analizzeranno delle piste di ricerca dentro e fuori Parini, in un modulo didattico volto a indagare l’attualità dei versi pariniani e con al centro la salute, nostra e del pianeta; la destinazione è quella di una classe quarta liceo scientifico, con un’attenzione particolare, quindi, sulle problematiche scientifiche al centro dei versi pariniani.
Il vago EUPILI mio, la Pianura Padana e le polveri sottili
Niccolò Scaffai, nell’importante saggio Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa, evidenzia che «il vero e proprio ingresso di un tema (proto)ecologico nella letteratura italiana avviene nel Settecento», con una data ben precisa, ovvero il 1759: «è in quell’anno, infatti, che Giuseppe Parini, esercitandosi intorno a un argomento proposto dall’Accademia dei Trasformati, compone l’ode La salubrità dell’aria», prendendo spunto dall’«introduzione a Parigi di una macchina per svuotare i pozzi neri, di cui aveva dato conto anche la “Gazzetta di Milano”, all’epoca diretta da Parini stesso» (N. Scaffai, Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa, Carocci, Roma 2018, p. 175). Nell’ode, infatti, pur riprendendo il tema già classico dell’opposizione, anche morale, tra città e campagna, Parini mette in luce delle questioni ambientali ecologicamente rilevanti, come il tema dello sfruttamento delle risorse («per lucro ebbe a vile / la salute civile», vv. 29-30) e la corsa al benessere economico, con ripercussioni tangibili sulla qualità dell’ambiente circostante. Nella Salubrità dell’aria vengono infatti condannati alcuni comportamenti che caratterizzavano la Lombardia del Settecento: la pratica delle marcite per il foraggio dei cavalli dei nobili, l’allagamento dei terreni per coltivare il riso, l’abbandono dei cadaveri di animali a bordo strada, l’uso di navazze stercorarie che non rispettavano gli orari imposti dalle autorità.
Credo però che lo snodo che può attivare l’attualizzazione dell’ode e la discussione nella comunità ermeneutica consista nei vv. 117-120: «Ma sol di sè pensiero / Ha l’inerzia privata. / Stolto! E mirar non vuoi / Ne’ comun danni i tuoi?» (si cita dall’edizione di N. Ebani, Fondazione Bembo- Pietro Guanda Editore, Varese 2010); Parini qui si interroga sul rapporto tra comportamento del cittadino e salute pubblica, su un’aria sempre più irrespirabile, e che rischia di diventare veicolo di malattie per chi deve abitare luoghi sempre più insalubri. Si tratta di emergenze presenti anche nel XXI secolo, a quasi tre secoli di distanza dalla stesura dell’ode pariniana; il sesto traguardo dell’Obiettivo 11 di Agenda 2030 mira, infatti, alla riduzione dell’impatto ambientale negativo pro-capite delle città, prestando attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani e di altri rifiuti. Ho scelto come stimolo da proporre alla classe per legare Parini la fake news del febbraio 2024, diventata virale, secondo cui Milano sarebbe la terza città più inquinata al mondo. La classifica del sito svizzero IQAir ha fatto molto scalpore ma, al netto della posizione in graduatoria, la qualità dell’aria nella Pianura Padana è davvero per lunghi periodi irrespirabile, con conseguenze sulla salute di chi vi abita.
Parini nella Salubrità dell’aria individua negli interessi economici (il lusso e l’avarizia del v. 71), ma anche nell’incuranza della maggior parte della popolazione (la stolta pigrizia del v. 72) le cause di tale problema, ma è interessante discutere sulla classe quali possibili soluzioni possano essere messe in campo, dal singolo e dalla collettività, per lo scadimento della qualità dell’aria e lo smaltimento dei rifiuti, a cui anche Roberto Saviano ha dedicato l’ultimo capitolo di Gomorra, intitolato La terra dei fuochi, utile da far interagire con i versi pariniani, in un dialogo tra autori di epoche diverse.
Novax del Settecento nell’Innesto del vaiolo
Meno antologizzata, perché di quasi duecento versi, è l’ode L’innesto del vaiuolo, stampata nel 1765 e che rappresenta il contributo di Parini alla discussione sull’opportunità o meno dell’inoculazione vaiolosa, chiamata dai letterati innesto, con una bella metafora botanica. L’ode reca in epigrafe la dedica a Giammaria Bicetti de’ Buttinoni, interessante figura di letterato-medico che fronteggiò, nella primavera del 1765, una violenta epidemia di vaiuolo scoppiata in Lombardia, prevenendo il contagio per mezzo dell’innesto. L’interesse dell’ode consiste, a mio avviso, nella sua possibilità di dialogare non solo, come vedremo, con il presente, ma anche con testi coevi, a dimostrazione di come la letteratura del Settecento trattasse le medesime tematiche in forme e generi diversi. Liberamente fruibile in rete (sul sito Illuminismo Lombardo, progetto Università degli Studi di Pavia, da cui si cita), e quindi accessibile agli studenti con una semplice connessione, è infatti il lungo articolo (fogli XXXIV-XXXVIII dell’ultimo numero del «Caffè», del 1766) di Pietro Verri intitolato Sull’innesto del vaiuolo, in cui lo scrittore milanese prendeva posizione a favore dell’inoculazione con queste parole: «Pare impossibile come un metodo sì utile, sì necessario, sì poco penoso, […] confermato nell’Inghilterra da innumerabili fatti, dopo il consenso universale di tutt’i medici inglesi, […] un metodo contro il quale nessuno v’è che si opponga ne’ paesi che lo esercitano, un metodo in somma sì importante e benefico per l’umanità, sia presso di noi un puro soggetto di conversazione». Nell’ode Parini, attraverso una serie di meccanismi oppositivi, contrappone il «popolo ignorante» agli scienziati, ma soprattutto il riso beffardo di «Anglia […] Francia Italia» (v. 109) al coraggio di Lady Montague (apostrofata al v. 100 con O Montegù), moglie dell’ambasciatore inglese che tornò da Costantinopoli con il marito a promuovere i vantaggi dell’innesto, vaccinando la loro figlia di cinque anni (sulla figura di questa nobildonna, approdata anche in Italia e sul lago di Lovere, si legga il bel contributo su «Doppiozero» di A. Banda, Una vita coraggiosa. Lady Montagu e il vaccino del vaiolo).
L’ode, se si supera l’ostacolo linguistico, si presta a un’attualizzazione piuttosto scontata ma, a mio avviso, efficace, dato il rigurgito antiscientifico che sta caratterizzando gli anni successivi all’epidemia di Covid-19, che ha colpito in modo drammatico la Lombardia di Parini e di Bicetti e che si è riusciti a contrastare grazie a una vaccinazione di massa. Il vaiolo ha mietuto, nel corso dei secoli, milioni di morti e, per merito del vaccino, è stato dichiarato eradicato solo nel 1980; queste tematiche sono, d’altra parte, al centro dell’Obiettivo 3 di Agenda 2030, Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età, tra i cui traguardi c’è quello di «sostenere la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci per le malattie trasmissibili e non trasmissibili che colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo e fornire l’accesso a farmaci e vaccini essenziali ed economici». Tuttavia, in Italia si stanno diffondendo sempre più i movimenti dei novax, che si sono sempre opposti all’obbligo vaccinale e che ricevono ora una legittimazione dall’abrogazione delle multe nei confronti di quelle categorie che erano tenute a effettuare la vaccinazione. Parini, al v. 161, invita Bicetti a contrapporsi alla «superstizïon, del ver nemica» e all’«ostinata folle scola antica» (v. 162), ma le dinamiche non sono cambiate nel XXI secolo, con scienziati che, nei teatri televisivi, devono spesso subire, come la Montague, gli attacchi di sedicenti esperti che si fanno portavoce di opinioni prive di dati scientifici.
Fame, denutrizione e politiche agrarie
La vita rustica, ode poco nota e composta intorno al 1757-1758, si lega, invece, all’interesse di Parini per l’agricoltura e dimostra la sua adesione alle teorie fisiocratiche. Parini era infatti «aggiornato sulle questioni relative allo sviluppo dell’agricoltura, al rapporto del miglioramento della produzione agricola con lo sviluppo dei commerci, al confronto tra città e campagna in termini di dialettica tra massa lavorativa e creazione delle risorse primarie per il nutrimento e l’incremento della popolazione» (M. Malavasi, Industria, paesaggio e natura in Parini, in Dal paesaggio all’ambiente. Sentimento della natura nella tradizione poetica italiana, a cura di R. Rea, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2020, p. 77). Lo scrittore fu chiamato poi nel 1776 a redigere Le costituzioni fondamentali della Reale Accademia d’Agricoltura in Milano; le Accademia di Agricoltura, al tempo, avevano l’obiettivo di migliorare le tecniche agricole per contrastare la sottoalimentazione, problema che ha assillato l’Occidente fino al XIX secolo (M. Malavasi, op. cit., p. 78) e che è al centro dell’Obiettivo 2 di Agenda 2030, che mira porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile.
Nell’ode La vita rustica Parini fa riferimento al progresso delle tecniche agricole, in particolare nei vv. 89-96: «E te, villan sollecito / che per nov’orme il tralcio / saprai guidar, frenandolo / col pieghevole salcio; / e te, che steril parte / del tuo terren, di più / render farai con arte / che ignota al padre fu»; traspare, in tutta l’opera, una critica verso il commercio, esplicita anche nella Salubrità dell’aria,e una messa in primo piano dell’agricoltura, al centro di molte discussioni, oggi, sulla sostenibilità delle coltivazioni e sulla necessità di non perdere la diversità delle colture.
Se Parini, nei versi di metà Settecento, si rivolgeva al «villan sollecito» (v. 89), spronandolo a educare i nuovi tralci della vite e a rendere più fertile la parte sterile di terreno, le nuove emergenze, in ambito agricolo, da discutere con la classe e, possibilmente, con la collaborazione del docente di Scienze naturali, riguardano invece l’incentivazione di coltivazioni sostenibili (promosse dalla FAO), che garantiscano la salute delle persone, la qualità della vita degli addetti alla produzione, i diritti umani di chi opera nel settore e l’equità sociale. Vere e proprie tematiche civiche, se si intende l’Educazione civica non solo come disciplina scolastica, quanto modo di essere che mira a comportamenti rispettosi dell’altro e del pianeta.
Il giorno e noi
«Giovin Signore, o a te scenda per lungo / Di magnanimi lombi ordine il sangue / Purissimo celeste, o in te del sangue / Emendino il difetto i compri onori / E le adunate in terra o in mar ricchezze / Dal genitor frugale in pochi lustri, / Me Precettor d’amabil rito ascolta» (Il Mattino, vv. 1-7; si cita da Il giorno, edizione critica a cura di D. Isella, Fondazione Bembo- Pietro Guanda Editore, Parma 1996); già dal suo incipit, Il Giorno rappresenta uno dei testi, insieme alle tragedie di Alfieri, più ostici da comprendere per gli studenti (e, aggiungo io, per i docenti), a causa di una lingua classicheggiante e ricca di inversioni.
Se però, per un intento didattico, si mettono in secondo piano il taglio didascalico e le lunghe pause descrittive, si potrà notare come uno dei fili rossi del poemetto sia rappresentato dalla denuncia delle disuguaglianze, al centro anche dell’Obiettivo 10 di Agenda 2030; si parte, ovviamente, dai primi 100 versi del Mattino, che contrappongono l’inizio di giornata del giovin signore, immerso nell’ozio e servito da tutti, a quello faticoso del «buon villan» (v. 37) e del «Fabbro» (v. 46); si prosegue con il celebre episodio della «Vergine cuccia» (vv. 503-556 del Mezzogiorno), in cui il contrasto si manifesta nella disparità di trattamento riservato alla cagnolina e all’«empio servo» (v. 542); credo però che uno dei passi più interessanti in ottica attualizzante sia rappresentato da quello che chiude il poemetto del 1765 e che rappresenta la cosiddetta ‘folla dei miserabili’ (Il Mezzogiorno, vv.1039-1065), dipinta nell’atto di assediare il portone della casa dove pranza il Giovin signore.
Dell’episodio si mette in evidenza, solitamente, la prefigurazione degli eventi che porteranno alla Rivoluzione francese, ma è interessante notare come Parini descriva con dovizia di particolari (la stessa che ha dedicato al banchetto) questi «egri mortali» (v. 1055): essi sono raffigurati con «tronche membra», visi squallidi e si sostengono con carrelli di legno. Benché, come sottolinea Carlo Capra, l’atteggiamento di Parini oscilli sempre tra la visione del povero come «controfigura del Cristo sofferente» e come «piaga sociale da curare con la costrizione al lavoro, in appositi reclusori, [… ] con la limitazione dell’assistenza ai soli vecchi e impotenti» (C. Capra, “I cenci e l’oro”. Ricchezza e povertà nella Milano di Parini, in L’amabil rito. Società e cultura nella Milano di Parini, a cura di G. Barbarisi, C. Capra, F. Degrada, F. Mazzocca, Cisalpino, Milano 2000, p. 43), risulta evidente, in questo episodio, una polemica verso l’eccessivo sfarzo del pranzo e le disparità sociali del tempo.
Il poeta, che sopportò la povertà e che, come descritto nell’ode La caduta, si reggeva su un bastone per la forte artrite, attraverso la spia linguistica «chi ci regna» (v. 1065), induce il lettore a partecipare alle sorti di un’umanità dolente, come quella che ancora oggi assalta le mense dei poveri nelle ricche città d’Europa. Con la classe, è interessante ragionare tanto sullo spreco di cibo (a cui allude con la dipartita del giovin signore dal banchetto quasi intonso), quanto sull’aumento delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà e che soffrono di una malnutrizione con conseguenze evidenti nel fisico. Per far dialogare Settecento e XXI secolo ci si potrà avvalere dei dati raccolti da Capra nel contributo citato, ma anche dei dati sulla povertà aggiornati ogni anno sul sito dell’ISTAT, da studiare, magari, con la collaborazione del docente di Matematica.
Educazione civica e letteratura: un binomio da esplicitare?
Tra le parole più abusate per affrontare un autore c’è quello di spendibilità didattica; un autore è spendibile se consente di collegarsi all’attualità e all’Educazione civica o se permette di “orientare” o educare alle emozioni; nel corso del triennio, ma soprattutto del quinto anno, tale dinamica porta però a esiti spesso infausti, che tradiscono la lettera dell’autore o ne marginalizzano il testo.
Nel corso dell’articolo, per motivare all’approfondimento di testi pariniani in classe, ho fatto costante riferimento all’Agenda 2030 e all’Educazione civica, ma ritengo che la grande letteratura, se affrontata come strumento per conoscere l’autore e le sue opere, ma soprattutto noi stessi e il mondo che ci circonda, promuova sempre educazione civica, intesa come una serie di comportamenti che mirano a favorire la formazione civile e democratica dei giovani. Come ricorda Romano Luperini, la centralità del testo è importante, ma è decisivo anche un altro momento, «quello che si realizza quando la classe si interroga sui significati del testo e si pone essa stessa come centrale nei confronti del testo» (R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, quinta edizione ampliata, Manni, Lecce 2013, p. 93). Credo che il percorso proposto su Parini promuova tale atteggiamento e prefiguri la creazione di comunità democratiche, che si interrogano sui problemi del presente e negoziano possibili soluzioni.
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