Un’altra scuola. Diario verosimile di un anno scolastico
Il 6 maggio uscirà, nella collana Carta Bianca di Ediesse diretta da Angelo Ferracuti e con la prefazione di Eraldo Affinati, Un’altra scuola. Diario verosimile di un anno scolastico. L’autore è Giovanni Accardo, che insegna nel liceo «Giovanni Pascoli» di Bolzano. È un libro di confine, come può essere il diario scolastico di chi insegna in Alto Adige, ma soprattutto di chi insegna nella scuola italiana del 2015, che il senso comune (e qualche fiction) raccontano ormai popolata soltanto da insegnanti patetici, psicopatici, lavativi, grigi, tristi, ignoranti, mentre essa è anche retta dalla forza di insegnanti stimolanti, affettuosi, comprensivi, colti, allegri, esigenti. Ringraziamo l’autore e l’editore per averci concesso di pubblicare un estratto del libro.
AGOSTO
Lunedì 27
Le novità del primo collegio docenti sono due.
La prima è il ritorno di Giacomozzi, dopo sei mesi di aspettativa per un infarto. Era stato abbandonato dalla moglie, che si è innamorata di un altro e se n’è andata via di casa con i due figli. Si presenta più palestrato e abbronzato del solito, con le infradito, i jeans scuciti e una maglietta dell’Hard Rock Cafè di Berlino. Si è messo un orecchino al lobo sinistro e mostra un bel tatuaggio sull’avambraccio. Non fosse per i capelli caduti precocemente, che lui porta rasati, non gli daresti 54 anni. Lo abbracciamo tutti. Alcune colleghe se lo stringono al petto più del necessario. Lui è pieno di sorrisi, sembra carico di voglia di vivere. Ho l’impressione che quest’anno molte studentesse studieranno volentieri la matematica. Si dice che la moglie si sia stufata delle sue avventure erotiche con le studentesse, se è vero quello che si racconta.
Ogni tanto arriva qualche genitore a lamentare voti ingiusti, a suo dire decisi sulla base della maggiore o minore disponibilità delle figlie ad accettare le profferte di qualche insegnante erotomane. Un collega particolarmente sensibile al fascino femminile e decisamente privo di scrupoli è stato costretto a chiedere il trasferimento ad altra scuola, e infatti è sparito. Ma è anche vero che più di una volta la preside ha invitato le studentesse a venire a scuola senza minigonne vertiginose o calzoncini inguinali, senza calze a rete o strappate in perfetto stile sadomaso. Non siamo in discoteca, le ha ammonite durante un’assemblea in aula magna. Cosa spinge alcune studentesse a venire a scuola conciate così? Sì, certo, la giovane età, la voglia di trasgredire o provocare, la moda, come quando andavano l’ombelico scoperto e i pantaloni a vita bassa. Credete sia facile fare lezione con delle ragazze di 18 o 19 anni agghindate in quel modo, magari col tanga che sbuca fuori dai pantaloni? E credete sia facile per un insegnante di sesso maschile dire alla studentessa di vestirsi in altro modo? No, non è facile, perché poi ti arriva la mamma o il papà a rimproverarti che hai guardato la figlia in modo improprio.
E gli studenti maschi?, vi domanderete. Ecco, per la mia esperienza, da questo punto di vista, con i ragazzi non esistono problemi, nel senso che non ricordo di colleghe che abbiano cercato di sedurre uno studente o uno studente che abbia cercato di portarsi a letto una professoressa. Perché? Intanto per l’età media delle insegnanti della scuola italiana, non propriamente giovanissime. E poi perché credo che le ragazze siano condizionate dai modelli televisivi e dalla pubblicità molto più dei ragazzi.
La seconda novità del collegio docenti l’annuncia la preside: gireranno un film nella nostra scuola. L’annuncio viene accolto dal più completo silenzio, subito seguito da un brusio che contiene sia disappunto che curiosità. Quando comunica che due quinte faranno da comparse, perché il film racconta la contrastata storia d’amore tra due studenti, cala di nuovo il silenzio; appena annuncia che le due classi saranno impegnate per un’intera settimana, mattina e pomeriggio, durante la quale non faranno lezioni, il brusio rimonta fino a diventare protesta. A malapena riusciamo a sentire il nome delle due classi e i docenti che la preside ha individuato come referenti: uno sono io. Ma questo lo sapevo già. Mi aveva telefonato mentre ero in vacanza a Londra, per propormelo. Io avevo accettato, ma a sentire le domande di molti colleghi e le loro lamentele, mi chiedo se ho fatto bene.
Quest’anno le lezioni cominciano il 5 settembre, lo ha voluto l’assessora alla scuola in lingua tedesca; l’assessore alla scuola in lingua italiana dapprima ha accettato, quando poi genitori, studenti, docenti e dirigenti hanno iniziato a protestare, elencando le ragioni della loro contrarietà, a partire dal timore di un progressivo distacco della scuola altoatesina da quella nazionale, ha cambiato idea. Ma oramai era troppo tardi: una delibera della giunta provinciale ha annullato la legge nazionale sull’autonomia scolastica e avocato a sé il diritto di stabilire l’inizio e la fine delle lezioni. La giunta della provincia di Bolzano è da sempre a maggioranza tedesca. L’assessore italiano avrebbe potuto votare contro e non sarebbe cambiato nulla. Però non l’ha fatto. Ora non resta che aspettare il ricorso al TAR presentato dai sindacati e la decisione del governo, che parrebbe intenzionato ad impugnare la delibera per incostituzionalità. In tanti si chiedono se questa imposizione aiuterà la convivenza tra italiani e tedeschi. In tanti si chiedono quale sarà il destino degli italiani dell’Alto Adige, visto che sono sempre in minoranza e non possono mai far valere le loro richieste. Sono i politici tedeschi ad essere particolarmente bravi o quelli italiani ad essere particolarmente insipienti? Nel resto d’Italia, intanto, si alzano le proteste contro i privilegi delle provincie autonome, mentre qui qualcuno ipotizza che se un giorno gli italiani venissero cacciati dall’Alto Adige, non gliene importerebbe niente a nessuno.
Finito il collegio docenti cominciano gli esami di recupero: prova scritta di italiano.
Martedì 28
Iniziamo a lavorare ai nuovi percorsi di “Scuola d’autore”, il progetto dell’IPRASE Trentino ideato dal collega di Trento Amedeo Savoia e dallo scrittore Giulio Mozzi, e che il mio liceo propone per il secondo anno: un corso di aggiornamento di didattica condivisa, con lezioni per i docenti, attività nelle classi e incontri con gli autori durante i quali gli studenti presentano i loro elaborati.
L’anno scorso abbiamo lavorato sul romanzo di Michele Mari, Rosso Floyd, e sulle poesie di Umberto Fiori, in particolare sul volume Esempi. Hanno partecipato docenti e studenti di varie scuole di Bolzano. Io avevo coinvolto la mia seconda. I ragazzi, dopo aver comprato il libro di Mari e averne iniziato la lettura, si erano spaventati. Rosso Floyd è un romanzo polifonico privo della consueta struttura e intreccio, una serie di testimonianze sulla storia dei Pink Floyd e del loro rapporto con Syd Barrett, anima e fondatore del gruppo.
“Dopo appena due album, Syd Barrett sprofonda in un delirio psichedelico che determinerà la rottura con Roger Waters e David Gilmour. Barrett perde il contatto con la realtà, non si presenta ai concerti, o decide di scordare la chitarra nel bel mezzo delle esibizioni e fissare il vuoto. Allontanato dai suoi stessi compagni, Barrett si rinchiuderà nello scantinato della casa di famiglia, a Cambridge, e rimarrà là sotto, con la sola compagnia dei suoi strumenti e delle sue visioni, mentre la musica che ha composto per i Pink Floyd continua a fare il giro del mondo. Nonostante non faccia più parte della band, le idee di Barrett e la sua inconfondibile impronta continueranno a influenzare i testi e il sound Pink Floyd in modo duraturo, in una sorta di collegamento onirico che non verrà mai interrotto.”
Ma non si capisce nulla!, avevano obiettato alcuni studenti dopo le prime pagine. Non si capisce se quello che lo scrittore racconta è vero o inventato. Non si capisce chi parla. E poi, cosa sono le “lamentazioni oltremondane”? Allora li avevo divisi in gruppi e ad ognuno di loro avevo assegnato un tema da svolgere o un personaggio da presentare, strutturando la parte iniziale del lavoro e affidando a loro il compito di svilupparlo e finirlo. Ogni gruppo aveva un responsabile, con l’incarico di guidarlo e controllare che ciascuno svolgesse il proprio compito. Poco alla volta i ragazzi si erano appassionati e avevano iniziato a preparare video e powerpoint. Per non trascurare le lezioni del mattino, alcune volte ci abbiamo lavorato di pomeriggio, trovandoci a scuola dopo pranzo. Ho coinvolto anche il collega di psico-pedagogia, che ha analizzato le relazioni tra i personaggi attraverso le dinamiche di gruppo, e la collega di inglese, che ha lavorato sui testi di due canzoni: Brain Damage e Shine on You Crazy Diamond.
Nelle altre classi alcuni colleghi hanno lavorato sul tema del doppio, coinvolgendo gli insegnanti di scienze sociali, oppure sulla pluralità dei punti di vista e la scomparsa del narratore onnisciente.
Un pomeriggio, mentre i miei studenti preparavano i loro powerpoint, aggiustando i verbi e la sintassi, caricando video e foto, modificando la grafica, ho pensato di coinvolgere anche i colleghi dell’indirizzo musicale: perché non preparate tre o quattro pezzi dei Pink Floyd e li suoniamo in aula magna quando arriva Mari? Però facciamo suonare i ragazzi, aveva detto l’insegnante di chitarra, con gli occhi che gli brillavano di eccitazione. Hanno preparato I Comfortably Numb, Hey You e Wish You Were Here. Michele Mari era commosso, ha abbracciato gli studenti che hanno eseguito I Comfortably Numb, ha risposto alle domande dei ragazzi, li ha ascoltati presentare i loro video e i powerpoint, leggere i temi e le relazioni fatte in classe, ha autografato le copie del libro. Quattro operatori del Cineclub di Bolzano hanno filmato, montato e realizzato un dvd sulla giornata.
Alcuni colleghi di italiano hanno snobbato il progetto, qualcuno si è giustificato col canone: Michele Mari non rientra nel canone e allora non va fatto leggere a scuola. Qualcuno ha detto che non poteva perdere ore di lezione, altrimenti non sarebbe riuscito a finire il programma. Qualcun altro non ha detto proprio nulla, ignorandomi bellamente.
I miei studenti erano entusiasti e motivatissimi, al punto che quando abbiamo cominciato a leggere le poesie di Umberto Fiori tratte dalla raccolta Esempi, ho persino dovuto frenarli, perché mi proponevano di tutto.
Per il nuovo anno scolastico scegliamo due percorsi: uno sulla scrittura diaristica, a partire dal libro Presente, un diario del 2011 pubblicato da Einaudi e scritto da quattro tra i migliori scrittori italiani di oggi: Andrea Bajani, Michela Murgia, Paolo Nori e Giorgio Vasta; l’altro, invece, prende spunto dal film dei fratelli Taviani, Cesare deve morire, e impegna numerose discipline, visto che si parlerà di Giulio Cesare e di Shakespeare, di cinema e teatro, di carcere e diritto.
Mercoledì 29
Mi chiama la segretaria amministrativa e mi dice che fino al 31 dicembre possiamo disporre soltanto di 800 euro. Faccio due conti: riesco a pagare le lezioni con Amedeo e l’incontro con Giorgio Vasta programmato per ottobre. Inoltre mi chiede di prepararle il preventivo di tutte le attività (corsi d’aggiornamento, incontri con l’autore e altro) che intendo organizzare per il 2013, da consegnare entro il 30 settembre. Come faccio a prevedere tutto con un anno di anticipo? Forse riesco a ipotizzare un programma di massima fino a giugno, ma per dopo mi diventa difficile, obietto. C’è poco da discutere, l’amministrazione provinciale vuole il preventivo di spesa per tutto il 2013.
Qui siamo a Bolzano, mica in Italia!
Se s’investisse denaro nella scuola, se la scuola fosse ritenuta così importante per il nostro futuro da cercare e trovare risorse, proporrei che ogni istituto avesse due direzioni: una amministrativa, che si dovrebbe occupare soltanto dei conti e della burocrazia, e un’altra didattica, che invece si occuperebbe dei programmi, dell’aggiornamento e della valutazione dei docenti. Mi piacerebbe che il direttore didattico discutesse i programmi con i docenti, entrasse in classe ad ascoltare le loro lezioni e le loro interrogazioni, li valutasse e li sostenesse. Due ruoli distinti e due diverse figure: una manageriale, l’altra pedagogica.
E poi, per dirla tutta, bisognerebbe sottrarre la scuola alla politica, abolendo il Ministero dell’Istruzione, perché tanto ogni ministro non fa altro che usare la scuola per fini strumentali, senza nessuna preoccupazione della sua utilità, senza neppure conoscerne i problemi. Fanno le riforme, una dietro l’altra, ognuna tesa a vanificare la precedente, senza sapere cosa succede ogni giorno dentro le aule scolastiche. Per i ministri riforma della scuola è sinonimo di risparmio, altro significato non conoscono. E allora: via! Aboliamoli: ministri e ministeri. Facciamo da soli, che faremo meglio.
Giovedì 30
Con Luisa e Barbara, colleghe del Liceo classico, andiamo al seminario preparatorio di “Scuola d’autore” a Candriai, in provincia di Trento. Amedeo Savoia, in collaborazione con Giulio Mozzi e Claudio Giunta, docente di Letteratura italiana all’Università di Trento, presenta i nuovi percorsi, che sono molti di più e più articolati rispetto ai due che faremo a Bolzano. Mi piace questa collaborazione con le scuole del Trentino, mi aiuta ad uscire dall’ossessione localistica che caratterizza la vita culturale bolzanina, con lo sguardo sempre rivolto al passato. Un passato che non passa mai.
Luisa e Barbara presentano “Fillide”, la rivista on-line interamente dedicata al comico, nata all’interno del laboratorio di estetica del loro liceo; propongono ai colleghi trentini di leggerla e di scriverci. Per il numero 5, che uscirà il mese prossimo, ho scritto un saggio sul comico in Calvino.
Al pomeriggio arriva Paolo Nori, per parlarci del volume Presente, ma prima ci racconta della sua lingua e di come è nata, leggendo pagine da Pubblici discorsi, quindi poesie in dialetto di Raffaello Baldini, brevi prose di Danil Charms e poesie di Chlebnikov tradotte da lui.
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Redazione
Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato
Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Diario inverosimile
Nei miei quasi 10 anni di precariato non ho trovato niente, nella scuola, di quanto rilevato dal collega. Sarò stato sfortunato io; non avrò avuto gli occhi per vederlo; non insegnerò in Alto Adige … Tuttavia dovessi stendere il “diario verosimile di un anno scolastico” parlerei delle nomine a settembre, qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni, in una chiamata, stile lavoratori a giornata, della durata di ore ed ore (una volta, dalle 8 della mattina a mezzanotte e poi avevano sbagliato tutto …), in piedi, nella calca e nel caldo, senza puntualità o rispetto di sorta, senza voce in capitolo ecc. Parlerei dell’impossibilità di organizzarsi le attività per l’anno venturo – non sapendo se si lavorerà e con quali classi. Parlerei del sovraffollamento delle classi; dell’inadeguatezza delle aule; dell’insensibilità culturale di troppi presidi; del conformismo di troppi insegnanti e genitori; della burocrazia, con l’insegnamento ridotto a servirla; della persistenza nefasta dei manuali scolastici; dell’assenza pressoché totale di ogni iniziativa ecologica (nemmeno la raccolta differenziata …); dei viaggi d’istruzione che sono distruzioni in tutti i sensi (propagandando il peggior consumismo e conformismo, senza la minima attinenza coi programmi svolti e senza la minima partecipazione attiva, responsabile ed originale degli insegnanti). Parlerei dei criteri di selezione del corpo docente: i peggiori criteri, al fine di avere il peggiore insegnamento (quiz, tassonomie, inglese commerciale … insomma le tre I di Berlusconi-Moratti finalmente divenute realtà) – cioè al fine d’impedire da parte delle nuove generazioni qualsivoglia capacità critica e progetto di vita alternativo. Parlerei che la cosa più rivoluzionaria a scuola è vedere un insegnante che legge (non “Rosso Floyd” …) e che fa leggere; insomma: lo studio, nel senso più alto del termine o nell’unico senso che può avere: capacità critica e progetto di vita alternativo. (Perché la burocrazia ti costringe a riunioni su riunioni il pomeriggio e al registro in classe? Perché si sta in classe 18 ore – che sono troppe, non troppo poche! – anziché la metà – che sarebbe il giusto per prepararle a dovere le lezioni: da renderne ciascheduna memorabile? Per un solo motivo: per impedire lo Studio … Come si è fatto sempre da che mondo e mondo. Lo Studio – la cosa più pericolosa. E lo studio è Socrate …)
A sentire quanto d’edulcorante dice il collega – e che farà piacere al borghese o aspirante tale: gran mangiatore di edulcoranti e non studioso della terra e del cibo e del suo approvvigionamento … – sembra che la scuola sia davvero quella buonista e perfettamente, anzi terribilmente inutile (perciò utilissima al Potere …), dei telefilm. E della “Buona scuola”.
Una replica
Caro Tommaso, prima di tutto t’inviterei a leggere il libro per intero, solo dopo potrai dare il tuo giudizio. Come seconda cosa ti dico che ho voluto scrivere un libro in difesa della scuola e degli insegnanti, denigrati in continuazione, e per farlo ho raccontato il lato positivo (anche se non solo quello). Io non amo lamentarmi, lo insegno ai miei studenti e lo racconto nel libro: lamentarsi è un’attività sterile, conta il fare, il costruire. Giorno per giorno, con fatica e passione. Se leggerai il libro scoprirai che gli insegnanti hanno occupato la scuola, sia pure per un notte, per difendere nostro futuro e quello dei nostri studenti. Non possiamo continuare con la rappresentazione negativa e caricaturale, altrimenti tutti crederanno che la scuola sia solo quella. Capisco la tua amarezza e il tuo punto di vista ma il mio è un altro, diverso e opposto a quello dominante che fa solo male alla scuola. Un caro saluto e in bocca al lupo per il tuo futuro.