
La letteratura, il teatro, il carcere e la strada/2 Le donne, le armi, gli amori
Orlando in strada
L’orca di Angelica e Olimpia, tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Di Trapani.
Mentre Don Chisciotte prendeva corpo in carcere, Orlando girava per strada. Gli studenti delle scuole in rete, guidati dai registi Preziosa Salatino ed Emilio Ajovalasit del Teatro Atlante (1), hanno messo in scena diversi spettacoli a cielo aperto: due condotti dagli studenti delle scuole primarie e medie uno, Ariosto a Ballarò, itinerante, organizzato dagli studenti delle scuole superiori e dell’università. Il maestro Croce Costanza, della scuola La Masa, ha invece curato Gesta fuori di testa (3), uno spettacolo di strada che ha coinvolto oltre che i bambini, in qualità di attori, i genitori della scuola, in qualità di costumisti e scenografi. Ariosto a Ballarò è stato accompagnato dalle scenografie e dai costumi degli alunni del Liceo Artistico Ragusa Kiyohara (2).
Altre riflessioni
Anche quest’anno, dunque, una rete ampia di scuole di ogni ordine e grado, università e associazioni (3) ha formato la rete dei Classici in strada con l’obiettivo, scrive Isabella Tondo, coordinatrice degli insegnanti, di gettare un ponte tra i quartieri della città abbattendo idealmente le mura scolastiche o universitarie per riportare la letteratura ad una dimensione sociale e offrirla alle orecchie di chi per varie ragioni è stato sottratto troppo presto alla scuola. Dopotutto, proprio la strada è stata spesso all’origine di alcuni dei grandi capolavori classici, primi tra tutti l’Iliade e l’Odissea, recitati in strada dagli antichi aedi.
Le mura del castello di Atlante, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura delle proff. Buttitta e Cordaro.
Così luoghi e quartieri ad alta dispersione scolastica – centrali storicamente ma decentrati culturalmente – sono diventati teatri a cielo aperto in cui è possibile interpretare i classici letterari. Il teatro è la forma che la letteratura prende quando detenuti o studenti vanno in scena, talora provocando anche la gente nella forma interlocutoria del Teatro dell’oppresso – forma ideata da Augusto Boal- che nell’arte di Preziosa Salatino trasforma il pubblico in “spett-attori” chiamati sul palco ad assumere a turno i ruoli dei personaggi e ad improvvisare in scena soluzioni diverse dal conflitto che tradizionalmente li divide.
Ricchezza e numeri
Sono molte le cose che, sul piano didattico, relazionale e sociale, I classici in strada, ormai giunti alla quarta edizione, hanno offerto a chi ne ha fatto parte. Dal punto di vista didattico, gli studenti hanno avuto la possibilità di conoscere alcuni classici della letteratura in modo aperto e vivo. Per farlo hanno usato il corpo, i gesti, i movimenti, oltrepassando l’impostazione talvolta troppo tecnica o strettamente cognitivista che toglie respiro alle nostre analisi nelle ore di lezione. Inoltre gli studenti hanno interpretato i passaggi testuali riscrivendo i testi in italiano contemporaneo o in dialetto, oppure li hanno re-interpretati attraverso i manufatti scenografici che hanno preso forma nei laboratori artistici. Il superamento della divisione tradizionale tra saperi pratici e teorici è stato un altro punto di forza del progetto. Sul piano relazionale gli alunni hanno avuto l’occasione di lavorare fianco a fianco con i ragazzi di altre scuole e la possibilità di incontrare persone con diversi interessi, percorsi e provenienze. Infine, all’interno di un sistema sociale ed educativo che ancora incoraggia la passività e l’obbedienza, gli studenti hanno avuto l’opportunità di mettersi alla prova e di osare la parola in pubblico.
Il bosco del Furioso, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Di Trapani.
Anche noi docenti abbiamo avuto modo di arricchirci sul piano didattico, poiché abbiamo potuto lavorare in modo creativo e interdisciplinare. Inoltre abbiamo vissuto un’esperienza improntata a una forte collaborazione e stretto “legami strategici” finalizzati a obiettivi che trascendevano le singole appartenenze.
I docenti che hanno preso parte al progetto, infine, non hanno percepito compensi. Si è trattata di una scelta dettata non soltanto da necessità (i soldi stanziati dall’ufficio scolastico provinciale sono serviti a coprire le spese dei laboratori teatrali e a malapena i materiali per le scenografie), ma dal desiderio di essere “liberi”. La logica che volevamo seguire non era economica. In questa scelta, del resto, si sono incontrate due anime e due diversi modi di intendere il mestiere di insegnante: l’anima vocazionale, che qualche volta tocca punte ingenue di missionarietà e l’anima intellettuale, che rivendica con orgoglio inattuale la propria indipendenza. Ma per comprendere fino in fondo questa scelta – al di là di ogni astrattezza – bisognerebbe provare il senso di svilimento che scaturisce da certi collegi a proposito della divisione degli incarichi, assistere alle liti sulla spartizione del fondo di istituto o vivere l’umiliazione quotidiana della propria professionalità ridotta a prestazione impiegatizia. Ne I classici in strada tutto questo non lo volevamo.
Ala di ippogrifo, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Di Trapani.
E allora, forse proprio perché portatore di una ricchezza vivificante, il progetto negli anni non ha mai smesso di crescere. E così si è passati dai 50 studenti della prima edizione ai circa 500 studenti coinvolti nella IV edizione, da una sola scuola attiva nel progetto alle 14 attuali, dall’evento di quartiere all’evento cittadino. Ne I classici in strada abbiamo ritrovato una carica militante che era (o voleva essere) contemporaneamente una risposta alla crisi dei nostri studi, del nostro ruolo e della nostra città.
Il cappello di Atlante, costume a cura della professoressa Barone.
Questi numeri, però, non sono solo misura di un piccolo successo, ma anche indizio di alcuni possibili rischi. Ne indico soltanto uno, quello che mi sembra più insidioso: la neo-oralità.
Piani inclinati
La lettura e riscrittura dei classici oggetto dei laboratori, come abbiamo visto, è stata finalizzata alla realizzazione di uno spettacolo teatrale: lo sbocco era la parola agita. Questo ritorno alla narrazione performativa attraverso la subordinazione del testo allo spettacolo ha fatto da volano e da gancio per gli studenti: la parola ad alta voce ha dimostrato una forza che la parola-testo dei nostri libri scolastici, sovrastati da note e da tecnicismi, sembra avere ormai perduto. È stato più facile fare letteratura così.
Ma se il testo-spettacolarizzato può essere indizio di un potenziale bisogno di una dimensione letteraria più corale e comunitaria, la letteratura-spettacolo comporta anche il superamento della testualità tradizionale e conferma la ritrosia dei nostri studenti verso la parola soltanto scritta. Forse non siamo di fronte al tradizionale duello tra primato del testo e spettacolo teatrale, ma ad un bisogno di neo-oralità molto presente nella cultura dello storytelling che ci pervade. Con queste forme di neo-oralità dobbiamo fare i conti consapevolmente. Difatti non è affatto detto che con esse si possa attraversare la dimensione testuale senza accettare importanti rinunce o che il viaggio di andata preveda anche un ritorno.
Studente nella confusione, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Di Trapani.
NOTE
Fotografie a cura di Loredana D’Ippolito.
Video a cura di Vincenzo Patricolo e Fabrizio Bonadonna della Palumbo Editore.
1) Hanno collaborato con il Teatro Atlante Mariarosaria Capaccio, Federica Castelli, Sara Gagliarducci.
- Le scenografie sono state coordinate dai professori: Agostino Di Trapani, Lanfranco Quadrio, Antonella Buttitta, Maria Stella Cordaro, Pietro Badagliacca, Loredana Giordano, Nino Ciaccio. I costumi sono stati a cura di Antonella Barone.
- Questo il trailer dello spettacolo https://www.youtube.com/watch?v=pQ83zB8ayt4
4) Le associazioni che hanno collaborato al progetto sono state: MOPS, AS.VO.PE, Centro S.Chiara di Palermo, il Centro Astalli, Paoline Onlus, Associazione Il Cassaro, Associazione Ballar Ars Nova, Associazione SoleLuna- Un ponte tra le culture – Palumbo Editore, Sos Ballarò, Parrocchia di San Nicolò di Bari all’Albergheria, Cooperativa Terradamare, Associazione Mercato Storico Ballarò.
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