Gli scrittori dell’Europa meridionale/Scrittori del mondo 11
Oggi ci occupiamo degli scrittori contemporanei dell’Europa meridionale: Ismail Kadaré, Ron Kubati, Javier Marías, Manuel Vàzquez Montalbàn,Orhan Pamuk,José Saramago. I lettori potranno integrare e arricchire questa prima selezione utilizzando i commenti.
Ismail Kadaré
Ismail Kadaré (Argirocastro, 1936) è lo scrittore albanese, candidato più volte al Nobel, che ha rielaborato il patrimonio di storie e di leggende dei Balcani e del Mediterraneo dando vita ad articolate narrazioni dal respiro epico. Dopo aver esordito come poeta, Kadarè si è distinto nella narrativa a partire dagli anni Sessanta. I suoi principali romanzi affondano le radici nella storia e nella tradizione albanese: in particolare vanno ricordati I tamburi della pioggia del 1981, in cui viene rievocata l’eroica resistenza degli Albanesi, guidati dal patriota Scanderbeg, che nel XV secolo si opposero all’avanzata dei Turchi; Il generale dell’armata morta del 1982, sul pietoso recupero delle salme dei caduti italiani in Albania; La città di pietra (1991), in cui la tragedia della guerra viene filtrata dal punto di vista innocente e fantasioso di un bambino. La sua produzione più recente è contrassegnata da un’esibita tensione allegorica: così in La piramide il racconto della costruzione della piramide di Cheope assume l’esemplarità emblematica di un apologo sul totalitarismo, mentre Aprile spezzato si presenta come una parabola sull’ineluttabilità del destino e sul nodo che stringe amore e morte.
Ron Kubati
Ron Kubati, nato nel 1971 in Albania, da anni vive in Italia, dove si è affermato come narratore scrivendo in italiano. La scrittura, per lui, è stato un mezzo di riscatto: «riscatto della propria singolarità, riscatto legislativo, riscatto culturale, riscatto economico, riscatto sociale». Alla rievocazione della difficile esperienza autobiografica, segnata dall’oppressione della dittatura, dalla fuga, dal bisogno di integrazione, è dedicato il suo romanzo più noto, Va e non torna del 1999, che, in un continuo andirivieni di passato e presente, intreccia vicenda privata e storia pubblica.
Javier Marías
Javier Marías (Madrid, 1951) è uno scrittore spagnolo, noto anche per le sue traduzioni dei classici della letteratura anglosassone. Il tema fondamentale della sua opera è l’inchiesta sul significato da attribuire all’esistenza, che va ricercato incessantemente, scavando nel passato individuale, anche quando è impossibile trovare risposte alle proprie domande. I protagonisti dei romanzi di Marías sono sempre impegnati in una quête esistenziale, persi nei labirintici meandri di una ricerca spesso senza fine, mossi dall’esigenza di conoscere una verità privata e sentimentale, che però allude ad una verità universale. Per questo le sue storie, non venendo mai meno ad una rappresentazione concreta della realtà, assumono la valenza di narrazioni allegoriche sulla condizione dell’uomo contemporaneo, immerso in una realtà indecifrabile, ma comunque impegnato a ricercarne il significato. In questa prospettiva è esemplare il romanzo Domani nella battaglia pensa a me (il cui titolo è tratto dal Riccardo III di Shakespeare), in cui l’io narrante indaga sul passato di una donna, Martha, che, per una tragica casualità, muore improvvisamente nel corso del loro primo, occasionale incontro amoroso.
Manuel Vàzquez Montalbàn
Manuel Vàzquez Montalbàn (1939-2003) è uno scrittore spagnolo che, negli anni del franchismo, ha patito la prigione per il suo impegno antifascista e comunista. La sua fama si lega soprattutto al personaggio dell’investigatore Pepe Carvalho, che fa la sua prima apparizione in Tatuaggio del 1974. Nei numerosi romanzi, che hanno come protagonista questo bizzarro detective–gourmet, lo schema poliziesco dà il destro ad un’indagine sulla società spagnola post-franchista, sulla crisi delle ideologie e sulle aporie del capitalismo. Ma la produzione di Montalbàn non è fatta solo di libri gialli: al contrario l’autore spazia dalla narrativa alla poesia, alla saggistica. Di grande interesse sono le sue biografie, come quella celebre dedicata a Franco, i suoi graffianti pamphlet e le raccolte di articoli giornalistici. Il nome Salvo Montalbano, scelto da Andrea Camilleri per il suo commissario, è un omaggio a questo grande scrittore di Barcellona.
Orhan Pamuk
Orhan Pamuk, nato a Istanbul nel 1952, è il principale scrittore della letteratura turca contemporanea. La scrittura di Pamuk non solo si concentra insistentemente sugli stessi temi, ma si àncora ad un unico luogo: la città di Istanbul, al confine tra Oriente e Occidente, con il suo intreccio di culture diverse, sospesa tra tradizione e modernità. Della sua vasta produzione narrativa, premiata con l’assegnazione del Nobel, occorre almeno ricordare due romanzi importanti: Il libro nero, pubblicato nel 1990, che è una favola sull’identità plurale di Istanbul, e Il mio nome è Rosso, scritto nel 1998, che al momento della sua pubblicazione fu salutato dal critico Pietro Citati come «il più bel romanzo apparso negli ultimi anni in qualsiasi lingua». Il mio nome è Rosso, ambientato ad Istanbul nel sedicesimo secolo, presenta un’architettura calibrata e complessa: l’intreccio si snoda a partire dalla misteriosa morte di due miniaturisti impegnati ad illustrare il libro in cui il Grande Sultano vuole raccogliere i segreti e le meraviglie dell’universo. Qui Pamuk trasforma la città di Istanbul in un grande teatro del mondo, in cui tutti – miniaturisti, calligrafi, l’assassino, le anime dei morti, gli oggetti inanimati, gli alberi, i colori, ecc. – prendono la parola e recitano il loro monologo sul palcoscenico della pagina. Da questo incrocio di voci diverse viene fuori un grande affresco corale di una città, di un’epoca, di una civiltà, quella persiana, che sta perdendo la sua identità.
José Saramago
José Saramago (1922-2011) è il più importante autore portoghese degli ultimi anni, insignito del premio Nobel nel 1998. I suoi romanzi, apparsi a partire dagli anni Ottanta, uniscono il gusto per il romanzo storico e per il fantastico ad una affabulazione caratterizzata da una prosa densa e sorvegliata, spesso fondata sul monologo interiore e sulla ripresa di forme dell’oralità. L’opera che lo rivela al grande pubblico è Memoriale del convento del 1982, seguita da molti altri romanzi di qualità, come L’anno della morte di Ricardo Reis (1984), La zattera di pietra (1986), dove si immagina che la penisola iberica si stacchi dall’Europa trasformandosi in un’isola, Il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991), che riscrive la vicenda di Gesù da una prospettiva laica e terrena, Cecità (2001), L’uomo duplicato (2002), Il viaggio dell’elefante (2008), Caino, pubblicato nel 2009. Cecità è la storia di una misteriosa epidemia che si sparge tra gli uomini rendendoli ciechi e, insieme, è una parabola allegorica che porta avanti una riflessione sulla fragilità della condizione umana, sulle strutture del potere, sulla paura del diverso, sugli acquisti dolorosi della conoscenza.
NOTA
Questi profili sono tratti da Scrittori del nuovo millennio: un canone da costruire insieme. Mappa del mondo e Mappa europea, a cura di C. Carmina, Palumbo Editore. Le mappe sono in dotazione ai docenti che adottano i manuali di letteratura italiana della casa editrice Palumbo.
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