E alla fine ha vinto Döstoevskij
La biblioteca scolastica: risorsa e opportunità
Nel continuo cicaleccio sulla scuola, spesso ci si dimentica di quella che credo sia la sua caratteristica principale: essere possibilità. Il che significa anche incontrare difficoltà, misurarsi con i propri limiti, talvolta fare incontri sbagliati, ma, va ricordato con forza, pochi altri luoghi permettono di sperimentare, assaggiare e affrontare la complessità, e questo vale tanto per i ragazzi, quanto per gli adulti. È a scuola che ti vivi nella relazione con gli altri, con le discipline, con i progetti e con tutto quello che non è quantificabile e organizzabile a priori: essere aperti alla possibilità e alla variabilità è un valore, soprattutto in questo mondo che pare dover pianificare, organizzare e misurare ogni cosa. Costruire a scuola vuol dire anche anche progettare sì, ma a maglie larghe, mettendo sempre prima le persone e quindi la loro imprevedibilità. La scuola è fatta per le persone che la abitano, non viceversa. Ed è fatta perché i ragazzi e le ragazze imparino e si relazionino con i saperi. Insegnare significa educare e quindi assumere il rischio dell’incontro con l’altro.
In questo quadro si inserisce l’esperienza di cui sto per parlarvi, che è partita in un modo e poi si è arricchita di tanto altro, proprio perchè ha accolto le possibilità e le risorse di ciascuno: il gruppo della biblioteca scolastica.
Costruire una biblioteca di tutti e di tutte (e farlo insieme)
Il liceo Paolo Giovio di Como ha una bellissima biblioteca e un gruppo di docenti e studenti che la costruiscono insieme. Quando abbiamo deciso di partire era a tutti evidente che la lettura è “affare comune”, non è un caso che il team di docenti che coordina i lavori appartenga discipline diverse (negli ultimi anni matematica, storia dell’arte, filosofia, italiano, IRC, musica, scienze) ma è pronto anche a raccogliere i consigli e le suggestioni che nascono dai vari dipartimenti. Su una cosa siamo stati subito d’accordo: giacché la biblioteca è una risorsa per tutti, essa andava costruita coi ragazzi. Da questa convinzione è nato Bibliolab, un gruppo aperto di studenti dalla prima alla quinta che due ore a settimana (martedì 14-16) lavora per rendere la biblioteca uno spazio partecipato.
Un po’ di storia: la biblioteca non si è fatta in un giorno
La prima cosa da fare è stata riorganizzare lo spazio, rimboccarsi le maniche e fare ordine: sono stati anni intensi a spostare scatoloni, liberare scaffali, pulire, riordinare, decidere cosa tenere e cosa buttare. Complici anche gli anni del Covid, i locali precedentemente adibiti alla biblioteca erano diventati una sorta di magazzino; non si trattava però solo di fare ordine, era soprattutto dare un assetto nuovo a uno spazio che per troppi anni era stato più dei docenti che degli studenti. Insieme ai ragazzi abbiamo deciso di organizzare la sala studio in modo che fosse sempre aperta, accessibile e fosse facile trovare e guardare i libri: con buona pace di Dewey (con il cui sistema continuiamo a classificare i libri) abbiamo organizzato i volumi in modo tematico (letteratura italiana, inglese, portoghese, spagnola tedesca, altre letterature, filosofia, storia, poesia, teatro, scienze, matematica e via dicendo), dato risalto ai libri in lingua, alle riviste e a due scaffali posti all’ingresso in cui mettiamo i consigli di lettura che alterniamo ogni due tre mesi.
Non avrei mai creduto che alcuni ragazzi si potessero appassionare di “etichettatura”, di riordino di scaffali e dell’organizzazione dei libri preziosi che teniamo nel seminterrato: così è stato e devo ammettere che mi ha commosso la studentessa di quinta che nel salutarci alla fine dell’anno ci ha abbracciato dicendo “in questi due anni ho scoperto che questo è il lavoro che vorrei fare, grazie grazie grazie” E su quei tre grazie ho ragionato molto.
Costruire insieme: sistemare i volumi, acquistare libri e portare lettori
Avere sedici anni, o giù di lì, e amare i libri non è semplice; avere sedici anni, o giù di lì e organizzare qualcosa per gli altri non è semplice; avere sedici anni o giù di lì e prendersi un impegno costante non è facile. Nel 2025 soprattutto.
Dall’alto dei nostri anni in più e delle diverse esperienze imputiamo a questa generazione la mancanza di una coscienza politica collettiva, l’incapacità di costruire, progettare e anche lamentarsi e protestare come piacerebbe a noi. Ma io mi domando: quando e dove dovrebbero aver imparato il collettivo, la condivisione, la difficoltà e la ricchezza dello scambio e anche la gratuità che è insita in qualsiasi lavoro di relazione? La società che vedono e che mostriamo loro va in quella direzione?
Per questo la scuola è importante, perché tutto questo lo fa o dà la possibilità di farlo: se in epoche diverse bastava mettere insieme i ragazzi perché si organizzassero e costruissero, ora hanno bisogno di adulti che mostrino loro che si può fare, che si deve fare e… come si fa. (Potrei dire anche che creino occasioni perchè imparino a fare da soli)
Rispetto alla classe, il laboratorio pomeridiano ha il vantaggio di essere una scelta e un gruppo che piano piano si è formato con il passaparola: niente folle oceaniche, ma una ventina di persone che condividono una passione o semplicemente il desiderio di stare insieme, di provare qualcosa di nuovo. L’obiettivo però non è quello di diventare un circolo autoreferenziale convinto di essere migliore degli altri e sempre pronto ad autocommiserarsi e autocompiacersi del non essere ascoltato (caratteristica che si vede troppo spesso in chi ama i libri e si professa intellettuale), noi vogliamo che i libri diventino una possibilità per tutti. E ci siamo posti il problema di come farlo, partendo da “quali libri acquistiamo per la biblioteca?”
La nostra biblioteca ha un fondo per gli acquisti da sempre gestita dai docenti referenti: negli ultimi anni abbiamo deciso di proporre un modulo a tutti, docenti e studenti, per i suggerimenti. La priorità nell’acquisto è data a volumi che fino ad allora non avevano trovato spazio tra gli scaffali: graphic novel, young adult, saggi divulgativi, romanzi e raccolte poetiche contemporanee.
Bene: la biblioteca ora è in ordine, ci sono i turni per il prestito, ci sono i libri nuovi e le riviste. Ora si tratta di trovare lettori e qui entra in campo il gruppo di lettura, instagram e il cinema.
Idee generano idee: il gruppo di lettura
Il gruppo di lettura è nato due anni fa e inizialmente ci partecipavano solo i ragazzi del Bibliolab: si chiama “un tè coi libri”, perché ci troviamo a fare merenda e a parlare di libri. Inizialmente eravamo noi docenti a proporre i titoli, individuando una rosa di tre libri: si leggeva la prima pagina e poi stava a loro scegliere quale avrebbero letto nei due mesi successivi. Così abbiamo discusso de Il Maestro e Margherita di Bulgakov, Il Buio oltre la siepe di Harper Lee , Io e te di Ammaniti.
Il giorno della chiacchierata sui libri proviamo a creare scambio tra lettori e lettrici, non una lezione o un’interrogazione: si tratta di un momento in cui ciascuno parla del suo rapporto con il libro. Non sempre le letture sono state successi; se Ammaniti è piaciuto a tutti, il maestro e Margherita ha ricevuto accoglienze tiepide ed entusiastiche, qualcuno lo ha odiato proprio, ma anche questo è essere lettori liberi. Mentre beviamo il nostro tè, chiedo ad ognuno di condividere il passaggio o il momento preferito del romanzo oppure dirci a quale colore lo assocerebbero e perchè, pongo domande libere, ma, dal momento che so bene che per qualcuno è più semplice discutere a coppie o in gruppo più piccolo, c’è spazio anche per le strategie attraverso organizzatori grafici, discusse a gruppi diversi e poi condivise.
Ecco un esempio di riflessione su alcuni temi del Maestro e Margherita (letto nel maggio 2024), frutto anche della lettura dei lettori più esperti (gli insegnanti ma in questo caso due ragazze Ucraine che lo hanno letto in lingua originale e ci hanno portato altri punti di vista):
AMORE
L’Amore, misterioso come il romanzo stesso, per il quale la protagonista Margherita è pronta a fare addirittura un patto con il Diavolo, rappresenta non solo un sentimento dolce e tenero, ma piuttosto un percorso pericoloso e difficile. È un amore puro, senza alcun compenso, che costa le più difficili imprese.
MISERICORDIA
Il tema della misericordia appare nel romanzo tante volte: vengono perdonati Levi Matteo, Frida, addirittura Ponzio Pilato… Infine, vengono perdonati, e ricevono la loro pace, anche il Maestro e Margherita, lui colpevole di aver abbandonato il suo obiettivo e aver bruciato il suo romanzo, lei di aver fatto un patto con il Diavolo.
LO STRANIAMENTO
Diversi episodi del libro creano dentro il lettore una sensazione di perplessità a causa dei tantissimi eventi soprannaturali ed inaspettati che avvengono. È un libro molto caotico, ma questa sua caratteristica aiuta a mettersi meglio nei panni dei personaggi, facendo ridere delle situazioni straordinarie e facendo ammirare i lati più semplici di cose complesse come l’amicizia, l’amore e la pace.
In queste 500 pagine, Bulgakov distrugge i canoni letterari e la censura sovietica perché parla della religione Cristiana durante il regime, di una donna (e non uomo) che combatte per amore, del Diavolo che dona il perdono e di protagonisti che compiono azioni negative e irrazionali (non proprio da eroi).
Il secondo anno di laboratorio di lettura: verso uno spazio condiviso
L’anno 2024-25 si è aperto con la lettura de Il Profumo di Suskind ma alla fine del nostro tè abbiamo posto ai ragazzi la domanda delle domande: “Ragazzi come facciamo a portare altri compagni a leggere con noi?” “Prof e se aprissimo un instagram della biblioteca?” Così è nato Gioviobook, la pagina instagram seguita dalla redazione della biblioteca: insieme decidiamo i contenuti, il piano editoriale, la strategia di lancio dei post.
Il nostro compito di adulti, in questo come in altri progetti, non è dire loro cosa fare, ma aiutarli a generare idee, ascoltarli e insegnare il processo per rendere concreta un’idea.
“E se mettessimo le locandine del “Tè coi libri” per la scuola?” Così è nata la nostra divisione grafica, che progetta, costruisce, fa stampare e attacca per la scuola.
“E se scegliessimo un libro che possa interessare a più persone, che sia conosciuto e abbia una certa aura e generi attese?”
Così ci lanciamo nella lettura di The Shining. Cartellone e recensioni sono pronte su instagram e circolano per la scuola: a febbraio ne discuteremo insieme, tutti sono invitati. Alcuni colleghi di italiano scelgono di leggere The shining in classe o lo suggeriscono agli studenti, risultato: abbiamo dei lettori in più e la discussione diventa un ragionamento non solo sul romanzo, ma sul male, sul grumo di buio che ha ciascuno di noi, sulla libertà di scelta o meno del protagonista, sui simboli del romanzo e sulle scelte narrative di King.
Poi al termine del Tè coi libri Vittoria fa una di quelle proposte da strabuzzare gli occhi: “Prof. sarebbe bello poter vedere il film tutti insieme.”
Un problema e una soluzione: facciamo l’analisi dei bisogni per il progetto (richiesta permesso del dirigente, spazio, pubblicità a scuola, iscrizioni per gestire il numero, scelta del giorno più adatto, presenza dei prof per sorveglianza e dei collaboratori) e diciamo loro che se ne dovranno occupare direttamente. Detto fatto, risolti i problemi pratici, un venerdì pomeriggio di febbraio in 35 ci troviamo in aula magna a vedere il film di Kubrick: modalità cineforum.

Lo sappiamo noi che per un ragazzo e una ragazza del 2025 questa è una modalità strana per vedere un film? Vederlo insieme, ascoltare qualcuno che lo spiega prima e discuterne poi è quanto di più lontano da come oggi guardano un film (e se e quanto siano abituati alla dimensione lunga del film sarebbe un altro discorso).
Sono i ragazzi del bibliolab che introducono e sono sempre loro a gestire la discussione alla fine: in questo caso, come nelle migliori tradizioni, la sala si è divisa tra chi resta fedele a King e chi ha apprezzato le scelte di Kubrick, che ha “volutamente tradito l’opera e ci ha messo dentro altro”, mi dice Evgenia. Noi docenti abbiamo lavorato con loro per preparare l’evento, quindi restiamo sullo sfondo, contenti di esserci, insieme ad altri colleghi che sono venuti a vedere l’effetto che fa.
L’esperimento si replica con il libro successivo: George Orwell 1984. Ma già la scelta del libro è avvenuta in modo diverso e più partecipato: su instagram i ragazzi del bibliolab hanno proposto a tutti una rosa di cinque distopici tra cui scegliere, votazione e via. Il gruppo ora è pronto a gestire da solo il momento di discussione del Tè coi libri: lo prepariamo insieme prima e mi stupisce come abbiano imparato le modalità e le facciano proprie. Inventano e rielaborano organizzatori, pongono domande ficcanti, aiutano e accolgono le risposte, ma soprattutto è dal romanzo che partiamo a discutere sulla modernità e su quello che più li angoscia e cioè quanto la distopia di 1984 si sia realizzata o possa realizzarsi.

“Prof ma se un giorno si smettesse di insegnare a fare i conti e quindi noi li facessimo solo con l’intelligenza artificiale e alla domanda quanto fa 2+2 quella rispondesse 5, noi tutti penseremmo che due più due faccia 5” Filippo ci mette in crisi.
Per la serie “dal libro il film” abbiamo visto “1984” film del 1984 del regista Michael Radford. La discussione ha chiamato in causa la trasposizione del romanzo (molto fedele certo, ma anche troppo veloce e affettata) : come si deve comportare un regista nel trasporre un libro? Deve seguire una sua idea? Tradire l’opera o esserne fedele? E lo spettatore cosa si deve aspettare? Queste alcune domande che sono risuonate.
L’ultimo romanzo, o racconto lungo, scelto chiama in biblioteca molti ragazzi: per forza trattasi di “la Metamorfosi di Kafka”.

E in questo caso, dopo la discussione con domande, si sono inventati un’attività che ci ha coinvolti molto (dico ci perché al gruppo partecipano anche i docenti e non solo quelli del bibliolab, tutti quelli che hanno voglia di discutere con altri lettori): divisi in 4 gruppi avevano il compito di difendere o accusare il personaggio che era loro capitato in sorte, analizzandone azioni, pensieri, situazioni e ipotizzando le cause del comportamento.
Ovviamente poi siamo finiti a parlare di famiglia, di convenzioni sociali e anche dell’ansia che li prende nel non dover deludere nessuno.
Parolario la prova del nove: fuori da scuola
Dal 10 al 15 giugno a Como è andato in scena il Festival PAROLARIO XXV edizione dal titolo “RAGIONE O SENTIMENTO? L’ETERNO DILEMMA, DA JANE AUSTEN A OGGI”: ci hanno chiesto di partecipare a due eventi il primo che metteva a tema i giovani, la lettura, i classici e i romanzi contemporanei, il secondo la presentazione del libro “Little girl” di Alice Keller. Abbiamo fatto una sola richiesta: che i ragazzi del Bibliolab che potevano essere presenti a scuola finita, fossero sul palco da soli e gestissero loro gli interventi.
Solita giornata di preparazione, in un caldissimo giugno a scuola finita da un po’: libro letto in pochissimo tempo, discussione accesa sulle domande da porre o da non porre, su come parlare, su dove mettere l’accento. Ma vederli lì, pochi giorni dopo, sulle sedie rosse, belli e sicuri, porre domande, anche scomode all’autrice, fare critica e sottolineare i passaggi focali del libro, mostrarsi come lettori esperti ed esigenti è stata una soddisfazione grandissima. Ho rivisto tutto il percorso di crescita di questo gruppo di lettori, che si è fidato e affidato e con cui stiamo costruendo insieme un collettivo.
Ma Dövstojeski? Prospettive future
Tra le idee che sono germogliate quest’anno c’è stata quella della “challange tra i classici”: l’estate è tempo vuoto e libero, tempo adatto alla lettura anche se un po’ sfidante. Nelle ultime settimane di scuola su instagram hanno organizzato il campionato tra i classici: Il rosso e il nero ha sfidato le memorie di Adriano, Cent’anni di solitudine Moby Dick, Il processo se l’è vista con Orgoglio e pregiudizio…
L’attesa finale è stata tra “Delitto e castigo VS Mattatoio 5”, Ça va sans dire ha vinto Dövstoieski, su cui ci siamo confrontati a inizio ottobre. Diciamo che è stato un the coi libri piuttosto corposo: iniziato con la lettura di un brano in lingua originale e la richiesta del colore che avrebbero dato alle parole sentite.
Perchè vi ho raccontato questo progetto? certo non per farci dire bravi, anche se i ragazzi se lo meritano, ma perché di lavori come questi sono pieni le scuole, solo che hanno meno spazio ed eco della disamina, pur necessaria, di cosa non funziona, cosa non si fa, cosa non sanno i nostri studenti. Non so quali altri luoghi ancora offrano la possibilità ai ragazzi di sperimentare, provare e anche sbagliare in ambiti diversi: in fin dei conti l’orientamento è (anche) questo. La scuola è il lavoro in aula, ma anche la possibilità di scoprirsi, inventarsi ed esplorarsi in altro e per molti studenti è fondamentale. Una collega nei corridoi, luogo di scambio e di riflessioni, mi ferma e dice: “Da quando A. viene al bibliolab ha acquistato tanta sicurezza in classe, si confronta, parla di più.” Perché i progetti non sono un’appendice, a volte da accettare obtorto collo, ma parte della scuola stessa: classe e fuori dalla classe devono poter dialogare insieme, essere l’uno al servizio dell’altro.
Piccola postilla polemica (o in cauda venenum)
Il progetto esiste perché il nostro collegio docenti investe molte risorse su qualcosa in cui crede, anche se non ha folle oceaniche di partecipazione, perché ci sono docenti che si spendono e si mettono in gioco, personale Ata disponibile, colleghi che sostengono il progetto. Ma l’orario per i prestiti è contingentato, la biblioteca non può essere aperta quanto vorremmo, per essere davvero aula studio, non possiamo metterci in rete con altre biblioteche del territorio e certamente noi docenti non abbiamo la competenza e il profilo di un bibliotecario scolastico. Figura mitologica di cui ho sempre sentito parlare, di cui ho sempre avvertito l’urgenza e che sarebbe il punto di partenza in qualsiasi progetto per l’educazione alla lettura scolastica: ma qui siamo nel regno del “senza oneri per lo Stato”,” facciamo fare ai docenti che tanto sanno fare un po’ tutto, e va bene così” (no non va bene per niente). Pensare che possano esistere biblioteche scolastiche, ma che non sia prevista la figura del bibliotecario scolastico, con specifica formazione, significa dire che le biblioteche scolastiche sono qualcosa di cui tutto sommato si può fare a meno, oppure, al solito, ciascuno si arrangi come può.
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