Skip to main content
Logo - La letteratura e noi

laletteraturaenoi.it

diretto da Romano Luperini

Linda, il racconto che qui pubblichiamo per gentile concessione dell’autrice e dell’editore, fa parte di Verdissime, l’ultima raccolta di Daniela Gambaro, uscita nell’ottobre del 2024 presso Nutrimenti.

Axenia aveva preso servizio in quella casa da appena una settimana e stava riordinando la stanza di Thomas, quando, aprendo un cassetto si era trovata tra le mani uno strano oggetto oblungo, di forma fallica, ed era stata colta da stupore purissimo, per non averne mai visto uno prima, né aver mai immaginato l’esistenza di qualcosa del genere. Rimase a osservarlo per lunghi secondi, mentre la sorpresa sfumava in ammirazione per la riproduzione accurata dei particolari, che lo rendevano un manufatto oltremodo realistico.

Quello che Axenia aveva capito di quella famiglia era che la madre di Thomas aveva difficoltà a gestire il figlio adolescente, e che quando la rimproverava per la polvere rimasta sopra i battiscopa o per le briciole sul copriletto, in realtà le stava dicendo: “Non farti scappare le cose importanti. Ogni dettaglio può nascondere qualcosa, sei pagata per accorgertene”.

Il fallo di gomma, infilato con cura meticolosa tra i calzini (da un Thomas che si era già rivelato in tutto il suo caotico menefreghismo), doveva rientrare per forza tra i dettagli che andavano segnalati a Bianca eppure, quando la donna si affacciò nella stanza – “Sto andando, c’è la lavastoviglie da svuotare” –, con uno scatto istintivo Axenia lo rigettò nel cassetto e rispose che ai piatti e ai bicchieri ci avrebbe pensato lei, non doveva preoccuparsi. Perché avesse reagito in quel modo non le era chiaro: per imbarazzo? per non tradire la fiducia (ancora inesistente ma auspicabile) di Thomas o forse per avere maggiori dettagli sull’utilizzo di quell’oggetto prima di decidere come comportarsi?

Dopo scuola, Thomas, un ragazzino allampanato di quattordici anni, tornò per pranzo insieme alla sua amica Linda, di tre anni più grande di lui e vestita in top attillato e jeans strappati, e si ritrovò il fallo posato in equilibrio totemico accanto al piatto di pastasciutta che Axenia gli aveva messo in tavola. “Chi ti ha detto di frugare nei miei cassetti?”, la rimproverò il ragazzo, che lo afferrò con foga, come fosse un bene sottratto ingiustamente.

Axenia si difese dicendo che le era capitato tra le mani pulendo, e aggiunse: “Che cos’è?”. Al che Linda scoppiò a ridere di gusto scuotendo i lunghi capelli ondulati, e poi, visto che Thomas non si decideva a parlare, spiegò, non senza compiacimento: “Serve per fare l’amore”.

Axenia non si raccapezzava: “Con quello?”, poi, dopo aver lanciato un’occhiata preoccupata a Thomas, tornò a rivolgersi alla ragazza: “Lui non è capace?”. Linda rise di nuovo, mentre Thomas, scocciato, si alzò da tavola facendo tintinnare il piatto: “Che cazzate. Andiamo!”.

I due ragazzi si chiusero nella stanza di Thomas, con grande preoccupazione di Axenia, che svuotava la lavatrice, preparava la cena, e intanto si arrovellava sul da farsi (parlare con Bianca? Parlare con loro? Far sparire quanto meno il fallo come si farebbe con un pericolo che va arginato a ogni costo?). Nella sua mente si affastellava una miriade di pensieri, aggrovigliati come i voli delle rondini in quei giorni di settembre: perché una ragazza tanto più grande frequentava un ragazzo come Thomas? Cosa facevano tutto quel tempo chiusi in camera? Che ruolo aveva il fallo in questa loro frequentazione? E perché proprio a lei, che aveva un bisogno disperato di quel lavoro, era dovuta capitare la parte di controllore e giudice della regolarità o meno della situazione?

Finalmente la chiave girò nella toppa e Linda, in mutandine e reggiseno, uscì dalla stanza di Thomas per dirigersi in bagno, incrociando lo sguardo esterrefatto di Axenia e salutandola con la mano. Axenia abbassò gli occhi sulla cotoletta che stava impanando e a quel punto Linda ne approfittò per avvicinarsi in biancheria nera di microfibra, senza la minima ombra di imbarazzo. “Non lo dici a Bianca, vero?”, le chiese sorridente, cercando una complicità che Axenia intercettò subito, e alla quale rispose con ferma prontezza, nonostante fosse accecata dai luccichii del piercing che Linda sfoggiava all’ombelico: “Se Thomas ha dei problemi, Bianca lo dovrebbe sapere”, replicò. “Anch’io sono una mamma e se mio figlio avesse… insomma delle cose che non vanno… lo farei curare”.

Linda le sorrise di nuovo, ora senza malizia: “Se parli del vibratore… serve solo per divertirsi un po’”, ma visto che Axenia, dopo quella confessione, la fissava se possibile più interdetta chiarì: “È come se invece di farlo con un ragazzo solo, facessi l’amore con due…”.

“Ah!”, esalò Axenia, “quindi voi… tu…”.

Linda, capendo perfettamente, annuì.

“Thomas è… tutto bene?”.

A definitiva conferma Linda assentì di nuovo dissipando così la preoccupazione di Axenia per la salute del ragazzo, il quale fece la sua comparsa in quel momento, già vestito, meno avvezzo di Linda alla nudità. Solo i piedi erano scalzi e Axenia glieli fissò, le dita erano lunghe e pallide come bruchi sulle mattonelle di cotto. “Che c’è?”, chiese lui, sentendosi esaminato, e mosse le falangi su e giù, come i martelletti di un pianoforte.

“Dovete usare le contraccezioni!”, dichiarò Axenia a bruciapelo.

“Ma che cavolo!”, sbottò lui. “Certo che le usiamo, per chi ci hai preso?”.

“Ho diciassette anni io”, disse Linda, un po’ offesa.

“E io ne ho quarantadue, questo lavoro mi serve. Vedete di non fare i cretini”.

Non sapeva nemmeno lei come le fosse uscita quella frase, mai fino a quel momento aveva osato contraddire, polemizzare, anche solo far notare qualcosa di malfunzionante nell’organizzazione della casa (odiava le spugnette maleodoranti lasciate ad asciugare nel cassetto), ma il terrore di perdere quell’occupazione, che le avrebbe procurato i soldi per portare in Italia suo marito Gheorghe, stabiliva le priorità, e tutto ciò che serviva per salvaguardare quell’obiettivo non c’era dubbio che lei lo avrebbe fatto.

Così il fallo tornò al suo posto nel cassetto, ben camuffato tra i calzini, e Axenia continuò a fare il suo dovere in casa con scrupolo e dedizione. Se Bianca, di ritorno dal lavoro, le chiedeva: “Cosa mi dici di Thomas? Come lo vedi? Ti pare tutto a posto?”, lei rispondeva che le sembrava di sì. Ed era in effetti ciò che pensava perché il ragazzo non beveva, non si drogava (avrebbe scovato gli indizi), e se gli piaceva una ragazza più grande che amava condividere il sesso anche con un fallo non era poi questo grande dramma. Risparmiare il dettaglio a Bianca le parve tuttavia un atto caritatevole: cullarsi nell’idea di avere un bambino dentro casa, dolce e ingenuo, seppure nelle fattezze più spigolose e aulenti di un adolescente, non è forse il sogno di ogni madre?

Linda continuò a frequentare la casa, sfoggiando le sue mutandine coordinate con graziosi reggiseni nonostante il rapido incedere della stagione invernale. Il tutto sotto gli occhi ormai assuefatti di Axenia, che la scrutava camminare felpata verso il bagno più che altro per assicurarsi, studiando il ritmo del passo (era flessuoso come al solito?) e l’espressione del viso (rilassata, media o tirata?), che non ci fossero stati inconvenienti. Ma Linda si dimostrò sempre padrona della situazione, e Axenia cominciò a far conto sulla sua affidabilità, tanto che quando la ragazza le si avvicinava di ritorno dal bagno (ormai era una specie di rito) le diceva: “Siediti”. Poi le metteva davanti, su un piattino di ceramica a fiori, una merendina e un succo, e rimanevano in silenzio mentre Linda mangiava con appetito, arresa al piacere dello zucchero come una bambina, e Axenia mondava le verdure o stirava le camicette di Bianca.

“Bella tecnica”, disse Linda una volta osservando i suoi movimenti esperti.

“Sai stirare?”, si stupì Axenia.

Linda alzò le spalle: “Mi arrangio. Sto da sola con mio padre. Mio fratello non sa fare niente ed è un gran rompipalle”. “Allora non siete soli”, dedusse lei.

“Beh, no…”, ma era chiaro cosa voleva dire, che una mamma non c’era, anche se Axenia non se la sentì di chiedere se fosse viva, morta, o dove si trovasse. Linda sembrò apprezzare la discrezione della donna e infatti quella sera, siccome era in ritardo sull’orario del pullman, si offrì di accompagnarla alla fermata in motorino. Così Axenia le si strinse forte addosso, impaurita dalle improvvise accelerate, con Linda che la prendeva in giro perché lanciava grida di terrore a ogni cambiamento di direzione e velocità: “Ma non ce li avete i motorini al paese tuo?”.

Un giorno Axenia stava preparando le polpette e Linda le chiese se poteva darle una mano, almeno imparava una ricetta nuova da preparare ai suoi, e Axenia le mostrò volentieri il procedimento, spiegando con pazienza. Modellando minuscole palline di carne parlarono della cucina moldava e del fatto che il marito di Axenia, Gheorghe, andava talmente ghiotto di quelle polpette che poteva mangiarne anche trenta di fila. “Le guance gli diventano rosse e mastica piano piano, per farle durare di più. È bellissimo da guardare”.

“E a letto com’è?”, chiese Linda con naturalezza. Per tutta risposta Axenia le tolse le polpette di mano, e si mise a rollarle da sola, a grande velocità.

“Ok. Argomento tabù”, dedusse la ragazza, e saggia cambiò discorso: “Perché non viene in Italia, così almeno mangiate le polpette insieme?”.

“Ci vogliono i soldi per il viaggio, cosa credi? E anche fortuna!”, spiegò Axenia. “Non è mica facile…”, e siccome Linda la fissava incuriosita, aggiunse: “Non sai che mi è successo la prima volta che sono partita!”.

“Cosa?”, chiese immediatamente lei, fremendo di curiosità.

“Un giorno te lo racconto”, concesse Axenia. “Forse. Se ti comporti bene, e non fai domande stupide”. Quando Thomas si svegliò dal suo pisolino le trovò a friggere una accanto all’altra, con Linda che indossava il grembiule direttamente sopra la biancheria. “Che cavolo fate?”, chiese stranito, aggrottando le sopracciglia.

Durante le feste di Natale, Axenia ricevette un regalo da Linda e Thomas. Era emozionatissima perché non se l’aspettava, ma quando si accorse che il pacchetto era lungo e affusolato, sbiancò.

“Così lo provi anche tu”, ridacchiò Thomas.

“L’ho scelto io!”, si vantò Linda.

Lei li fissò severa, prima uno e poi l’altra, quindi scartò il pacco in apprensione e si accorse con sollievo che era un profumo: “Meno male!”, si rallegrò.

“Vedessi che faccia hai fatto”, rideva Linda.

Intanto Axenia soddisfatta si spruzzava il profumo, che le piaceva molto e che da quel momento si mise ogni mattina prima di uscire di casa, pensando a quando, in futuro, avrebbe indossato quell’aroma di fiori per andare a spasso con suo marito.

Poi un lunedì, riordinando i cassetti di Thomas, si rese conto che il fallo era scomparso, e che non era nemmeno negli altri cassetti, dove poteva essere finito per sbaglio. “Dov’è?”, disse preoccupata quando Thomas rientrò da scuola strascicando le scarpe da ginnastica.

Lui la fissò sfottente: “Perché, ti serve?”.

“Non scherzare. Se non sta in ordine peggio per te, vuol dire che lo troverà tua madre!”.

Così lui ammise: “Linda se l’è portato via”.

“Portato via?”.

“Sì, ci siamo mollati e siccome era suo…”, replicò malinconico, lasciandola senza parole.

Axenia immaginò che Linda avesse incontrato un ragazzo più grande, della sua età o anche più: in fondo quella relazione era sempre stata sbilanciata, lui un ragazzino viziato da una mamma sola, lei quasi una donna, una che al di là dell’apparenza teneva fede alle proprie responsabilità familiari di figlia e di sorella. Si intenerì per Thomas, immaginando la sua sofferenza per essere stato messo da parte in favore di un ragazzo più adulto e affascinante. “Mi dispiace, come stai tesoro?”, gli chiese con partecipazione, trattenendosi dall’impulso di abbracciarlo.

Thomas rispose che stava bene, le spiegò che lui e Linda avevano bisogno di una pausa, il rapporto era diventato troppo impegnativo e da parte sua aveva voglia di divertirsi un po’ con gli amici, senza avere legami troppo stretti.

“Cioè vuoi dirmi che l’hai lasciata tu?”, suppose a quel punto Axenia. E quando lui annuì, per l’indignazione quasi urlò:

“Perché?”.

“Te l’ho detto. Ero stufo”, replicò infastidito lui.

Il viso di Axenia si imporporò all’istante: “Vergogna! Trattare così una brava ragazza, e per cosa poi? Cosa farai adesso tutto il giorno?”. Thomas alzò le spalle e si diresse in camera sua.

Dopo una settimana di PlayStation intensiva e di involucri di merendine abbandonate ovunque (per terra, tra le lenzuola, al bagno), in casa cominciò a circolare una certa Alessandra, una coetanea di Thomas, con un viso angelico costellato di lentiggini e una bella e grossa treccia. Axenia fu costretta ad ammettere, almeno a sé stessa, la maggior compatibilità dei tipi e dei caratteri dei due ragazzini, che trascorrevano il tempo con la testa china sui telefonini e facendo i compiti (raramente chiudevano la porta della stanza, e per breve tempo). Avrebbe dovuto essere contenta per Thomas, che aveva trovato un’amica più adeguata, e anche sollevata, visto che non aveva molto da temere dalla presenza tranquilla di Alessandra. Invece sentiva una sorta di struggimento per quella separazione inaspettata, come se non le fosse stato dato il tempo di consegnare a Linda tutto ciò che avrebbe potuto: la ricetta del gâteau di patate che tanto le piaceva, i rudimenti di cucito che le aveva promesso, e soprattutto il racconto del suo viaggio in Italia, che tante volte la ragazza aveva sollecitato e che tante volte, per il divertimento nel procrastinare, lei le aveva negato.

E poi l’aveva quasi convinta a togliersi quel brutto piercing dall’ombelico raccontandole dell’infezione che aveva afflitto sua cugina all’orecchio: un supplizio durato per quattro mesi, tanto che alla fine le avevano dovuto tagliare un pezzetto di lobo.

“Ma che cavolo dici?”, era inorridita Linda, perdendo per un attimo tutta la baldanza.

“Tranquilla, non si vede quasi per niente, e poi ha i capelli lunghi, come te”, aveva affondato Axenia, sapendo di aver colto nel segno.

Ora, quando entrava nella stanza di Thomas e apriva il cassetto dei calzini, Axenia indugiava un attimo, come se la speranza di un ritorno di Linda non si fosse dissipata del tutto. Ma il cassetto, calzini a parte, di lì in avanti rimase sempre vuoto.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti recenti

Colophon

Direttore

Romano Luperini

Redazione

Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato

Caporedattore

Roberto Contu

Editore

G.B. Palumbo Editore