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diretto da Romano Luperini

All’origine di un genere: quando un romanzo “nasce classico”. Leggere Frankenstein in classe

Sul leggere in classe (e perché)

Se, come diceva Spinazzola, ai due poli della lettura ci sono da una parte il lettore professionista, che è in grado di comprendere l’opera e connetterla con il suo immaginario, e dall’altra il lettore comune, che premia gli autori in grado di identificarsi a vari livelli con i propri interlocutori, è pur vero che il lettore scolastico è una sorta di unicum a cui spesso chiediamo di essere tecnico della lettura, senza prima essere diventato lettore, a cui chiediamo di ripetere quello che si dice intorno all’opera senza che ne abbia fatto vera esperienza di lettura profonda. Nulla di male, ma ho come l’impressione che manchi un pezzo: l’intero percorso scolastico dovrebbe essere impostato per sostenere il lettore e per portarlo a diventare professionista, come dicono chiaramente le indicazioni nazionali se lette in un’ottica verticale. Molto spesso il focus delle nostre discussioni è posto su cosa si debba leggere in classe, credo che, invece, sia necessario prima interrogarsi su a chi porgiamo i testi, per poi passare al consequenziale come e perché e solo a quel punto scegliere cosa. Se noi consideriamo questa curva di sviluppo del lettore nella sua interezza, non stupisce affatto che nel triennio della scuola secondaria di secondo grado un obiettivo sia affrontare le opere paradigmatiche delle letterature nazionali attraverso le categorie di spazio tempo, anzi, da un certo punto di vista, è il definitivo tassello per una vera comprensione dell’opera inserita nel suo contesto e immaginario. Negli anni precedenti, quindi, il percorso che si deve privilegiare è quello di insegnare a leggere e comprendere il testo così com’è, certo fornendo le informazioni di contesto necessarie per la comprensione, mi spiego meglio con un esempio: per affrontare Dante alla scuola secondaria di primo grado a poco serve definire lo Stilnovo, mentre è fondamentale, ad esempio, far comprendere quale fosse la religiosità medievale e la paura della morte nel peccato.

Il biennio della scuola secondaria di secondo grado è così un ponte tra quel primo incontro con i testi e il futuro approccio con gli strumenti di storia della letteratura: è l’occasione per sperimentare la lettura puntuale, per interrogarsi sulle scelte stilistiche e su come i lettori possano rispondere al testo, per consolidare e interiorizzare le strategie di analisi e per sperimentare la classe come comunità ermeneutica, luogo in cui si negoziano i significati. La proposta didattica che segue si muove entro queste coordinate ed è stata sviluppata in una classe prima del liceo linguistico, in cui tutti hanno facilmente avuto la possibilità di avere il libro.

Frankenstein: perché?

Frankenstein è un romanzo classico, di genere, spesso fuori dalle proposte lettura scolastica: è complesso, lontano dai gusti contemporanei e probabilmente patisce l’immaginario che ha contribuito a creare. Questo il motivo “letterario” per cui l’ho scelto, affrontare un’opera che ha dato vita a un personaggio iconico, che ora quasi vive di vita propria; c’è poi una motivazione contingente legata alle mie scelte didattiche, cioè il filo conduttore che sto seguendo quest’anno: la libertà, il limite e la relazione con gli altri. Prima di questo romanzo, infatti, abbiamo letto Senza una buona ragione di Benedetta Bonfiglioli (Pelledoca Edizioni), testo contemporaneo che ha con il romanzo della Shelley ben poco in comune se non una pluralità di narratori, alcuni fatti inquietanti e la relazione tossica e malata tra i personaggi. Attraverso la lettura e la riflessione in classe ho posto le basi per un lavoro che non avrebbe potuto essere la lettura ad alta voce dell’intero romanzo, come avevo sempre sperimentato alla secondaria di primo grado, ma che ne ricalcava le intenzioni: di settimana in settimana ho assegnato capitoli da leggere su cui poi avremmo discusso e applicato strategie di comprensione o semplicemente su cui mi sarei soffermata mettendo in luce caratteristiche di stile e di struttura. Al termine abbiamo condiviso le nostre interpretazioni con la stessa Bonfiglioli, attraverso un incontro on line.

Dopo la lettura di un testo contemporaneo, che avevano potuto leggere da soli senza grande difficoltà, ho deciso di affrontare un romanzo classico, che appartiene a un altro mondo, ha uno stile a cui non sono abituati, ha segnato un’epoca, è il capostipite di un genere e, non da ultimo, è stato scritto da una ragazza di pochi anni più grande di loro, ma che aveva vissuto ben altre esperienze.

Premessa alla lettura del romanzo è stata affrontare e ricostruire la figura di Prometeo durante le lezioni di epica, non solo perché il sottotitolo di Frankenstein è “Moderno Prometeo”, ma soprattutto per ciò che il personaggio di Prometeo e del dottor Frankenstein hanno in comune. Ho scelto brani da Ovidio, Apollodoro, Platone, Eschilo; affrontare la figura di Prometeo ci ha permesso di discutere su temi come la creazione, il senso limite e l’opporsi a decisioni ritenute ingiuste. Tutti temi che sono poi tornati utili con Frankenstein.

Mary Shelley: una scrittrice non comune

Bournemouth non è solo una città inglese sulla cosa dal nome difficile da pronunciare, con lunghe spiagge e scogliere a picco. È il luogo dove sono stati sepolti due giganti della letteratura, due scrittori che, a modo loro, hanno creato un genere: Mary Shelley e John Ronald Reuel Tolkien.

Il 1° febbraio 1851 Mary Shelley morì a Londra in Chester Square, dopo anni di terribili emicranie, forse il sintomo di un tumore al cervello, chiese di essere sepolta nella tomba di famiglia a Bournemouth a fianco dei genitori William Godwin e Mary Wollstonecraft.

Quando, un anno dopo, gli esecutori testamentari aprirono il cassetto della sua scrivania trovarono un diario scritto insieme a Percy Shelley, le ciocche di capelli dei suoi figli e le ceneri del cuore di Percy

Ho letto questo brano in classe e posto tre domande: Cosa noti? Che domande ti fai? Come lo interpreti?

Proprio partendo dalle loro domande (perché delle ciocche di capelli? Chi è Percy? Perché si fa seppellire insieme ai suoi genitori? Come ha fatto ad avere le ceneri del cuore?) ho ricostruito la storia di Mary Shelley e poco importa se la leggenda del cuore non bruciato di Shelley non sappia molto di fatto storico.

Sia per studio personale sia per la ricerca in classe ho consultato i seguenti volumi, che sono rimasti a disposizione dei ragazzi per la lettura autonoma:

  • Fiona Samson La ragazza che scrisse Frankenstein, Utet (Eleonora Gallitelli tradurrice)
  • Lynn Fultonn- Felicita Sala Come Mary ha creato il mostro (Leonardo Taiuti traduttore), splen edizioni
  • Lita Judge Mary e il mostro. Amore e ribellione. Come Mary Shelley creò Frankenstein, Il Castoro ( Rossella Bernascone traduttrice).

Ricostruire la biografia ci ha permesso di illuminare il contesto storico sociale, la figura storica genitori di Mary, i suoi drammi personali, la sua personalità, elementi che in misura diversa si ritrovano nel romanzo. Ad esempio l’importanza data all’educazione della creatura, che nella capanna ascolta Felix dare lezioni di francese alla turca Safie e da lì impara a parlare, a leggere e a scrivere, non può non far pensare alle battaglie compiute da Mary Wollstonecraft per il diritto all’istruzione gratuita.

Verso il romanzo: un mostro nato per gioco

A questo punto abbiamo letto la prefazione della prima edizione del 1818, in realtà scritta da Percy Bysshe Shelley (che all’epoca si improvvisò agente letterario della compagna ancora poco nota). Il preambolo si apre con una dedica:

A William Godwin autore di Giustizia politica, Caleb Williams ecc. sono rispettivamente dedicati dall’autore

Appare immediatamente chiaro che la dedica è rivolta al padre, anche se non se ne sottolinea il legame affettivo, ma la sua importanza come autore: si ribadiscono infatti le opere che ha scritto, non il legame di parentela con Mary. Mary Shelley è definita autore: all’epoca il testo uscì anonimo e la prefazione venne siglata con le sole sigle M. [ary] W [ollstonecraft].S.[helley], espediente dietro cui di solito si nascondevano le scrittrici (è capitato anche a J. K. Rowling).

Ho in seguito caricato in drive la prefazione dell’edizione 1831, questa volta composta dalla stessa scrittrice e chiesto ai ragazzi, suddivisi in gruppo, di riflettere e confrontarsi secondo questo organizzatore grafico, che sarebbe poi stato discusso in classe:

(copio a titolo di esempio alcune delle risposte date dai gruppi, che hanno costituito il punto di partenza per il confronto a classe intera)

Circostanza della scrittura
Estate piovosa a Ginevra
Lettura libro di fantasmi
Gara di composizione
Ne deduciamo che
La lettura ad alta voce di un libro era un passatempo serale
Andavano di moda i racconti inquietanti di fantasmi
Il libro nasce non per pianificazione della scrittrice, ma per un gioco
Mary Shelley è la sola che porta a termine l’opera
Insieme a Mary ci sono i più grandi scrittori inglesi del tempo (tranne Polidori, un medico)

Ideazione della storia
prima di dormire fa un sogno che non sembra un sogno, vede alcune scene del romanzo, prova angoscia e paura.


Ne deduciamo che
Sono i personaggi che appaiono a Mary, non lei che li crea. Il legame con la sua opera è fortissimo, quasi magico. Per lei si tratta quasi di una storia reale che la ossessiona

La discussione che ne è seguita ci ha portato a concludere che Mary Shelley scrive la storia durante una vacanza estremamente piovosa a Ginevra: in tale occasione lei, Polidori, Byron e Shelley si sfidarono a raccontare una storia di fantasmi, poiché quello era il libro che stavano leggendo. La situazione è quindi d’occasione, scherzosa e giocosa; l’ambiente e atmosfera di quella vacanza avrebbero influenzato il romanzo, ambientato a Ginevra, nel quale la frequenza della pioggia e dei temporali supera di gran lunga il bel tempo. Mary Shelley però è l’unica a portare a compimento la prova e a creare qualcosa di unico e nuovo. Questo aspetto è sottolineato anche dalla genesi del romanzo: Frankenstein e la creatura paiono infatti venire a lei quando, ci dice “non dormivo, ma neppure potrei dire che stessi pensando consciamente”. Da questo momento è quasi dominata e terrorizzata dalla visione del mostro, dalle emozioni che le suscita, al punto tale da decidere di condividerle coi lettori. Mary Shelley fin da subito sottolinea il legame intimo e misterioso coi suoi personaggi.

Il percorso: i gruppi di lettura e la classe come comunità ermeneutica, alcuni esempi di interpretazione

Ho scelto di suddividere la lettura in varie sessioni, chiedendo agli studenti di leggere autonomamente un certo numero di capitoli su cui poi avremmo ragionato e discusso in classe.

Il primo organizzatore che ho proposto loro e che abbiamo completato di volta in volta durante la lettura dell’intero romanzo è stato quello sul narratore:

La struttura di questo romanzo è estremamente complessa per studenti di prima, abituati alla narrazione lineare e paratattica dei romanzi contemporanei: seguire le scelte del narratore, individuare le sue caratteristiche, le modalità con cui racconta, le relazioni che instaura con chi lo legge e ascolta fornisce sicuramente una chiave di lettura del romanzo. Per stimolare la discussione sui narratori ho usato poi il seguente strumento:

La parte “lo capisco da” deve essere compilata facendo precisi riferimenti al testo: per insegnare a interpretare è necessario stimolare il più possibile l’abitudine a trovare solidi riferimenti testuali. Se gli organizzatori aiutano a scomporre il pensiero e guidano nella risoluzione del quesito di partenza, è necessario alla fine fare sintesi e riportare un’ipotesi globale.

Queste alcune considerazioni sul narratore degli studenti alla fine della lettura dell’intero romanzo

Il romanzo inizia con le lettere di Robert Walton alla sorella, scritte da una baleniera in mezzo ai ghiacci e termina in modo circolare con lo stesso narratore che scrive alla sorella: Robert Walton è l’unico che instaura un rapporto con la creatura, che lo sta ad ascoltare senza cacciarlo, forse perché anche lui era alla ricerca di un amico (lo dice nelle lettere iniziali). (E.)

La parte centrale invece è affidata a due confessioni: la prima di Frankenstein rivolta a Walton, la seconda della creatura a Frankenstein. La creatura racconta solo quando ha imparato a leggere e a scrivere, quindi non ha una voce molto diversa dal suo creatore (si esprime nello stesso modo, usa termini molto drammatici, è enfatico, logico): insomma sembra che intellettualmente siano uguali.

Nonostante questa somiglianza, la diversità emerge tutta nell’aspetto fisico e nelle scelte che compiono. La creatura diventa violenta e crudele perché non si sente accettata (G.)

La suddivisione della lettura in sequenza ci ha permesso di lavorare come “gruppi di lettura”, soffermandoci di volta in volta su elementi diversi e costruendo insieme l’interpretazione: è vero che in questo modo il docente impone un ritmo alla classe che potrebbe essere diverso da quello che avrebbe ciascun lettore, però consente davvero di sperimentare come leggere in classe non sia una lettura isolata ma condivisa. Ad esempio, dopo aver assegnato il capitolo sulla creazione abbiamo analizzato la climax delle parole impiegate da Frankenstein e, trattandosi di un liceo linguistico, ne abbiamo ricercato il corrispondente nell’originale inglese.

Ogni volta incontrato un nome riferito alla creatura ne abbiamo individuato etimologia, significato (e spesso mi sono fermata per far comprendere e usare questo nuovo termine) e lo abbiamo incasellato nella curva della climax

mia creazione – cosa inanimata – creatura-catastrofe – abominio – essere che avevo creato – aborto – mostro sciagurato – cadavere indemoniato- obbrobrio – laido spettacolo

Dopo aver costruito insieme questa gradazione di intensità semantica ho posto loro queste domande:

cosa possiamo dire di queste espressioni?

Cosa ci mostrano dell’evoluzione dei pensieri di Frankenstein

Qual è il momento in cui le cose cambiano? perché?

Trovi una differenza di significato tra l’espressione mia creazione e essere che avevo creato?

quale ti pare l’offesa più grande, perché?

In un secondo momento, quando Frankenstein incontra la creatura a Chamonix – nel mezzo ci sono le prime due morti provocate dal mostro – la apostrofa con un’ulteriore sequenza di espressioni:

abominio che avevo creato -Satana- rettile immondo- schifoso mostro- demonio – diavolo schifoso- repellente figura

Il confronto tra i due momenti è stato possibile attraverso queste domande stimolo:

Cosa noti di queste espressioni rispetto a quelle individuate in precedenza?

Perché questo accenno a Satana e al male?

Cosa prova Frankenstein dopo il dialogo con la creatura, perché?

Proseguendo la lettura abbiamo affrontato i capitoli con strategie diverse, seguendo l’andamento del romanzo: ho dato molto spazio alla ricostruzione delle sequenza più complesse, all’interpretazione e alla risposta al testo da parte dei ragazzi.

Solo a titolo di esempio: la sequenza legata al primo omicidio, quello del fratellino di Frankenstein, che ha l’andamento di un racconto giallo è stato esplorato attraverso il percorso logico situazione/problema- ipotesi – controllo, esattamente come si fa per l’indagine di un delitto (in corsivo le risposte dei ragazzi):

problema: il bambino viene trovato morto e senza la spilla

ipotesi: il bambino è stato ucciso da un ladro

controllo: la spilla è stata trovata nella tasca di Josephine

nuova ipotesi: Josephine è la ladra, ha anche confessato

controllo: Josephine rivela a Frankenstein e Elisabeth di aver confessato per avere l’assoluzione

nuova ipotesi: F. sospetta che sia stato il mostro, lo ha visto seguirlo quando è arrivato a Ginevra.

quali domande restano aperte e che potrebbero essere sviluppate nel romanzo?

perché ha ucciso il bambino?

Come poteva essere a Ginevra?

Perché ha nascosto la spilla?

Queste strategie sono la griglia per la discussione in gruppo e poi a classe intera e mi permettono di misurare l’effettiva comprensione e interpretazione del testo, proprio a questo proposito mi è balzato agli occhi quanto sia importante ricostruire il contesto storico, prima ancora che il genere e la poetica dell’autrice. Per intenderci, ha poco senso spiegare le caratteristiche del racconto gotico se poi una frase come “Josephin confessò al sacerdote per avere l’assoluzione” risulta totalmente fraintesa. Ho infatti dovuto spiegare di quale assoluzione si stesse parlando e per quale motivo una ragazza di metà Ottocento che di mestiere fa la bambinaia preferisca dichiarare il falso pur di avere il perdono dei peccati.

Da lì abbiamo dunque ragionato su uno dei temi laterali del romanzo, che ha a che fare anche con le teorie dei genitori di Mary Shelley: la critica alla religione come modo per opprimere le persone.

Per riflettere sul personaggio della creatura nella sequenza del risveglio nella casa di Frankenstein fino al momento in cui si mostra alla famiglia ho proposto questo organizzatore grafico

(tratto da Cavadini, Pianigiani, De Martin Vedere le storie, Pearson 2022)

Ovviamente compilare l’organizzatore grafico non è l’obiettivo finale: serve a guidare il processo di pensiero, a rendere concreta la strategia, a focalizzare l’attenzione su un elemento di analisi, che andrà poi a sommarsi e integrarsi con gli altri.

Giunti alla fine della lettura ho chiesto agli studenti di dare un titolo alla sequenza della confessione della creatura e all’unanimità è stato scelto: La vendetta, messo in relazione con quella che abbiamo definito la frase chiave “ Do your duty towards me”, espressa dalla creatura insieme alla richiesta dicostruirgli una compagna.

La creatura si sente in debito nei confronti del suo creatore, gli rinfaccia di avere un dovere nei suoi confronti. Infatti non ha chiesto di essere creato, la sua nascita è una sua responsabilità, Frankenstein invece ha scelto di abbandonarlo. In questo senso Prometeo è un vero creatore, ama e si prende cura degli uomini, Frankenstein invece è egoista, pensa che la creatura debba essere una emanazione di sé: nel momento in cui non è uguale a lui lo abbandona, da lì nasce il suo odio. Le persone non nascono cattive, possono diventarlo se nessuno si prende cura di loro. Frankenstein dà la vita alla sua creatura ma non gli permette di vivere (M.)

La creatura ama e odia il suo creatore, da una parte vorrebbe ucciderlo dall’altra piange alla sua morte: i due sono legati da un vincolo fortissimo che dall’amore si trasforma in odio. (N.)

La scena finale, in cui la creatura piange sul cadavere di Frankenstein, raccontata attraverso le lettere di Robert Walton, ha un po’ deluso i ragazzi

A me non ha convinto questo finale, è come se tutto il libro preparasse a qualcosa di enorme che deve succedere e poi viene frenato e trattenuto, mi sarei aspettata qualcosa di più risolutivo. Per tutto il libro c’è un tono così aggressivo e veloce e qui invece tutto sembra spegnersi. (E.)

Conclusioni: rispondo al testo

L’ultima fase del nostro percorso su Frankenstein è legato a come il lettore dopo aver letto, ricostruito e interpretato il testo lo fa proprio. Ho proposto quattro attività

1) La gara di lettura con un’altra classe in cui confrontarsi sia sugli elementi espliciti del testo (battaglia su domande da un punto) sia su quelli impliciti (le domande da tre e cinque punti che prevedevano un confronto e rielaborazione a piccolo gruppo)

2) L’incontro con l’autrice: ovviamente incontrare Mary Shelley è un po’ difficile, meno se ti viene in soccorso la docente di inglese. La classe ha preparato una serie di domande, rigorosamente in lingua, in cui la nostra finta Mary ha risposto in inglese. Le domande vertevano sulla vita personale dell’autrice, sul suo rapporto con il romanzo e con il suo personaggio più iconico, ma anche sulla relazione con la società e il contesto storico. Al termine dell’intervista hanno ragionato su: prima dell’incontro sapevo che/dopo l’incontro ho imparato che

3) La scrittura di una recensione: i ragazzi ne conoscevano già la struttura, avendola praticata per il nostro laboratorio di lettura autonoma di testi scelti dalla biblioteca di classe. In quattro ore in classe, utilizzando il libro e tutto il materiale costruito a lezione, hanno scritto una recensione che sarebbe stata pubblicata in una rivista on line.

Uno dei punti della recensione riguardava le connessioni personali, quello che il testo dice a noi che non è detto sia il tema centrale del libro:

La storia della creatura è l’esaltazione massima dell’abbandono, del vuoto e della solitudine. Ad ognuno di noi è capitato di sentirsi solo e senza nessuna speranza di cambiamento. La creatura non è stata in grado di risollevarsi con le proprie forze e cercare di cambiare: ha preferito seguire la via più semplice, quella della vendetta e del rimorso, che sono una grande schiavitù. Noi dobbiamo essere in grado di trovare quella enorme forza che è il perdono per tornare in superficie e vivere di nuovo (E.)

4) Ultimo passaggio è forse il più delicato: ho dato ai ragazzi un mese di tempo per creare un testo nuovo che parta proprio da Frankenstein. Possono usare qualsiasi altra di tipologia testuale (graphic novel, racconto, video, canzone etc.), il prodotto dovrà essere accompagnato da una scheda di riflessione in cui spiegano le ragioni della scelta, le fasi di progettazione, quello che avrebbero voluto esprimere con il loro nuovo testo e le soluzioni trovate.

Riflessioni finali del docente

Ma ha senso dedicare tutto questo tempo ad un romanzo solo? Perché non dare la lettura intera alla classe e poi verificare l’avvenuta comprensione? Perché sminuzzare in questo modo il lavoro? Perché un romanzo così difficile?

Sono alcune delle domande che mi sono fatta: la risposta sta nel lavoro svolto e anche nella necessità di abituare all’indagine critica, di costruire una cassetta degli attrezzi dell’interpretazione che resteranno per l’intera vita da lettori e lettrici, di mostrare come l’interpretazione sia un percorso corale, lungo e faticoso, che procede a piccoli passi e anche attraverso errori. In merito alla difficoltà, prendo in prestito le parole dalla recensione Sofia che ci mostra, a suo modo, il senso di presentare testi lontani e complessi in classe

Consiglio questo libro per due motivi: per i temi che tratta e ancora di più per come li tratta. Mary Shelley ha avuto la capacità, impressionante per l’età che aveva, di inserire, in una storia completamente inventata ed estremamente lontana dalla realtà, delle riflessioni su problemi della società di allora e che, purtroppo, sono rimasti attuali anche oggi. Ma soprattutto lo consiglio perché è una sfida. La comprensione totale dell’enormità di spunti che si nascondono tra le righe di questo romanzo è una vera e propria sfida e, si sa, le sfide sono pane per i denti dei lettori!

Per costruire i lettori dobbiamo anche sfidarli, quindi, tanto siamo lì con loro a sostenerli, come qualsiasi allenatore che si rispetti. Siamo lì ad insegnare loro a leggere e ad imparare. E a mostrare, leggendo e imparando a nostra volta, che ne vale la pena.

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