Tutti gli usi della parola a tutti. Un’esperienza in classe in CAA
Partiamo dalla fine
“Ho sempre dato per scontato che quando parlo tutti mi capiscano. Ora so che non è così, mi affascina questa cosa ed è proprio sulla scelta delle parole e delle strategie per comunicare che voglio soffermarmi d’ora in poi”, Francesco esordisce così, io quasi salto sulla sedia: ha capito a dodici anni ciò che io ho impiegato anni ad afferrare, spero ne faccia tesoro.
La storia che voglio raccontarvi è una piccola storia di scuola, sta dietro alla conclusione di Francesco e per me è stata la dimostrazione che davvero c’è un duplice vantaggio nell’insegnare, mentre insegni impari, sempre. L’insegnante è quel tale che è abituato a lavorare con i limiti e a considerarli trampolino di lancio: così un errore diventa occasione di apprendimento, la mancanza di conoscenza degli studenti il terreno su cui si può seminare e un alunno che comunica in modo diverso un’occasione per riflettere sulla comunicazione e per diventare, noi classe, il ponte verso la comprensione. Senza mancanza non ci sarebbe insegnamento, così come senza l’analisi, lo studio, la progettualità e un certo tipo di sguardo che accoglie e ha in sé fiducia e ottimismo. Partendo da questo slancio un po’ visionario, un intero consiglio di classe ha sperimentato in un contesto nuovo il suo mandato istituzionale: la relazione coi ragazzi all’insegna del sapere.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa(CAA) è un sistema multimodale di comunicazione che interviene nei contesti di vita, all’interno di questo sistema è previsto l’impiego di un linguaggio scritto simbolico che faciliti la comunicazione e che, pur adattandosi alle competenze di ciascuno, ha un sillabo preciso: negli anni si sono moltiplicate le pubblicazioni teoriche e i testi in simboli, come i libri della casa editrice Uovonero.
Federico ha la trisomia 21, è audioleso e comunica con la CAA: insieme alla docente di sostegno e all’educatore, che è membro a tutti gli effetti del nostro consiglio di classe e progetta con noi, abbiamo provato a rendere concreta la nostra idea di inclusione. Solitamente, l’inclusione è declinata così: ti accolgo in un gruppo così come sei, con le tue difficoltà e provo a ridisegnare le attività intorno a te, adeguando il setting didattico. Noi pensiamo che sia anche trasformare il sapere e l’esperienza di ciascuno in conoscenza di tutti. L’uomo è fatto per imparare, il nostro cervello ha un superpotere, la neuroplasticità, che si attiva grazie allo scambio e alla relazione: per cui la sfida vera è fare dell’incontro con l’altro possibilità di conoscenza, così tutta la nostra classe ha imparato grazie alla comunicazione aumentativa alternativa.
In concreto: il fotoromanzo horror
Quest’anno, secondo anno della scuola secondaria di primo grado, nel laboratorio di scrittura abbiamo affrontato il racconto horror; la sequenza che seguiamo è ormai prassi: gli attivatori grazie ai quali ciascuno è stato in grado di trovare la sua storia da raccontare, le bozze scritte a più riprese grazie alle minilezioni di tecniche di scrittura, la revisione per correggere, migliorare, semplificare e infine la consegna.
Federico ha scritto e progettato in CAA, lascio le parole ad Andrea, il suo educatore, e a Maria Luisa la sua insegnante di sostegno:
Questo lavoro è l’esempio di come ogni elemento che ci viene proposto da chi abbiamo di fronte debba essere colto e archiviato: Fede ci ha raccontato questa storia l’anno scorso e ce l’ha raccontata ogni volta che tornavamo dai nostri momenti di relax in palestra. Chi lo avrebbe immaginato che sarebbe diventata un fotoromanzo in CAA? Nessuno! Questo ci fa pensare al valore di ogni momento e a come noi adulti dobbiamo porci in ascolto e aiutare i ragazzi a trovare le parole. Sì il laboratorio di scrittura è questo: aiutarli a comunicare con la parola scritta nel modo più bello ed efficace possibile.
Una volta scritto il testo in CAA, è stato il momento della consulenza di scrittura: come avremmo potuto migliorare il racconto? Come facilitare la lettura del testo così da renderlo più immediato per noi che non conosciamo ancora bene la CAA e più accattivante per chi già la domina? Ne è uscita l’idea del fotoromanzo che potete vedere qui e in cui c’è davvero tutta la scuola.
Dopo la correzione, come sempre, abbiamo letto e discusso sui racconti: il testo di Federico non è servito solo per dire “bravo”, per la spinta emotiva, ma è diventato occasione per imparare qualcosa di nuovo, per mettere in gioco competenze linguistiche: ho condiviso il racconto con la classe e abbiamo ragionato sul concetto di semplificazione e facilitazione. Su come una frase complessa possa essere trasformata in semplice, senza impoverirla, su come il gruppo del soggetto vada ripetuto aggiungendo sempre un aggettivo in più, su come si debba scegliere un’espressione concreta invece di un’astratta; in seconda battuta abbiamo discusso di come le foto dialogano col testo e lo facilitano, oppure possono essere accostate in modo antifrastico, generando il sorriso (il lupo spaventoso che è in realtà un peluche). Nella successiva ora di grammatica (e stiamo studiando la frase minima, semplice e complessa, i predicati e il soggetto) ciascun gruppo avrebbe scritto un testo semplificato, pensato agli strumenti per facilitarlo e poi lo avremmo tradotto in fotoromanzo in CAA.
Una parte della classe ha lavorato su un testo strutturato secondo questa traccia:
Argomento: L’intervallo
Cosa devi fare
Descrivi l’ambiente: usa frasi semplici, per ogni parola nuova che inserisci scrivi una frase di spiegazione.
esempio: Il cortile è rumoroso. I bambini chiacchierano. Simone urla. Marco rincorre Paolo.
Racconta un piccolo fatto che si verifica in questo modo:
Usa frasi complesse con massimo due verbi
Non usare modi indefiniti (gerundio, participio):
Non scrivere: Correndo in giardino, Francesco inciampa in una radice
Ma: Francesco corre in giardino.
Francesco non vede una radice.
Francesco cade.
Non usare pronomi, esplicita sempre il soggetto e inseriscilo ogni volta con un aggettivo nuovo
Non scrivere: I ragazzi che sono seduti sul muretto sono i migliori amici di Simone e lui gioca con loro volentieri
Ma: Alcuni ragazzi simpatici sono seduti sul muretto. Questi ragazzi sono simpatici e divertenti perché fanno sempre scherzi. Questi ragazzi sono i migliori amici di Simone. Simone gioca sempre con questi ragazzi. Quando sono insieme corrono, saltano, giocano a calcio e a nascondino.
Un’altra parte della classe ha, invece, avuto maggiore libertà sull’argomento, ma ha dovuto applicare con più precisione regole grammaticali, secondo questa traccia:
Un testo semplificato è un testo ad alta comprensibilità, costruisci un racconto che possa essere efficacemente tradotto in CAA:
Le parole da usare
Indicate sempre il soggetto ed evitate i pronomi
Preferite termini concreti a quelli astratti
Aggiungete sempre un aggettivo per volta
Ricordatevi che quando si inserisce un termine nuovo bisogna fornire una spiegazione
Esempio: Il lupo è spaventoso. Quando Simone vede il lupo ha tanta paura.
Preferite le parole di uso comune (comprare invece di acquistare)
Preferite verbi semplici (finire invece di terminare), MA se scegliete un verbo complicato inserite una frase di controllo e spiegazione
Esempio: Simone bisbiglia: infatti Simone parla a voce bassa e la mamma non lo sente
Evitate i modi di dire, le espressioni figurate e metaforiche (no: era arrabbiato nero, Ma Simone era arrabbiato: ha stretto i pungi e ha urlato forte).
Forme verbali
Non usate le forme passive e impersonali
Usate il presente
Evitate i modi indefiniti (niente gerundio!)
La struttura
Il vostro testo deve avere un ordine lineare: inizio svolgimento fine (niente flashback)
Usate frasi semplici: soggetto verbo e massimo due espansioni
Se volete usare frasi complesse, devono avere solo due verbi
Evitate le frasi incidentali (no: Simone, che è il fratello di mia sorella, è un caro ragazzo)
Eliminate le informazioni superflue, che non ci servono a capire il testo e ci fanno perdere l’attenzione
Per tutti sono valse le indicazioni sulla facilitazione del testo, renderlo cioè più semplice da leggere, sia per la formattazione, sia, come abbiamo visto, per l’uso di immagini.
Formattazione:
usare NUNITO 12, INTERLINEA DOPPIA
Evidenziare le parole chiave in grassetto o in colore
suddividere la storia in paragrafi e dare loro un titolo
I ragazzi, durante la didattica a distanza, hanno lavorato in stanze di Meet e hanno scritto cinque testi, che abbiamo tradotto e trasformato in fotoromanzo. Nella traduzione abbiamo vissuto le stesse difficoltà del passaggio da una lingua a un’altra: ad esempio il termine “interrogazione” è stato tradotto con il simbolo che indica “domande”, ma poiché la resa è poco incisiva e fuorviante, abbiamo deciso di facilitare la frase “I ragazzi pensano all’interrogazione” con una foto corredata di un balloon al cui interno ci fosse l’immagine di un’interrogazione, così che a tutti fosse chiaro a cosa ci riferiamo.
A questo punto siamo passati alla progettazione scenica attraverso lo storyboard per decidere le scene, il numero di foto e le inquadrature.
Qualche considerazione di glottodidattica
Un lavoro di questo tipo ha una chiara vocazione inclusiva ma permette di ottenere risultati anche in chiave glottodidattica: se di norma in classe in alcuni momenti si lavora sulla grammatica facendo esercizi e ragionandoci su, in altri si va alla scoperta delle regole e caratteristiche della lingua, usandola. Questo è un caso di applicazione di regole linguistiche a una situazione, a un contesto e a bisogni ben precisi. Abbiamo potuto descrivere e individuare le caratteristiche della paratassi, ma anche i suoi rischi: scrivere un testo semplice, ma non povero è stata una vera sfida, sul piano morfosintattico e lessicale. Interessanti i risultati ottenuti sul lessico, chiedendo l’uso di termini concreti in luogo di quelli astratti: la frase “Francesco è arrabbiato” per essere davvero compresa è stata arricchita con “Francesco è arrabbiato: stringe i pugni, aggrotta la fronte e urla”; i verbi troppo complessi sono stati sostituiti da varianti più comuni, ad esempio “alza la voce” per “sbotta”, il che ci ha permesso di lavorare sulle varietà diastratiche. Anche le espressioni idiomatiche sono state evitate, ma prima si è reso necessario analizzarne il significato: ad esempio “Marco stava lì con le mani in mano” è diventato “Marco stava fermo e non faceva niente”. Molto spesso nei testi dei ragazzi si registra un uso sovrabbondante del gerundio, in questo caso il suo divieto li ha obbligati a trasformare le frasi implicite in esplicite, preferendo la coordinazione alla subordinazione. In generale, comunque, sforzarsi di scrivere un testo con precise indicazioni di struttura e stile, ha fatto sì che consultassero spesso il libro di grammatica, ragionassero usando termini specifici e, in ultimo, costruissero un testo semplificato coerente e coeso.
Conclusioni, cosa abbiamo imparato?
Al termine del progetto, interessanti sono state le conclusioni dei ragazzi, tutti hanno dato ora un valore nuovo, più profondo alla comunicazione, se impari a comunicare non ti senti solo e non fai sentire nessuno solo, dice Gaia e la incalza Miriam: ho imparato a imparare da Fede. Ho scoperto che semplificare è difficile devi concentrarti molto.
Davide mette invece l’accenno sul lavoro certosino: ho imparato che per comprendere e far comprendere è necessario essere pazienti.
Non sono mancate le considerazioni su questo modo nuovo di fare grammatica, che li ha costretti a sfogliare il libro di testo, discutere di regole e di concetti
Siamo stati portati in un modo nuovo e l’abbiamo esplorato: semplificare i testi è mettere in pratica le regole di grammatica, solo più divertente Morgan. Hasad che parla quattro lingue mi spiazza: Ho sempre pensato che uno scrittore bravo sappia scrivere in modo difficile, ora so che ci vuole un grande sforzo per essere semplici e farsi capire da tutti.
Io, da parte mia, ho avuto ancora una volta conferma che, al di là delle sacrosante programmazioni di inizio d’anno, è la vita a insegnarci e fornirci la possibilità di imparare e fare la differenza.
Per fare un docente ci vuole un villaggio.
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