Concorso docenti 2016: qualche riflessione da parte di un presidente di commissione /2
Pubblichiamo oggi il secondo dei due interventi sul concorso di selezione dei docenti 2016, a firma di Giuseppe Noto. La settimana scorsa abbiamo pubblicato l’intervento di Sabrina Stroppa, Presidente di commissione in Valle d’Aosta.
1. Prima premessa («Chi te lo ha fatto fare?»)
Ho vissuto la scuola come studente, docente di scuola secondaria, genitore, presidente di due Consigli di Istituto; mi occupo di formazione degli insegnanti (in ingresso e, per così dire, in itinere) da vent’anni anni e negli ultimi sei anni ho rivestito funzioni ‘direttive’ al riguardo per conto del mio Ateneo (l’Università degli Studi di Torino, presso il cui Dipartimento di Studi Umanistici sono professore associato di Filologia e linguistica romanza): sono stato il primo direttore del Centro Interateneo per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria del Piemonte; presidente della Commissione di accesso a due cicli di TFA per le allora classi di abilitazione A043 e A050; presidente o componente della Commissione finale di abilitazione per due cicli TFA e due cicli PAS per le allora classi di abilitazione A043, A050 e A051. Nei corsi SIS, TFA e PAS per le allora classi di abilitazione A043, A050, A051 e A052 ho insegnato svariate discipline (Didattica della lingua italiana; Letterature comparate; Didattica della lingua italiana e del testo letterario; ecc.). Dico tutto questo soltanto perché si comprenda che, quando ho deciso di propormi per l’incarico di Presidente di Commissione per il famigerato ‘concorsone’ (per la classe di concorso ora A011: Latino e Materie letterarie), l’ho fatto non dalla specola dell’accademico che esce dalla sua turris eburnea per una breve vacanza nel mondo o nel ‘secolo’, ma spinto dalla volontà di verificare la qualità del lavoro svolto (dagli Atenei piemontesi e anche da me stesso) in tanti anni e dalla volontà di collaborare, se possibile, a mettere in collegamento due mondi, quello della Scuola e quello della ricerca scientifica, che da tempo, e per motivi che ora non mette conto elencare, faticano a comunicare con conseguenze a mio avviso esiziali sia per la ricerca sia per la Scuola, nonché per il sistema formativo italiano nel suo complesso e per l’intero Paese.
2. Seconda premessa («Ma chi me lo fa fare?»)
Ci ho riflettuto a lungo. Alcuni nodi mi trattenevano al di qua del ‘concorsone’… In particolare la, a mio avviso discutibilissima, questione delle assunzioni legate alla cosiddetta (e sedicente) ‘Buona scuola’ e alla mancata riapertura delle GAE per gli abilitati TFA e PAS degli ultimi anni; più in generale, la mia estraneità (chiamiamola così) nei confronti delle suddetta ‘Buona scuola’ in sé e per sé. Anche in questo caso non mette conto entrare nel merito: mi esprimo in proposito soltanto per rimuovere ogni possibile sospetto che quello che dirò sia detto da un ‘governativo’. Non sono un filogovernativo: che sia chiaro.
3. La prova scritta
Perché due cose voglio dirle subito: 1. non si può che essere felici di un ritorno dei pubblici concorsi (ovvero di un ritorno nell’alveo della Costituzione) per quanto riguarda il meccanismo di reclutamento degli insegnanti; 2. non condivido appieno le critiche giunte da più parti sulle prove concorsuali, in ispecie sulla prova scritta, che è quella sulla quale qui mi soffermerò in particolare. Certo, trovo eccessivo il peso che, ai fini della valutazione, ha avuto l’accertamento della conoscenza della lingua straniera; così come trovo che, unitamente ai quesiti a risposta chiusa relativi a quell’accertamento, sei domande a risposta aperta fossero francamente troppe per risposte che non comportassero un forte rischio di schematismo e/o banalizzazione, considerando che i candidati avevano a disposizione in totale 150 minuti, con quel marchingegno infernale e ansiogeno della linea del tempo sullo schermo del computer che gradualmente si andava assottigliando (ma quale mente perversa ha partorito una simile idea?). E però… Prese singolarmente, le sei domande in questione erano del tutto apprezzabili per come sapevano verificare la capacità di coniugare le conoscenze e le competenze disciplinari alle conoscenze e alle competenze ‘trasversali’: si andava dalla letteratura alla lingua, dalla capacità di analisi del testo a quella di proporre prove di verifica e griglie di valutazione, di programmare una didattica realmente inclusiva, di sintetizzare percorsi legati ai generi letterari, di motivare gli studenti (e la propria prassi didattica) alla luce di riflessioni non banali sul senso dello studio del latino oggi. Sulla base della mia esperienza di valutatore (le prove esaminate in Piemonte erano 125), posso affermare che l’unico quesito che ha messo in seria difficoltà la quasi totalità dei candidati, producendo risposte al più banali e superficiali, quando non del tutto extravaganti, è stato il numero 4: «Il candidato, servendosi del testo proposto [Hor., Carmina, I, xxii: Integer vitae scelerisque purus…] elabori una verifica sommativa di un percorso di lettura in lingua originale e analisi dei Carmina oraziani, svolto nel secondo anno del secondo biennio del liceo. Nell’impostare la prova si tengano presenti i seguenti aspetti: analisi stilistica, comprensione del testo e sua contestualizzazione all’interno della raccolta oraziana, riferimenti a testi di altri autori. Il candidato inoltre esponga in sintesi gli elementi sui quali baserà la valutazione, fornendo un’ipotesi di griglia»: questione a mio avviso impossibile da svolgere compiutamente e con risposta precisa e puntuale a quanto richiesto (in particolare tenendo conto della concitazione del momento e del poco tempo a disposizione) senza una perfetta e pregressa conoscenza del carme proposto, ovvero – in buona sostanza – senza aver riletto da poco un testo certamente tra i capisaldi dell’estetica e della poetica oraziana, ma altrettanto certamente, per la sua densità e per la sua complessità, irriducibile ad un’analisi superficiale, l’unica attuabile nel tempo minimo a disposizione.
E allora che cos’è che non ha funzionato nel complesso? Quello che non ha funzionato è stato l’assemblaggio dell’intera prova, davvero difficile (impossibile?) da svolgere serenamente e con cognizione di causa nel (poco) tempo a disposizione, senza strumenti di lavoro che non fossero la tastiera di un computer (non entro peraltro nel merito della questione, che può sembrare banale ma non lo è, di quanto abbia finito per essere premiante la capacità di pigiare velocemente sui tasti di una macchina). E qui entravano in gioco – ha ragione Sabrina Stroppa – «l’intelligenza e il buon senso delle Commissioni valutatrici», le quali nulla sapevano della prova prima che essa si svolgesse, anzi prima che essa venisse messa a disposizione sulla piattaforma approntata dal MIUR per la correzione. E ciò è avvenuto nel nostro caso parecchi giorni dopo lo svolgimento della prova stessa, con il risultato che si è prodotta una curiosa (e grave, a mio parere) aporia: i candidati si sono giustamente lamentati di dover svolgere una prova senza che fossero stati esplicitati e pubblicati i criteri di valutazione e numerazione; e tuttavia le commissioni non potevano ovviamente procedere a esplicitate e pubblicare quei criteri senza aver preventivamente visionato le prove medesime…
4. I motivi delle esclusioni
Al termine della procedura di valutazione la percentuale di candidati non ammessi alla prova orale era di circa il 25%: lascio a chi legge di valutare se tale percentuale sia statisticamente ‘accettabile’ o no.
Il meccanismo prevedeva incroci con le votazioni riportate nella prova relativa alle classi di concorso A012-A022, ma per non farla troppo lunga diciamo che per essere ammessi alla prova orale era necessario aver conseguito nei due scritti (A012/A022 + A011) una media di almeno 28/40, con un’incidenza dei quesiti disciplinari pari a 33/40, poiché 7/40 punti erano riservati alle domande relative all’accertamento della conoscenza della lingua straniera. La mia opinione è che nel complesso i candidati (abilitati all’insegnamento: non dimentichiamolo mai) abbiano dimostrato conoscenze e competenze (sia disciplinari sia ‘trasversali’) più che accettabili. Modellizzando, e dunque inevitabilmente semplificando e banalizzando, sono di tre tipologie le prove che la Commissione ha ritenuto di dover penalizzare: 1. quelle che mostravano esclusivamente (o quasi) conoscenze disciplinari sganciate da ogni addentellato didattico (e a volte attardate dal punto di vista dell’aggiornamento scientifico e bibliografico); 2. quelle che potremmo definire ‘scatole’ bellissime nell’involucro (di ordine didattico, o meglio in ‘didattichese’) ma in definitiva prive dei contenuti coi quali sostanziare, attuare e attualizzare le competenze trasversali; 3. quelle che, pur in presenza di una sufficiente padronanza in ordine ai contenuti, fornivano soluzioni didattiche manchevoli quando non del tutto inadeguate.
Quasi del tutto assenti gli elaborati che denotassero problemi di ordine formale nella scrittura: un dato che rincuora e che tuttavia non può ritenersi ahimè scontato (almeno a giudicare dalla qualità della scrittura di molti studenti universitari).
5. La prova orale
Mi pare si possa tranquillamente sostenere che le prove orali si sono svolte con grande soddisfazione e dei candidati e dei Commissari. La tipologia di prova sostanzialmente regge e si è dimostrata funzionale. Su 92 candidati (due tra gli ammessi non si sono presentati) ho avuto occasione di discutere in merito alla valutazione conseguita (su richiesta dell’esaminato) in due soli casi: senza ovviamente pretendere che il candidato in questione si convincesse della bontà delle nostre decisioni, ma cercando comunque di spiegare e argomentare i motivi che hanno portato la Commissione a formulare un certo punteggio.
6. Che cosa mi ha reso insopportabile (e dunque irripetibile) l’esperienza di presidente di Commissione?
Le prime riunioni organizzative indette dall’USR Piemonte si sono svolte nel mese di aprile 2016; la consegna della graduatoria finale all’USR medesimo è avvenuta a metà settembre: nel mezzo le riunioni preliminari della Commissione, l’espletamento della prova scritta (nessun incidente di rilievo da segnalare al riguardo); la formulazione dei criteri di valutazione e di numerazione; la correzione delle prove scritte; l’elaborazione di 284 quesiti per la prova orale (ovvero un numero triplo rispetto ai candidati ammessi); la risposta alle domande di accesso agli atti; lo svolgimento delle prove orali; la valutazione dei titoli; il raccordo continuo e costante con le commissioni per le classi di concorso A012/A022 e A013.
Il tutto ha significato per me 305 ore di lavoro svolto in un contesto di ordine burocratico-amministrativo di riferimento che ha purtroppo visto (elenco alla rinfusa e sine ira et studio): una composizione della Commissione troppo spesso cangiante, soprattutto per quanto riguarda la figura del segretario (a causa, a mio parere, della fretta e della frettolosità con cui si è sviluppato il meccanismo di reclutamento e soprattutto a causa del lavoro condensato nel corso dei mesi estivi e pagato a segretari, commissari e presidenti sostanzialmente una miseria davvero offensiva); piattaforme on line approntate dal MIUR per l’espletamento del lavoro delle Commissioni non sempre funzionanti in maniera adeguata; farraginosità del meccanismo di comunicazione tra i presidenti delle Commissioni e gli Uffici delle diramazioni locali del MIUR, pur in presenza di un presidente coordinatore (per le classi di concorso A012-A022; A011 e A013) che molto si è speso e al quale non si poteva onestamente chiedere di più; decisioni di ordine procedurale prese dalle articolazioni periferiche del MIUR senza un adeguato raccordo coi presidenti e che più di una volta mi hanno lasciato francamente perplesso (non è questa la sede per entrare nel dettaglio); tempi di lavoro assurdi perché contratti e compressi nell’arco di poche settimane (quando «l’importante è finire», la correttezza delle procedure e i diritti dei candidati corrono un serissimo rischio di divenire secondari…), tanto che è stato inevitabile incorrere in errori cui porre poi rimedio con affanno (penso soprattutto, ma non solo, al tragico momento della valutazione dei titoli, della definizione dei vari punteggi complessivi e della conseguente compilazione delle graduatorie finali); un meccanismo relativo alla già citata valutazione dei titoli complesso e lasciato completamente al lavoro delle Commissioni, senza collaborazione alcuna di ordine amministrativo da parte delle suddette articolazioni periferiche del Miur; decine e decine di (magari a volte pretestuose, ma comunque tutte più che legittime) richieste di accesso agli atti lasciate all’esclusiva responsabilità dei presidenti delle commissioni (e del presidente coordinatore) senza collaborazione alcuna – di nuovo! – di tipo amministrativo. Sed de hoc satis…
7. In conclusione
Mi pare di poter dire che il meccanismo ha, pur periclitando non poco, retto: e ha retto nonostante le storture prodotte da un apparato burocratico-amministrativo non sempre adeguato alla situazione e alle necessità; nonostante il clima avvelenato e di sospetto artatamente creato, durante lo svolgimento e poi la correzione delle prove scritte, da non poche associazioni di categoria (e francamente, di fronte a certe offensive falsità come “fanno correggere gli scritti dalle macchine e valuteranno negativamente quelli in cui non sono presenti certe parole chiave” et similia, non sapevo se ridere o piangere); nonostante una non adeguata attenzione ai meccanismi della comunicazione tra istituzioni e candidati; nonostante un sistema di reclutamento delle commissioni che è da rivedere; e nonostante una pericolosa tendenza, tra gli addetti ai lavori, a pensare che le competenze professionali di un docente si riducano esclusivamente a formule in risibile anglodidattichese…
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