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Silvia Tripodi, Sei estratti da Voglio colpire una cosa

 A cura di Marianna Marrucci

Pubblichiamo sei testi tratti da Voglio colpire una cosa di Silvia Tripodi. L’opera è vincitrice, nella sezione inediti, del Premio Nazionale Elio Pagliarani 2015 e sta per uscire in volume presso l’editrice Zona.

I primi tre testi sono quelli che, in sequenza, aprono l’opera, il cui titolo coincide con il primo verso («Voglio colpire una cosa»); mentre gli altri tre sono dislocati più avanti. L’opera si compone di una trentina di sequenze come queste, più o meno della stessa lunghezza e strettamente legate l’una con l’altra.

Questa poesia fonda la propria ragion d’essere formale sulla ripetizione verbale: alcune parole (colpire, cosa, nome, stagno, pesa), paragonabili ad entità materiche allo stato solido che affondano («cose che pesano») e riemergono dentro un fluido, ricorrono quasi ossessivamente per disegnare uno spazio logico fatto di intenzioni motorie e conoscitive agganciate l’una all’altra, all’inseguimento di «nomi» da dare alle «cose» e di «cose» a cui dare «nomi».

 

Voglio colpire una cosa
Mentre sto per colpire una cosa
Un’altra cosa si frappone tra la cosa che voglio colpire e me
Così non posso più colpire la cosa
Perché adesso tra la cosa e me c’è una cosa che sta in mezzo
La cosa che sta in mezzo
Tra me e la cosa che voglio colpire
Ha un nome che non so
Non le ho ancora dato un nome
Ha nessun nome
Il suo nome sta tra il nome della cosa e il mio
Si chiama la cosa non ancora colpita
Sta tra la cosa che voglio colpire e me
Hai dato un nome alla cosa che voglio colpire
Ma io non lo conosco
Non posso colpire la cosa alla quale hai dato un nome che non so
Posso colpire la cosa che le sta davanti
Prima di farlo le dò un nome
Il nome della cosa colpita
Alla quale ho dato un nome
Ha il suono di una pietra che cade in fondo a uno stagno
La cosa colpita pesa

__

Cosa colpita in fondo allo stagno
Cosa colpita pesa
In fondo allo stagno
La cosa colpita alla quale non ho dato un nome
È finita dentro a uno stagno
La cosa che avrei voluto colpire invece no
La cosa che ho colpito e che è in fondo allo stagno
Ha un nome che non pesa
Peso l’ha fatta andare a fondo
Cosa colpita tocca fondo che non pesa
Le avrei dato un nome ma è acqua passata
Le acque passate fondano i pesi delle cose colpite
Qual è il nome che hai dato alla cosa
Che avrei voluto colpire
Resta la cosa pesa che posso ancora colpire
Ma non ne conosco il nome
Tra me e lo stagno nome colpito non pesa
La mano la forza l’intensità
Quando il ricordo del nome della cosa
Pesa meno della cosa
Quando una volta colpita
La cosa quando una volta colpita la cosa parabola

__

Verso la superficie dello stagno
Quando la certezza del nome della cosa
Finisce in fondo allo stagno insieme alla cosa che pesa
Il suono della pietra a contatto con l’acqua
Camuffa i suoni circostanti della natura
La campagna è piena di uccelli che cinguettano
Ci sono insetti e suoni misteriosi
Provengono da dietro i cespugli
Davanti ai cespugli ci sono cose con nomi che non conosco
L’ambiente circostante è una miniera
Di suoni di bisbigli di pesi sui rami
Di radici di bacche di piante
Lo stagno è sospeso tra cose che pesano
Lo stagno sembra gravare sulla terra
Non conosco il nome dello stagno
Che con la cosa adagiata sul suo fondo adesso pesa un po’ di più
Non conosco il nome del luogo nel quale si trovano queste cose
Sono cose che possono sgravarsi dei loro nomi
Hanno peso pesano hanno volume pesano
Hanno perso peso hanno volume peso
Stanno vicino allo stagno
Che riflette i colori del cielo

__

Le nuvole alte nel cielo
Mentre per terra
Dalle parti dello stagno
Ci sono organi filamentosi
Gli sforzi del penetrare l’oscurità dello stagno
Sforzi filamentosi per raggiungere
Quello che è adagiato quello che si è adagiato
In una parte di terra che è il fondo dello stagno
Una volta ridotto il raggio
È più facile proseguire l’azione
Del rinvenimento
Più o meno si trova in un punto
Approssimativamente
Fino a quando le nuvole nel cielo
Fanno ombra fanno sagoma
Si adagiano senza peso
Gravano sulla ricerca della cosa pesa
Quel tanto che basta
Organicamente si dice
Si dice che organicamente
La terra sia un luogo composto

__

Se conosci nome della cosa pesa

Quanto è alto o basso

Lungo o corto

Ogni vita ha questo

La vita è questo muovere cose

Spostare oggetti da quando si è piccoli

A quando si è grandi

Filamento dopo filamento

Tappare la luce riflessa sullo stagno

La propria dose di incredulità

Tutta l’efficacia del suolo stirato tirato

Da destra a sinistra

Dall’alto dal basso

Scuoterlo in fondo

Rafforzarne il diritto

Raccogliere la pioggia nei catini

Spingere il carretto

Sorridere concentricamente

Lasciare che il tempo passi

Molti nomi somigliano

Al suono della pietra che cade

In fondo allo stagno tu dici

__

Gravate dal tetto della casa
La casa è circondata da pesi di varia natura
Sgravati dal peso del fagotto
Da tutta la rilevanza della cosa pesa
Che è altrove
Lo stelo cresce molto vivacemente
Alla maniera della rappresentazione bucolica
Mentre sotto le coperte
Si riposa
Lasciandosi alle spalle
La forma e il peso delle domande
La fatica di una dura giornata di lavoro
Quando le figure stanno
Una orizzontale
L’altra verticale
Può essere stilata una intera monografia
Su queste forme sulla loro posizione
Sul loro punto di vista rispetto alle cose
Che molto consuntamente
Una forma che passa assume posizione verticale
Come lo stelo
Si erge più o meno animatamente

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