Libreria Mannaggia (Perugia)- Inchiesta Librerie Indipendenti/2
a cura di Morena Marsilio ed Emanuele Zinato
Continua a cadenza quindicinale l’inchiesta che il blog dedica alle librerie indipendenti con l’intento di dare voce a una realtà marginale rispetto alla grande distribuzione – oggi imperante anche nel web – ma preziosa per la resistenza opposta alla mercificazione della letteratura e capace di offrire risposte alla crisi del libro. Le librerie indipendenti spesso non solo semplici negozi, ma luoghi di aggregazione, incontro, impegno civile e solidarietà: la recente chiusura della libreria romana “La Pecora Elettrica”, nonostante la risposta del quartiere e di molti donatori, evidenzia la necessità di valorizzare e presidiare questo settore culturale
1. Fondare una libreria indipendente oggi è un atto temerario. Quali sono state per voi le ragioni che vi hanno spinto ad iniziare e come avete scelto l’area o il luogo in cui dar vita a questa attività?
In effetti, al momento dell’apertura, ci hanno chiamati folli, coraggiosi, eroi, e l’hanno fatto anche amici e collaboratori che, come noi, lavorano nel campo dell’editoria e che quindi, in teoria, dovrebbero possedere la stessa quantità di follia e coraggio. Ma, proprio come loro, sappiamo che la retorica del coraggio e della follia è solo in parte rispondente a verità, e più che nell’avventatezza del “gesto” la follia risiede, semmai, nel compiere il gesto a dispetto di un’estrema consapevolezza dei rischi e delle difficoltà di un’impresa come la nostra. Si tratta quindi di un’ossimorica follia razionale. In quanto all’eroismo, pure tirato in ballo da molti, be’, crediamo che l’eroismo risieda in comportamenti di eccezionale coraggio in situazioni impreviste, estreme, drammatiche: nel nostro caso, se la situazione delle vendite può raggiungere a volte il livello di pericolo estremo, non è certo, come si diceva, una cosa imprevista. Purtroppo. Ci siamo occupati entrambi per anni, in maniera precaria e discontinua e in vari modi, di editoria, ed entrambi desideravamo un luogo in cui promuovere un certo tipo di libri: quelli pubblicati da piccole e medie case editrici indipendenti, non facilmente reperibili e spesso sorprendenti. La nostra voleva essere ed è, insomma, una proposta basata sull’alternativa alle librerie di catena e sulla bibliodiversità. Perugia, con il suo centro storico e con le sue attività culturali già attive (e con la contestuale mancanza di una libreria impostata in tal modo) ci è sembrata adatta a questo tipo di proposta.
2. Incontri con autori, corsi di lingua, attività di animazione: quali attività, oltre alla vendita libraria, promuovete e quale vi sembra essere, oggi, il loro impatto?
Come la maggior parte delle librerie indipendenti non ci limitiamo alla vendita ma cerchiamo di portare avanti una serie di attività culturali e promozionali all’interno del nostro piccolo spazio: presentazioni con autori, incontri con editori per conoscere i mestieri che stanno dietro a quel che leggiamo, incontri tematici come quelli degli ultimi mesi dedicati alla letteratura latinoamericana o il ciclo di letture monografiche ad alta voce che abbiamo portato avanti per due stagioni a cadenza quindicinale. La presenza di pubblico non è mai prevedibile, questo va detto, ma una cosa che ci rende felici è che alcune proposte vengono dai nostri clienti e dai nostri amici lettori. Con loro, ogni giorno, ci confrontiamo, e le chiacchiere spaziano da Borges a Carver, da Buzzati a Wallace, dal graphic novel alla poesia, dalla microeditoria ai colossi editoriali. Così, ogni giorno, abbiamo la conferma che per quanto la lettura sia un’attività solitaria è sempre interessante, poi, parlarne, darsi consigli e, perché no?, anche essere in disaccordo.
3. Case editrici, tematiche, generi letterari: praticate delle scelte elettive in questi campi? Da che criteri e progetti sono guidate?
Non facciamo una selezione in base al genere, alle tematiche o alle aree geografiche. Da Mannaggia, infatti, convivono felicemente la letteratura sudamericana, europea, africana, statunitense, asiatica; il noir va a braccetto con la fantascienza e con il nouveau roman, gli albi illustrati per bambini con il fumetto italiano e internazionale, la narrativa con la poesia e la saggistica. Il primo criterio che ci guida nella scelta è un deciso no alle cosiddette case editrici a pagamento (“cosiddette” poiché non consideriamo editoria quella zona, purtroppo molto affollata, del mercato del libro). Ci sono tantissimi veri editori con cataloghi interessanti in Italia, e un loro innegabile merito è quello di portare avanti un’attività imprenditoriale propriamente detta, investendo (e dunque rischiando) sulle pubblicazioni, che è anche un primo, fondamentale segno di semplice e dovuto rispetto per l’autore e per il suo lavoro. Naturalmente, però, se questa è per noi una condizione necessaria, non è sufficiente: ci sono infatti altri criteri che hanno portato nella nostra libreria circa 120 editori nel corso di tre anni di attività. Ci sono progetti molto diversi tra loro che hanno però in comune alcuni elementi: l’originalità, la ricerca di nuove voci ma anche l’attenzione al recupero di opere del passato dimenticate o poco valorizzate, la voglia di stupire, smuovere e in fortunati casi creare quel lettore a cui non basta il titolo noto in classifica.
4. Come si configura oggi il rapporto di una libreria indipendente con le grandi catene distributive?
L’attuale panorama editoriale è complicato, disordinato, spesso ingiusto: i bei libri e gli autori realmente interessanti non bastano a risolvere tanti problemi. Uno di questi è l’abisso che esiste tra le piccole realtà come la nostra e le grandi catene librarie e distributive. Il nostro tentativo è quello di trovare strade alternative in più sensi per arginare i danni prodotti dallo strapotere economico di queste ultime, da una parte, e il rischio di appiattimento della proposta dall’altra: dunque agiamo sulla selezione alternativa (ne abbiamo già parlato) ma anche, dal punto di vista strettamente commerciale ed economico, su un rapporto molto ridotto con la distribuzione, che riteniamo, almeno nel suo attuale assetto, uno dei principali problemi del “caso”. Privilegiamo dunque, ove possibile, il rapporto diretto con l’editore, che ci consente di dare più visibilità ai cataloghi e rosicchiare piccoli margini di guadagno che la distribuzione non consentirebbe, e al tempo stesso facilita la creazione di legami che siano di fiducia e conseguentemente la collaborazione nell’organizzazione di eventi, festival o rassegne. Ci siamo impegnati sin dal primo mese di attività a non creare inciampi nella filiera e a facilitare il lavoro altrui, comportandoci in maniera onesta e puntuale, ma anche riconoscendo eventuali errori o sviste che il nostro essere umani di certo non ci risparmia. Dato il difficile momento (usiamo un eufemismo) per il mondo del libro, è facile agire con diffidenza. A nostro parere, invece, e proprio in ragione della preoccupante situazione generale, è necessaria la collaborazione tra gli addetti ai lavori: il confronto continuo e costruttivo tra chi scrive, pubblica, promuove e vende i libri è fondamentale.
5. Il libraio indipendente come critico e come mediatore culturale. Con quali letture e quali strumenti stabilite un dialogo con il vostro pubblico e a che tipo di lettori vi rivolgete?
Non c’è un tipo di lettore particolare a cui ci rivolgiamo: da Mannaggia entrano grandi e piccoli, consumatori compulsivi di fumetti, ricercatori, disoccupati sartriani, giovani affetti da ipertestualismo o digressionismo culturale, adoratori di Gadda, editori in incognito con evidenti baffi posticci, musicofili patagonici, eruditi patafisici dal vago aspetto mefistofelico, contestatori a prescindere, divoratori di romanzi pop a lieto fine, molti cani iperattivi (che per la loro iperattività hanno difficoltà di concentrazione sui testi)… d’altra parte, alla bibliodiversità cui abbiamo accennato deve corrispondere una gran varietà di lettori: se accadesse il contrario vorrebbe dire che stiamo sbagliando qualcosa, e di sicuro, oltre a essere meno stimolati, saremmo meno stimolanti. Alcune caratteristiche in comune, però, ci sono, come la curiosità e il desiderio di non fermarsi al già visto. Con tutti chiacchieriamo e ci facciamo raccontare quel che cercano, quel che hanno letto e amato ultimamente, e poi facciamo proposte, seguendo i loro indizi per analogia o per contrasto. Così facciamo scoprire qualcosa di nuovo (un editore, un autore o un libro) e nel frattempo ci facciamo conoscere, e capita spesso, con grande gioia nostra, che quando qualcuno esce dalla nostra libreria siamo noi ad aver scoperto qualcosa di nuovo.
6. La vita media di un libro è, nel mercato odierno, sempre più breve. Avete un catalogo permanente, scaffali dedicati a autori che giudicate intoccabili?
Ecco: un altro problema, non slegato da quello della distribuzione, riguarda la sovrabbondanza di pubblicazioni, troppe rispetto agli spazi che devono contenerle (ma questo è un problema nostro, mi sa) e sicuramente rispetto alla reale richiesta. Limitandoci al punto di vista di un lettore, questo stato di cose provoca un’estrema difficoltà di orientamento, difficilissima da contrastare. Noi ci proviamo, ma siamo più o meno nella stessa situazione. Forse abbiamo dalla nostra un po’ di allenamento, che ci viene dal mestiere che facciamo, e la nostra posizione “interna” al problema. Essendo la nostra libreria molto piccola dobbiamo porre una particolare attenzione agli ordini e ai rifornimenti. I nostri scaffali sono divisi per editore e in quasi tre anni, piano piano, libro dopo libro, lettore dopo lettore, abbiamo imparato a gestire la situazione e a mediare tra quel che “funziona” di più e quel che a nostro parere (leggi gusto) è irrinunciabile. Detto questo, per venire al succo della domanda, facciamo nostro per l’occasione quel luogo comune che ci dice che i libri non scadono, al contrario di altri prodotti sul mercato (non è del tutto vero, se si considerano certi fattori storici, sociali e culturali, ma stiamo semplificando). Puntando noi alla promozione di cataloghi, più che di singoli titoli, tentiamo appunto di non far scadere i libri. Dunque, finché il catalogo di un editore è abbastanza ristretto, preferiamo tenere almeno una copia di ogni titolo (e più copie dei titoli che vendiamo meglio). Quando il catalogo eccede le nostre possibilità per meri motivi di spazio, siamo costretti a rinunciare ad alcuni libri e fare una selezione dei nostri preferiti per poi continuare con le novità. In ogni caso, rendere libri agli editori per noi è una sconfitta e lo facciamo solo quando lo scaffale diventa aggressivo e tenta di buttarci fuori dalla nostra stessa libreria. Il discorso sugli autori intoccabili potrebbe aprire voragini di senso (e di glosse) grandi e potenti quanto buchi neri, ma tentiamo di sintetizzare: per noi non esistono autori intoccabili perché crediamo che la mitizzazione sia nemica dello spirito critico, e difatti ci sono autori o intere collane, da Mannaggia, che non rientrano nei gusti particolari né di Carlo né di Francesca (non ci eravamo presentati) ma che riteniamo validi per motivi non connessi alle nostre soggettività; di contro, è un fatto che le nostre soggettività (e con esse i nostri gusti) esistono, e tendiamo dunque a consigliare più facilmente di altri alcuni libri. L’importante per noi è capire quando a quei libri pensiamo anche se non c’entrano un bel niente con la persona che abbiamo di fronte e con le sue esigenze (succede più spesso che non il contrario, ovvio) e far lavorare, appunto, il nostro spirito critico e la conoscenza della nostra selezione tra gli scaffali.
7. Qual è a vostro avviso “l’acerrimo nemico” dell’editoria indipendente oggi?
Individuare un solo nemico è difficile, siamo piuttosto dell’idea che sia un sistema di fattori interconnessi a creare una grande e minacciosa massa nemica. Le componenti principali di questa massa sono la distribuzione, che abbiamo già tirato in ballo, il mercato on line attualmente capeggiato da Amazon, la tendenza dei grandi gruppi editoriali a produrre in gran quantità poche tipologie di libri su modelli “a colpo sicuro” (attenzione, ciò non vuole significare che gli editori appartenenti ai grandi gruppi facciano solo libri mediocri o che non facciano anche altro!). Ognuno di questi fattori, che si danno manforte a vicenda, contribuisce alle difficoltà sia degli editori che delle librerie indipendenti, difficoltà che sono prima di tutto economiche ma anche culturali. Possiamo tentare di esemplificare la reazione a catena generata da questo sistema, tenendo presente che stiamo procedendo per comodità a una generalizzazione per mettere in luce le sue insidie e che la catena potrebbe essere vista da punti di partenza diversi. Aggiungiamo che l’abitudine creata da tutti questi fattori nel consumatore è quella di avere a disposizione uno sterminato numero di prodotti, di ottenerli in tempi brevissimi e di ottenerli sempre con uno sconto sul prezzo di copertina. Naturalmente, non c’è alcun bisogno reale né di avere sessantamila novità editoriali all’anno né di ricevere un libro in ventiquattro ore (esclusi casi di particolare urgenza), e nemmeno di comprarne cento e di pretendere uno sconto su tutti invece di comprarne sessantacinque a prezzo intero (torneremo sul prezzo di copertina).
Dunque, se io sono un piccolo editore indipendente che vuole (tentare di) avere una certa visibilità, sono costretto per motivi distributivi a produrre un numero minimo di titoli annui che potrebbe essere anche due o tre volte superiore a quello che produrrei se non, appunto, “costretto”, e di conseguenza il mio rischio aumenta, poiché non avendo un nome popolarmente affermato rischio di vendere comunque molto poco, la qual cosa mi costringe, di nuovo, a (tentare di) aumentare le vendite puntando anche su titoli più banali e accomodanti (il rischio c’è comunque per il numero minimo di titoli annui di cui si è detto, che mette a repentaglio almeno in parte la qualità) e così di fatto a scimmiottare atteggiamenti commerciali dei grandi editori con risultati naturalmente inferiori, dato che stiamo parlando, a livello di potere economico (e copertura economica di eventuali disastri), non solo di grandezze diverse ma di scale diverse, e anche dal momento che la mia identità non è quella e dunque sto cercando di parlare in una lingua, per così dire, che non mastico troppo bene; nel contempo, le piattaforme di vendita on line applicano indiscriminatamente, sempre in ragione dello strapotere economico di cui godono, sconti su tutti i prodotti, compresi i miei, e quindi molto probabilmente sarò costretto (ancora una volta) ad applicare sconti a mia volta tramite il mio sito, con la solita differenza di risultati dato che il mio sito non ha la stessa visibilità di Amazon. Il libraio indipendente, dal canto suo, avrà la difficoltà culturale, per motivi analoghi a quelli dell’editore, di promuovere quei titoli che sfuggono al gusto di massa che è in parte prodotto e in parte produce il sistema di cui sopra, e la difficoltà economica di sopravvivere in una situazione in cui la richiesta dello sconto e dell’onnicomprensività dell’offerta è pressante benché illogica, per cui il cliente medio tenderà a comprare on line (sconto e tutto a disposizione) o nelle librerie di catena (sconto su determinati prodotti e molto a disposizione – e facciamo notare tra parentesi che libreria di catena e distribuzione spesso coincidono) lamentandosi occasionalmente col libraio indipendente perché non fa sconti (o li fa solo in particolarissimi casi). Non si considera, in questo folle meccanismo di fretta e quantità su obblighi temporali che non esistono e possibilità di lettura infinitamente inferiore all’offerta, che il prezzo di copertina di un libro non è casuale, ma calibrato perché tutte le parti in causa abbiano una fetta, in alcuni casi molto piccola, di guadagno. Se consideriamo che in media il 60% abbondante del prezzo di copertina viene spartito tra distribuzione, promozione e librerie (che prendono un 30% scarso), che un 8-10% sono di diritti d’autore e che i costi di stampa e di spedizione messi insieme possono sfiorare il 20%, basta fare una sottrazione per comprendere su quale percentuale si deve tener su una redazione, che sia composta da 1 o 10 o 20 persone, di un editore indipendente. E basta confrontare questi dati con la media di sconto con cui il sistema descritto tende a eliminare la concorrenza per capire che se viene tolta quella percentuale dal prezzo di copertina qualcuno ci rimette, e tanto, e non è certo chi quello sconto l’ha elevato a sistema. Nel caso di una libreria indipendente molto piccola come la nostra, gestita da sole due persone, a Perugia (città dai costi relativamente bassi), applicare uno sconto sistematico vorrebbe dire dover vendere qualcosa come 1500 libri al mese per far sopravvivere l’attività, cioè a dire, per noi, pura fantascienza. E non stiamo considerando, poi, le condizioni di lavoro di chi archivia e smista questa enorme mole di libri prodotta da tale sistema, su cui per fortuna, ultimamente, qualche informazione sta emergendo.
Tutto questo discorso non è certo per autodefinirci vittime, dato che abbiamo scelto noi di aprire una libreria indipendente con la consapevolezza di quanto esposto, come si diceva all’inizio, ma è appunto per mettere in chiaro alcuni dati di fatto, che sono quelli con cui abbiamo a che fare ogni giorno. E su tali temi, ogni giorno, tentiamo di sensibilizzare il pubblico, oltre ad attuare strategie amministrative e commerciali alternative che rispondono meglio alla nostra idea di libreria e di cultura tout court, che passa anche da pratiche lavorative e commerciali umane e dignitose.
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