Pensare per scritto
Il viaggio avventuroso dal pensiero alla scrittura
Il tema di cui discuterò alcuni aspetti in quest’articolo è la distanza fra voler dire e saper dire, al centro dell’esperienza linguistica e intellettuale vissuta dagli studenti a scuola e della costruzione di un percorso condiviso con gli insegnanti, di crescita e valutazione.
Si tratta di un elemento immediatamente percepibile, nell’ascolto e nella lettura delle parole delle ragazze e dei ragazzi di cui sono formate le nostre classi. All’altezza della secondaria superiore – l’ambito pressoché esclusivo della mia esperienza – la distanza è quasi sempre marcata: chi parla/ scrive spesso non dice quel che intende dire.
Nella comunicazione orale è possibile che lo studente proceda per progressivi aggiustamenti, e che il docente ricorra a strumenti molteplici (fra i quali rientra a pieno titolo la mimica facciale), verso una strutturazione logica e comprensibile del pensiero.
Non così nella comunicazione scritta, in cui la produzione avviene in solitaria, e c’è sempre una dissincronia (anche marcata) fra il momento della produzione e quello della correzione/ restituzione. Anche per questa ragione, la scrittura è un mezzo potente per accrescere l’autonomia e la capacità di ciascuno studente di avvicinare la lingua al pensiero. Intervenire per ridurre questa distanza è vitale, perché il prepotente sviluppo psicofisico e la crescita intellettuale delle ragazze e dei ragazzi determina di solito un notevole accrescimento della curiosità e del desiderio di collegare, criticare, interrogare se stessi e il mondo; ma lo sviluppo delle abilità linguistiche è ben lontano dall’accompagnare armoniosamente questa crescita, e se la distanza fra pensiero e lingua è marcata in partenza, sembra destinata inesorabilmente ad aumentare.