Il 2021 vedrà moltissime iniziative nel nome di Dante Alighieri, nella ricorrenza dei settecento anni dalla sua morte. La redazione de Laletteraturaenoi ha voluto dedicargli uno spazio di riflessione che possa essere luogo di incontro fra università e scuola, proponendo a studiosi e studiose d’Italia di rispondere a cinque domande-chiave per entrare nell’universo dantesco. Pubblicheremo periodicamente le loro risposte. Qui e qui la prima e la seconda intervista.
A cura di Luisa Mirone
D1. Cosa ha significato, cosa significa nel suo percorso di studioso di letteratura l’incontro e la frequentazione con Dante Alighieri?
R1. L’incontro risale naturalmente a molto lontano, soprattutto agli anni dello studio liceale. Poi, quando la mia attività accademica ha preso avvio dallo studio della letteratura del Cinquecento, non ho potuto mai distogliere gli occhi da Dante, dalla sua presenza (specie in Ariosto e Machiavelli) e dalla sua assenza. Ma ho tardato molto a mettere su dei corsi universitari su Dante e soprattutto a impegnarmi in qualche saggio specifico: la scrittura della mia Storia della letteratura italiana e un corso universitario verso la fine degli anni Ottanta (prima delle sciagurate riforme con fissazione di crediti detti CFU che hanno reso impossibile ogni più ampio percorso sui grandi capolavori) mi hanno riavvicinato di più ai testi danteschi, mi hanno fatto conoscere meglio le cosiddette opere minori, soprattutto le Rime e il Convivio, mi hanno fatto sorgere il desiderio di scrivere qualcosa. Ma esitavo davanti alla profluvie infinita della bibliografia dantesca e davanti all’uso delle tante Lecturae Dantis: ma poi non ho esitato ad accettare un invito del compianto Guglielmo Gorni per una conferenza alla Società dantesca di Firenze. Ho scelto il «ritorno di Beatrice», XXX canto del Purgatorio e da lì ho ripreso una frequentazione insistente della Commedia, anche partecipando all’attività del romano Centro Pio Rajna, che dedica a Dante gran parte delle sue iniziative filologiche e critiche. Sono venute altre mie letture di canti danteschi, non tutte pubblicate, e anche un progetto per un commento di tutta la Commedia, di cui ho fatto varie prove, orientate a suggerire diversi punti di vista di lettura, con un occhio particolare alle immagini e al vario modo in cui si è tornati a Dante nel corso dei secoli. Ma sarebbe stato un lavoro di lunga lena, troppo impegnativo: e i casi della vita hanno fatto sì che vi rinunciassi. Ma già prima, forse verso l’inizio degli anni Novanta, anche a supporto della mia passione per la geografia, avevo cominciato a vagheggiare un percorso geografico, un viaggio nei luoghi danteschi, non solo quelli che il poeta ha toccato nella sua vita, ma tutti quelli citati, anche incidentalmente, nella Commedia (tutto questo non aveva nulla a che fare con l’attesa del settimo centenario). Ma il tempo passava, gli impegni universitari, con la generale burocratizzazione imposta dalle varie riforme, diventavano sempre più invadenti; ne parlavo anche con qualche editore, cercavo qualche sostegno economico preliminare, ma niente. Finalmente, arrivato alla pensione, l’incontro con la Società Dante Alighieri e con l’interesse del segretario Alessandro Masi e dell’allora consigliere Pietro Peluffo, mi ha portato a definire nel modo più articolato il progetto di viaggio dantesco e a effettuare le prime tappe del viaggio nell’aprile 2014: le altre tappe si sono succedute, concludendosi nel settembre 2016. Intanto avevo cominciato a redigere il libro, come una sorta di zibaldone/ diario: concluso nel corso del 2018, L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della Commedia è giunto alla pubblicazione presso la Nave di Teseo, con il sostegno della Società Dante Alighieri, nel dicembre del 2019, alle soglie dell’apparizione del Covid.