E se non fosse creativa, ma letteratura?
A margine dell’articolo di Claudia Correggi pubblicato sul nostro sito, mi sono trovato a fare qualche ragionamento sul tema della scrittura e delle scuole di scrittura. Questi appunti non vogliono essere in alcun modo una risposta puntuale ai temi posti dalla Correggi, ma una riflessione accessoria.
1. C’è un equivoco intorno alla dicitura “corso/insegnamento/classe di scrittura creativa”, che si può analizzare dividendo l’espressione in due tronchi: la parte A, riguardante l’ambito della formazione (corso, classe, insegnamento) e la parte B, più legata al discorso artistico. L’incomprensione nasce dall’interpretazione data al termine “creativo”, perché spesso si legge questo vocabolo secondo un’accezione platonica, che individua l’atto di trarre dal non essere l’essere (Simposio, 205 b). Secondo tale lettura l’aggettivo “creativo” assume un sottotesto “divino”, cosicché la diade “scrittura creativa” diventa sinonimo di “grammatica di Dio”. E questo male si adatta, anzi cozza rovinosamente, con la parte A della nostra frase. È possibile insegnare qualcosa che è divino, che trae la propria ragion d’essere dalle più profonde e nascoste origini dell’uomo? Data una premessa come questa, l’adagio del “non si può insegnare scrittura creativa” non è lontano dal vero.
2. “Scrittura creativa” è un evidente calco di “creative writing” di americana provenienza. Ora sappiamo che nessuna opera di traduzione è neutra, non basta prendere un termine e volgerlo nella nostra lingua, la parola “creative” possiede nell’accezione anglosassone, una maggiore afferenza al settore dei mass-media, soprattutto a quello della pubblicità. Si ricorderà, quando negli anni ’80, si parlava dei pubblicitari come dei “creativi”, ovvero persone che utilizzano strategie narrative per convincere altre persone ad acquistare/a scegliere/a non poter fare a meno di “qualcosa”; ora “l’arte di convincere qualcuno a (fare/dire/votare/comprare/vedere) qualcosa” è assimilabile alla retorica, che come ben sappiamo – almeno nei tempi antichi – è stata oggetto di insegnamento. Se guardiamo al termine creatività, privilegiando l’aspetto “conativo” e mettendo in secondo piano o tralasciando l’aspetto demiurgico, la dicitura “scrittura creativa” diventa già più accettabile.