Note su una frase di Primo Levi
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Questo pezzo nasce da un piccolo mistero. Qualche settimana fa ho consegnato un articolo: in chiusura riportavo una citazione tratta da I sommersi e i salvati di Primo Levi, che riproduceva l’incipit del capitolo II, La zona grigia. Avevo letto così tante volte quelle righe che non ho avuto neppure bisogno di controllare; il mio articolo, quindi, finiva con le seguenti parole di Levi: «Siamo stati capaci, noi sopravvissuti, di comprendere e di far comprendere la nostra esperienza?». Mandato l’articolo, ho allungato le mie gambe sotto il tavolo e mi sono messo a fare altro, aspettando che il redattore della rivista mi confermasse la ricezione e mi mandasse indietro il pezzo con le proposte di aggiunta, editing e quant’altro. Due ore dopo mi arriva la mail e trovo un unico intervento al testo in cui è scritto: «Rivedere la citazione finale, a me risulta diversa».
Rimango stupito, perché io ricordo chiaramente quella frase parola per parola, virgola per virgola con tanto di punto interrogativo finale. È la citazione con cui iniziava la mia tesi di laurea su Primo Levi, era in un certo senso il fulcro del mio primordiale approccio allo scrittore ebreo-torinese. Certo della mia memoria, e dimentico delle sue fallacie che lo stesso Levi racconta, ho preso la mia edizione de I sommersi e i salvati, quella con i segni e gli appunti della mia tesi, e ho aperto a p. 24 ed ecco cosa mi sono trovato davanti.
Siamo stati capaci, noi reduci, di comprendere e far comprendere la nostra esperienza?
Era chiaro che qualcosa nella mia memoria aveva prodotto un cortocircuito, era chiaro che tale sovrapposizione è il reale nodo interpretativo di questo articolo.
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La differenza sostanziale tra la mia riscrittura della frase de I sommersi e i salvati e quella di Primo Levi sta nella sostituzione della parola “sopravvissuti” con la parola“reduci”. Eppure a una breve ricognizione testuale la mia versione sembrerebbe essere più probabile di quella leviana. La parola “reduce” – anche nella sua variante plurale - è usata pochissime volte da Levi, una minoranza stringente rispetto al termine “sopravvissuto”. Anzi ho l’impressione che dal punto di vista temporale Levi utilizzi questo termine non prima della fine degli anni ’70 e inizio degli ’80. Sono consapevole che sarebbero necessarie una spigolatura e una ricerca testuale più approfondita per segnalare le differenze del termine “reduce” come mero sinonimo per evitare ripetizioni e il suo utilizzo come concetto in contrapposizione al termine “sopravvissuto”. La mia impressione – parlo di impressione perché questo articolo sta nascendo così, come un piccolo svago letterario durante la noia della quarantena e della forzata reclusione - è appunto che ci sia una tensione tra questi due termini.