Natura e civiltà: Leopardi e il corona virus
Pubblichiamo un intervento del nostro direttore Romano Luperini, con l’augurio di una Pasqua serena nonostante la reciproca lontananza di questi giorni
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L’errore di Marx, secondo Sebastiano Timpanaro, consisterebbe nel considerare solo due livelli: la struttura economica e sociale e la sovrastruttura ideologica (culturale, politica ecc.). Fra loro ci sarebbe un rapporto dialettico continuo ma in ultima istanza il primo condizionerebbe sempre il secondo. Per Timpanaro, marxista ma anche rivendicatore dell’importanza del pensiero filosofico di Leopardi, i livelli sarebbero tre: bisognerebbe aggiungere il condizionamento esercitato dalla natura, che influirebbe sia sulla struttura economica e sociale (per esempio, attraverso il clima), sia sulla produzione ideologica e artistica (per esempio, attraverso le sensazioni materiali e corporali prodotte dalle emozioni, dalle malattie, dalla paura della morte, dalla spinta all’eros ecc.). Vedo già alzarsi i sopraccigli arcigni dei pensatori postmoderni e ipermoderni, negatori della dialettica e sostenitori del pensiero rizomatico, di fronte a questa immagine di livelli diversi, di un condizionamento materiale e naturale, e già sento risuonare nell’aria l’accusa di veteropositivismo, veteromarxismo eccetera.
E allora, in questo tempo di Covid 19, torniamo a La ginestra di Leopardi. Come tutti sanno, si tratta di un testo che rivendica il valore del “pensiero” (testuale) come fondatore della civiltà. Va da sé che per lui il pensiero non è affatto l’anima dei cristiani o lo spirito degli idealisti, ma il prodotto materiale di un organo materiale, il cervello (e su questo punto alcuni filosofi contemporanei potrebbero addirittura esser d’accordo). E per questo Leopardi si schiera decisamente dalla parte di quello razionalistico, rinascimentale e illuministico, contro quello spiritualistico, romantico e cattolico.